L'Ahyi mi aveva individuato!

Scattai come una molla, immergendomi nel terreno fangoso in un batter d'occhio. Ora che si era accorto della mia presenza catturarlo vivo era diventato un bel problema. Strisciai a un paio di metri di profondità, avvicinandomi lentamente. Dalla sua assenza di reazioni seppi che aveva difficoltà a individuarmi sotto la coltre di melma. Emersi a pochi metri da lui, dietro le spalle, puntai il raggio stordente e... mi bloccai.

Un pallidissimo sole cominciava a distribuire una luce lattescente all'orizzonte.

Il versetto 15 del IV Libro del Canone Antico prescriveva: ... E tu non provocherai danno a nessun essere vivente quando il sole sta per nascere.

Abbassai l'arma, incrociai le quattro coppie di zampe anteriori nella posizione rituale e presi a recitare la preghiera del sole; solo che mi trovavo con metà del corpo fuori dalla melma e ciò fu sufficiente perché l'Ahyi mi individuasse.

...Proteggi comunque e sempre la vita , prescriveva il versetto 1 del I Libro, cosicché interruppi il rito del versetto 15 e tornai a interrarmi prima che il nemico potesse colpirmi. Ormai, però, non avevo più il vantaggio della sorpresa perché adesso l'altro sapeva che doveva cercarmi sottoterra. Scivolai via, lontano, e l'Ahyi, che doveva provare paura come me, fece lo stesso dalla parte opposta. Per colmo della sfortuna io emersi dentro uno stagno e, siccome mi trovavo in una palude, l'acqua era putrida e maleodorante.

Alla purezza del sangue deve sempre corrispondere la purezza dell'acqua che ci bagna , recitava il versetto 24 del 12 Libro del Canone Antico e, di conseguenza, fui costretto al rito di purificazione a esso collegato, con relativa immersione di quattro coppie di zampe anteriori, incrociate a due a due, nell'acqua stessa. Mentre spruzzavo l'acqua ai quattro punti cardinali l'Ahyi mi fu quasi addosso e fu soltanto grazie alla mia agilità prodigiosa che riuscii a sfuggirgli, spiccando un salto oltre una folta macchia di arbusti. Atterrai, rotolai su me stesso e sparai un raggio stordente ad alto potenziale, centrando il mio avversario proprio in mezzo alla schiena... senza effetto alcuno! L'Ahyi sopportò il raggio come se fosse acqua fresca; anzi sterzò bruscamente il veicolo che montava a cavalcioni e si lanciò verso di me, rombando e sollevando fiotti di fango.

Mi venne in mente il versetto 18 del I Libro: E venne il tempo di fidare delle proprie membra, o di lasciare l'involucro corporale. Ringraziai mentalmente gli Antichi per quella provvidenziale fonte di saggezza della quale ci avevano fatto dono e indirizzai una rapida preghiera alla loro memoria. Quella era la via da seguire.

L'Ahyi non si aspettava un attacco così violento e ravvicinato. Gli fui addosso con tutto il mio peso, lo sbalzai dal veicolo meccanico e rotolammo, avvinghiati uno all'altro, nella fanghiglia. Più che rotolare è meglio dire che cominciammo ad affondare insieme nel fango. Avevo il vantaggio di molte più zampe di lui: con alcune cercavo di tenerlo fermo, mentre tentavo di piantare i rostri delle altre nel suo petto, verso il centro pulsante di energia. Non vi riuscii: l'Ahyi era protetto da una corazza robustissima che resistette a tutti i miei tentativi, senza essere neppure scalfita dai rostri di acciaio. Egli, anzi, ghermì due mie zampe anteriori e le strappò via senza sforzo apparente. Era dotato di una forza prodigiosa e me ne stavo accorgendo a mia spese. Nel mio torrente sanguigno vennero riversati copiosamente anestetici che mi consentirono di proseguire la lotta, senza essere sopraffatto dal dolore. La pelle del mio nemico era durissima e inattaccabile per la forza delle mie zampe nude; in più egli non mostrava affatto di avere bisogno di respirare mentre sprofondavamo sempre più nella scorza molle e cedevole di Tenebra. Io mi sentivo soffocare e la mie zampe erano ormai quasi del tutto imprigionate da tonnellate di fango sopra di noi. Bisognava fare qualcosa, in fretta.