A guidare il regista, è stato il desiderio di trattare Godzilla in primo luogo come una storia. “Per tutti noi era importante che il pubblico si interessasse a quello che stava succedendo e il perché,

Permesso, scusate, permesso...
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quindi non volevo che fosse solo una scena dietro l’altra”, ha spiegato Gareth. “Al contrario, l’idea era di usare alcune limitazioni per far crescere l’attenzione e la suspense, fino ad arrivare finalmente al momento in cui Godzilla si rileva in tutta la sua grandezza per la prima volta”.

Questo approccio è stato reso valido sotto ogni aspetto creativo ed ha aiutato a ritagliare un linguaggio visivo che ha portato verosimiglianza anche nelle scene più sbalorditive apparse sullo schermo.

“Non mi piace mettere una macchina da presa dove è impossibile piazzarne una, pertanto non c’è stato nessun movimento di macchina che non sarebbe stato possibile anche nella vita”, ha detto Edwards. “Abbiamo girato alcune delle scene con il mostro con il tipo di panoramica ed effetti, che di solito vediamo durante gli eventi sportivi. I cameramen non sono extraterrestri, quindi le scene non sono mai perfette. Installano le macchine da presa dove pensano che possano catturare le migliori immagini e iniziano a girare, e quello è stato proprio l’effetto che avevamo in mente”.

Una delle prime scene girate, è stata realizzata al Vancouver Convention Center, dove le cavernose strutture sono diventate gli aeroporti internazionali sia di Honolulu che di Tokyo.

Un certo numero di costruzioni canadesi è stato abbattuto, per alcune delle più drammatiche scene di devastazione.

“Sicuramente non vedremo mai una creatura gigantesca che viene ad abbattere le nostre città, ma probabilmente ogni essere umano del pianeta ha vissuto eventi che hanno causato danni simili, oppure ne hanno visto gli effetti in televisione”, ha notato Edwards.

Il film ha comunque centrato l’obiettivo: gli incassi sia in Europa sia negli Stati Uniti sono tali che hanno immediatamente scatenato una ridda di voci su un possibile seguito. E, a quanto, pare, stavolta non dovremo aspettare decenni prima di rivedere il “lucertolone gigante” sul Grande Schermo.