Si avvicina sempre di più il momento in cui scopriremo il cambio di rotta di Star Trek: Discovery nella stagione due, prevista in arrivo a gennaio. Nel frattempo il cast si vede spesso a manifestazioni come la recente Destination Star Trek in quel di Birmingham, con tanto di presenza di Jason Isaacs (il capitano Lorca) dove hanno avuto modo di raccontare non solo il ritorno a un tono più simile a quello della saga canonica, ma come la stagione precedente fosse un percorso inevitabile per arrivarci.
Stamets

Secondo Anthony Rapp la prima stagione parlava degli effetti dell'universo specchio grazie al capitano Lorca:
Per cui era un reale passaggio da un lato all'altro per arrivare al discorso finale di Burhnam.
La prima stagione era un costruire sulle tenebre per arrivare in alto verso territori più familiari.
E riguardo all'uso del lungo arco narrativo, al contrario della natura più episodica della saga in generale, Rapp dice che i fan devono avere fede: la serie doveva fare una svolta a sinistra lunga un anno per arrivare allo stile che conosciamo.
Visto il suo ruolo del suo personaggio, l'attore ci tiene a raccontare che nella prossima stagione ci sarà più scienza, antropologia e sociologia, oltre alla fisica che è sempre stata parte della saga. Gli sceneggiatori si sono impegnati affinché, la scienza nella serie, seppure in un'ottica fantastica, sia sempre legata a ciò a cui stanno lavorando oggi nella comunità scientifica.
Burnham

Per Sonequa Martin-Green la guerra vista nella prima stagione era un passaggio inevitabile non solo per mostrare il futuro che conosciamo, ma anche come ci si è arrivati per poi riuscire a mantenerlo tale.
L'equipaggio della Discovery ha dovuto inoltrarsi nelle tenebre e combattere per uscire dalla guerra, per la protagonista era il migliore esempio di speranza che si potesse mostrare.
Per il cast e gli autori non si trattava di una versione cupa di Star Trek, ma di un modo di ricordare cosa è accaduto ieri e quando lo ricordi hai la sofferenza per la perdita e il lutto, ma anche la filosofia per combattere e diventare la Federazione. È tutto collegato per mostrare la sua creazione.
L'Rell

L'attrice Mary Chieffo ha raccontato di avere trovato gratificante e entusiasmante vedersi allo specchio completamente trasformata nella klingon L'Rell, ma ancora di più ha apprezzato l'aspetto narrativo, il fatto che Burnham sia riuscita a farla uscire dall'ombra anche se entrambe erano legate da un cuore spezzato, ma che sia stata proprio la loro vulnerabilità a dare loro la forza, anche se ci è voluto un lungo percorso per arrivarci.
La seconda stagione di Star Trek: Discovery è prevista in arrivo negli States il 17 gennaio 2019 e il 18 da noi su Netflix, mentre mancano per ora le date italiani dei quattro miniepisodi chiamati Star Trek: Short Treks, che in patria sono partiti il 4 ottobre con l'episodio Runaway, che verrà seguito il 8 novembre da Calypso, il 6 dicembre da The Brightest Star e il 3 gennaio da The Escape Artist. Vi lasciamo con i trailer degli Short Treks e i due della seconda stagione:
13 commenti
Aggiungi un commentoSignifica che se voglio guardare qualcoda di Startrekkiano, mi guardo The Orville.
Perchè Discovery di Star Trek aveva soltanto il nome.
Del tutto incongruente, dato che neanche di "discovery" aveva molto.
Oltretutto mi hai ammazzato Lorca che era l'unica cosa decente.
Ciaone proprio.
>> Significa che se voglio guardare qualcoda di Startrekkiano, mi guardo The Orville. <<
ah, ok ... ma da come avevi scritto sembrava tu intendessi l'esatto contrario... cmq sono d'accordo con te, the orville è un piccolo gioiellino che speriamo non si rovini e che duri.
ciau
Bisogna anche dire che da un parte però The Orville c'è andata giù pesante con ST, per esempio hanno demolito la prima direttiva, tra l'altro in un modo fantastico.
Diciamo che The Orville è una versione di ST adattata ai nostri tempi, con un po' di humor, la cui presenza aumenta solo i rimpianti, perché ti fa capire quanto manchi una vera serie "drammatica" con lo spirito originale di Star Trek.
Secondo me è solo più "umanizzato" dello star trek classico.
The Orville affronta argomenti scomodi per il classico buonismo startrekkiano. Molti finali sono amari, che è differente da finali a non lieto fine.
Si, + che altro direi che the orville, oltre al taglio irriverente e simpatico, ha il gran pregio di coniugare un sostanziale ottimismo di fondo con temi "seri" che possono anche "portare" a conclusioni amare, come dici te. Francamente questo succedeva ben spesso anche con ST precedenti mentre nelle serie sia pseudo-trekkiane che altra sf + attuali quel sostanziale ottimismo e grandiosità di fondo si è persa in drammaticità varie + o - plausibili e distopie votate alla moda ed alla spettacolarità.
Nel suo piccolo the orville rinfranca il cuore nella visione di un futuro "grandioso" per l'umanità ma al contempo ci ricorda quanto questa nostra umanità sia faticosa e piena di sfide.
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