Nella distopia antisocialista di The Scarlet Empire (1906) di David M. Parry (1852-1915), una Atlantide "socialdemocratica" in una cupola sottomarina è diventata una terrificante landa che impone il grigiore dell'eguaglianza irreggimentata. La mediocrità è fatta legge dello stato: nel corpo, nell'alimentazione, nei costumi e nell'espressione (con l'istituzione del "verbometro", che non permette di superare la quota giornaliera di parole consentite a ogni cittadino), oltre all'uso di "foglie di lete" e di periodiche esecuzioni pubbliche per assicurare il consenso. Se l'inizio del romanzo-in cui è difficile non cogliere un rimpianto per una purezza etnica e sociale americana minacciata da immigrati e operai-aveva parlato della "Democrazia" come "piovra con un milione di tentacoli", più avanti vediamo una tremenda piovra pronta a ricevere e ingoiare i dissenzienti condannati dal grottesco parlamento del continente sottomarino. Il protagonista Walker riesce a fuggire saccheggiando le ricchezze di un museo, rubando e rimettendo in ordine il relitto di un sottomarino, nonchè distruggendo la cupola e sterminando l'intera civiltà). In precedenza socialista e povero, comprenderà i suoi errori e tornato in America si dedicherà a far fortuna come industriale, ovviamente portando con sé la bella Astraea, salvata da un processo per individualismo; lei, ovviamente, troverà una sua autodeterminazione diventando la perfetta moglie dell'eroe.
Civiltà perdute nelle riviste
Il problema in Parry, oltre al razzismo, è nei noiosissimi momenti espositivi che sommergono i motivi satirici e avventurosi. Nel superamento di questi momenti, soprattutto, sarà l'innovazione formale di Burroughs e Merritt. Come ho detto, a loro torneremo in dettaglio.
Il loro influsso rivitalizza per un poco il sottogenere. Più vicino al fantasy mitologico è The Citadel of Fear di Francis Stevens, pseudonimo della scrittrice Gertrude B. Bennett (Argosy, 1918), con l'ambientazione azteca che degenera in scontro fra bene (incarnato dal visitatore che aveva deciso di lasciare la cittadella segreta) e male (scatenato invece dal suo collega che vi si era fermato). A firma di Victor Rousseau, A. Hyatt Verrill, S. P. Meek, J. H. Giesy e Stanton A. Coblentz storie simili appaiono sia nelle riviste Munsey sia sui primi pulp fantascientifici come Amazing Story Quarterly (pubblicata da Gernsback). Di ambientazione sudamericana è The Bridge of Light di Verrill (1929). Come in Parry, l'idea di Atlantide come specchio rovesciato dell'America contemporanea è al centro di The Sunken World (Amazing Stories Quarterly, 1928) di Coblentz, uno dei protagonisti minori dei pulp avventurosi: un'Atlantide che si crede utopica ma resta divisa in fazioni (fautori dell'arte contro fautori della meccanizzazione), con un passato bellico ma comunque un poco meno violenta del "nostro" mondo. Il plot è nel complesso arzigogolato - ma appunto è l'avventura che comincia a emergere. Al tema Coblentz tornerà con The Hidden World (uscito nel 1935 su Wonder Stories come "In Caverns Below").
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