Potenzialmente questo seguito de Il collezionista avrebbe potuto perfino superare il suo intrigante predecessore. La struttura solida carica di colpi di scena permette sin da subito al pubblico di sperare in un film molto convincente e riuscito. Gli elementi ci sono tutti: due attori decisamente in gamba come Morgan Freeman e la protagonista di Patch Adams Monica Potter, una storia di rapimenti incrociati abbastanza imprevedibile, una sceneggiatura con qualche cliché ancora di troppo, ma ancora abbordabile. Quello che, però, manca del tutto a Nella morsa del ragno è piuttosto la regia. Gary Fleder, regista dell'originale di quattro anni fa con Ashley Judd, è stato sostituito con Lee Tamahori che - a parte per lo straordinario e claustrofobico Once were warriors - si è sempre distinto per una regia piatta e di maniera, da autore che sembra non riuscire ad osare in nulla. E' così che il regista (cui tra l'altro è stata affidata la regia del prossimo Bond...) dilapida tutto il tesoro contenuto nel copione, scopiazzando di qua e di là lo stile di autori più noti come - ad esempio - il John McTiernan di Die Hard III. Un film da vedere, anche se irritante, perché si ha la precisa sensazione di una frettolosità eccessiva che impedisce ad un gigante come Morgan Freeman di esprimersi al meglio delle sue potenzialità.