La filosofia di Soleri, da quest’ottica, risalta per il suo anticonformismo. Propone un ultra-ambiente in cui l’umanità superi le disparità sociali e il degrado urbano delle città contemporanee grazie a un’economia “della sobrietà e della frugalità” (cfr. Le esuberanti utopie arcologiche di Paolo Soleri, di Maurizio Giufrè, Il

Manifesto, 18 novembre 2005, http://www.architettiroma.it/archweb/notizie/7874.aspx). Ma lungi dal prospettare un ritorno ad una vita rurale, come potrebbe sembrare a un esame superficiale, Soleri promuove la città quale “strumento necessario nell’evoluzione dell’umanità”. All’origine di Arcosanti è infatti l’idea di una metropoli da due milioni di abitanti (una taglia intermedia tra i comuni di Milano e Roma, per intenderci) da realizzarsi sull’altopiano dell’Arizona: Mesa City. Una città che avrebbe dovuto riflettere la complessità della vita che le città nascono per ospitare, sviluppata in tutte e tre le dimensioni: una selva di strutture verticali a forma di alberi o funghi, ciascuna in grado di autosostenersi e interagire proficuamente con le strutture limitrofe. Una soluzione intermedia tra Arcosanti e Mesa City è rappresentata da Nudging Space, un progetto di città da 250.000 abitanti teso a minimizzare l’impronta ecologica e massimizzare i benefici culturali ed economici dell’ambiente urbano circondato dalla natura.I progetti di Soleri si spingono ancora oltre, spaziando dalla città galleggiante semisommersa di Novanoah (nelle sue molteplici declinazioni) agli habitat spaziali di Asteronomo e Two Suns Arcology. Le arcologie spaziali rappresenterebbero non solo un’impresa tecnocratica, ma anche un’iniziativa culturale, che per svilupparsi non potrebbe prescindere da micro-biosfere autosufficienti.

In sintesi Soleri ritiene inutile riformare il concetto di città: per lui la città del futuro non può prescindere da una totale riformulazione. E così arriva a proporre quella che lui chiama una Lean Linear City, la “Città Lineare Essenziale”, un’integrazione di tanti habitat distribuiti per minimizzare la dipendenza dalle fonti fossili, sviluppata lungo gli assi delle arterie di comunicazione (da cui l’attributo di lineare incorporato nel nome) per ricompattare lo sprawl suburbano in una dimensione metropolitana, preservando così l’ambiente. Eventualmente, una sequenza di Nudging Space, raccordate da due nastri di strutture modulari parallele, alte trenta o più piani ed estese per chilometri… Ed è del 2012, poco prima della scomparsa di Soleri, che dalla Cina sono giunte significative manifestazioni d’interesse per questo concetto di città lineare.

Come dimostrano i suoi numerosi progetti (invariabilmente irrealizzati) di ponti, a partire da The Beast progettato durante il suo apprendistato presso lo studio di Frank Lloyd Wright, quella di Soleri è un’architettura incardinata sulle connessioni. La sua idea non era di ridurre gli spazi utili, ma di eliminare gli spazi inutili. A partire dai sistemi di supporto dell’automobile, a tutto vantaggio del trasporto pubblico. E questo spiega la sua impopolarità in America che, malgrado la medaglia d’oro tributatagli nel 1963 dall’American Institute of Architecture, lo ha a lungo trattato come una curiosità per intellettuali. L’attecchimento delle sue idee in numerosi autori ha anticipato la sua riscoperta da parte dell’establishment, con il premio nazionale Cooper-Hewitt per il design conferitogli nel 2006 dallo Smithsonian Museum di New York e una prestigiosa pubblicazione dedicatagli dalla Princeton University nel 2012.

Anche l’Italia, distintasi nel corso di tutta la seconda metà del Novecento per una sistematica distruzione del paesaggio, ha rimosso la consapevolezza di questo suo talento prestato agli Stati Uniti, rivalutandolo solo in tempi recenti con il Leone d’oro alla carriera alla VII Biennale di Venezia del 2000 e una monografica ospitata nel 2005 dal Maxxi (Museo Nazionale delle Arti del XXI Secolo) di Roma.