Quanto ce l'ha lungo l'elefante

di Wilbur Smith (?)

Era una delle giornate luminose del Natal: né vento, né nuvole, una di quelle giornate in cui la polvere sollevata da un carro rimane a lungo ad aleggiare nell'aria. L'estate aveva ridotto il Limpopo a una rada linea di pozze, color verde oliva scuro, lungo il centro del corso d'acqua. Attorno la sabbia era bianca, abbagliante come neve.

Mack Courteney sollevò lentamente la carabina e prese la mira. L'arma era lunga, rigida e nerboruta, e fremeva ben eretta nelle sue mani attente. Mack scartò sdegnosamente le femmine che rosicchiavano la corteccia dei grandi baobab, e puntò decisamente il mirino contro il grande maschio a capo del branco. Era un animale maestoso, che incedeva terribile nella sua virile dominanza, con un paio di zanne ricurve che dovevano pesare almeno trecento libbre. Il dito di Mack carezzò il grilletto.

- Vi prego, padre, lasciatelo a me.

Mack Courteney scrutò con aria assorta il piccolo Rack. Il ragazzo aveva appena compiuto tredici anni e non ne dimostrava di più, tuttavia era già un Courteney a tutti gli effetti, con la pelle del viso bruciata dal sole, le ossa robuste, e l'incedere spavaldo e virile in cui il padre si riconosceva orgoglioso.

- Sei ancora troppo giovane per uccidere un elefante - osservò Mack.

- Ma... padre, mi avete raccontato che alla mia età avevate già fatto fuori metà della fauna selvatica del Sudafrica, negri compresi!

Mack annuì. - E' vero, tuttavia è mio dovere far finta di contenere la tua giusta e maschia voglia di avventura e di violenza, cosicché quando alla fine otterrai ciò che vuoi, ne godrai come un premio. Capisci, Rack?

- Come siete buono con me, padre!

- Fammi dunque vedere come vinci il duello con la selvaggia bestia, possente metafora della Natura africana che anche tu un giorno dovrai dominare in quanto colonizzatore bianco, anglosassone e protestante.

- Subito, padre!

Felice, il ragazzo puntò la sua carabina, regalatagli da Mack al compimento del settimo anno d'età come doveroso complemento alla sua crescita e maturazione d'individuo, e fece fuoco. Il colpo raggiunse l'elefante alla spalla sinistra, facendone schizzare getti di pelle e carne misti a schegge d'osso. L'animale barrì di dolore, poi si avventò selvaggiamente alla carica contro i due cacciatori.

Il piccolo Rack impallidì, tuttavia rimase immobile a gambe larghe, caricò un secondo pallettone e spavaldamente puntò di nuovo l'arma. Questa volta centrò l'animale al petto. Il sangue denso e scuro dell'elefante si sparse a barili sull'erba rada della savana. La bestia sbandò, senza tuttavia interrompere la carica.

Mack osservò compiaciuto con quale audacia il figlio ricaricava ancora una volta la carabina.

- Il ragazzo è coraggioso... - pensò. - Sarà un eroe come tutti i Courteney.

- Provate senza i fucili, brutti stronzi, e vediamo se continuate a sentirvi eroi con una zanna infilata su per il culo - barrì in protesta l'elefante, ma nessuno ci fece caso.

Il terzo colpo, esploso ormai a poche yarde di distanza, s'insinuò correttamente tra la quinta e la sesta costola dell'animale, trafiggendogli il cuore. L'elefante si accasciò, schiumando dalla bocca saliva mista a sangue nero. I portatori ottentotti dei Courteney sciamarono intorno alla carcassa sventrandola con le asce per estrarne l'avorio, mutilando la proboscide, gli intestini e i testicoli, questi ultimi molto richiesti in agrodolce al mercato di Zanzibar, e se voi che leggete in questo momento state vomitando significa che non siete veri bianchi virili e cazzuti!