Poco tempo fa (31 ottobre, ore 21,00) chi ha seguito in tv Report, condotto dalla bravissima Milena Gabanelli, ha avuto la gradita sorpresa di veder ripetutamente citato un romanzo di fantascienza, quale spunto che ha accompagnato la trasmissione quasi sino alla fine. Mi riferisco all'Urania n. 696 del 9 maggio 1978: Effetto valanga di Mack Reynolds (romanzo che peraltro è in arrivo in una nuova edizione nella collana Odissea Fantascienza, il prossimo marzo). Reynolds è stato uno dei pochissimi autori – lui in prima fila – che hanno ritenuto di scrivere una sf basata su estrapolazioni economico-finanziarie (non sono, economia e finanza, anch’esse “scienze” seppure soft?) Solitamente, in questo casi, incontriamo storie ironico-satiriche. Quelle di Reynolds sono pungenti, originali e spesso riuscitissime, come nel caso – appunto – di Effetto valanga.

Questo romanzo, in tono leggero e ironico, narra una storia che (allorché la lessi) mi parve assurda e grottesca ma geniale, e – in fondo – inverosimile. Oggi ci rendiamo conto che l’inverosimile si trasforma – per l’economia e la finanza – in “verosimile”. Anzi in realtà. In triste, devastante, criminale realtà.

(Per chi voglia dare uno sguardo: comunque l’interesse maggiore sta non nella presenza del romanzo di Reynolds quanto nel contenuto della trasmissione, intitolata appunto Effetto valangawww.report.rai.it/dl/Report/puntata/ContentItem-8d786bde-265f-412e-a52f-aa631f06b93b.html).

Tutto ciò, come punto di partenza per porre alcuni interrogativi.

C’è una differenza, per l’autore di fantascienza, nello scrivere una storia oggi (anno 2011) e ieri (per esempio: anno 1960)? E se c’è, quale e perché?

Magari si dirà che la differenza esiste data l’evoluzione dei media e grazie a numerose scoperte e invenzioni intervenute nei settori della fisica, dell’astronomia, della medicina eccetera eccetera, che riflettendosi sulla società hanno inevitabilmente cambiato il punto di vista, anche della narrativa fantascientifica. Ciò è inevitabile: non per nulla, con l’evolversi della società abbiamo visto sfilare davanti ai nostri occhi una sf prevalentemente avventurosa, poi quella prevalentemente “sociale”, quella definita in Italia “sociologica”, il New Wave, il cyberpunk… E oggi? Oggi, quale fantascienza si scrive?

Va detto che, comunque, ogni scrittore scrive quello che gli pare e che riesce a vendere, l’importante è che lo scriva “bene”. Anche se il mercato spesso gioca strani scherzi, condizionando in un certo modo la narrativa in genere. Credo però che nel nostro caso la faccenda sia un tantino più complessa. La fantascienza riflette, molto più della narrativa maistream, le attese sul nostro futuro, su quanto “verosimilmente” può accaderci.

Da questo punto di vista c’è un abisso incolmabile tra le aspettative – seppure sfrenatamente fantasiose – d’un lettore del 1960 rispetto al lettore del 2011.

Aspettative che sono anche – ovviamente – dell’autore.

Naturalmente ciò che ha illustrato la Gabanelli era ed è roba risaputa. Il problema è però che non tutti ne sono al corrente. Alcuni quotidiani e testi apparsi nelle librerie ne parlano già da tempo. Ma, si sa, la maggior parte della gente rifugge gli articoli su certe tematiche e passa più facilmente alla pagina dello sport o degli spettacoli. I telegiornali rifuggono rigorosamente questi argomenti (tranne, talora, tg3), né tanto meno ne accennano ai teleutenti i nostri politici, siano di destra che di sinistra. Parlare di queste cose significherebbe ammettere che la politica, tutta – o quasi – la politica mondiale, oggi è – per dirla in modo crudo ma veritiero – condizionata se non comandata da ristretti macro-gruppi finanziari che fra una puntata e l’altra – quasi fossero scommesse all’ippodromo – decidono se oggi sia più vantaggioso far crollare la Grecia o l’Italia e domani la Spagna o l’Irlanda. Guadagnandoci sopra montagne di quattrini, ovviamente. Basti pensare che il “giro” finanziario mondiale oggi supera più di 10 volte il Pil globale. Un assurdo inconcepibile che la dice molto, molto lunga. Quattrini sottratti a chi? Beh, ormai non occorre neanche guardarci intorno.

Dicevo: politica “condizionata”, ma dovrei dire connivente, se non “venduta”, visti gli incroci mostruosi di conflitti d’interesse tra banche, politici, industriali

Non sono io che parlo, sono i fatti.

Torno alla fantascienza (non che finora io sia andato fuori tema, sia chiaro: anche economia e finanza sono scienze, non ci sarebbe differenza se avessi scritto di viaggi spaziali o di computer quantistici o di tachioni, e del loro eventuale utilizzo).

Dunque, fantascienza e aspettative circa il futuro.

Dicevo di “abisso incolmabile” tra gli anni ’60 e gli anni nostri, quanto ad aspettative e quindi ad immaginario fantascientifico. Vero che a quei tempi si era anche un po’ sognatori: solo 40 anni dopo, il “2000” (cifra perfetta, simbolica!) ci avrebbe dato viaggi su Marte, su altri pianeti, turismo lunare, vittoria sul cancro, extraterrestri, il mondo unificato nella pace e possibilmente anche un “governo mondiale”… e tanto, tanto altro. Infatti di questo scriveva la fantascienza. E se ne scriveva, restava (seppur fantasiosamente) “credibile”.

Non credo che oggi la sf possa scrivere con altrettanta credibilità di un nostro mirabolante radioso futuro nel 2050. Se lo facesse resterebbe del tutto inverosimile, non “realistica”: perché la sf, per reggere, ha anche bisogno di realismo sebbene sembri assurdo. Ci sono forze ormai troppo avanzate e pressanti per poter tornare in pochi decenni ai tempi sognati: superata una certa soglia di distruttività (ambientale, economica, legale) non si può ricostruire un bel nulla.

Occorrerebbe che l’intera popolazione mondiale prendesse consapevolezza e si sollevasse in modo unitario. Ma anche questo è molto poco credibile, e comunque non è mai avvenuto. O forse la presenza dei nuovi media potrebbe consentirlo? Non sarebbe facile. Intanto noi comuni cittadini continuiamo ad assistere quotidianamente, inerti, allo spettacolo d’un gruppo sotterraneo di potenti che stanno estraendo (tutto e subito) ogni ricchezza del pianeta, costi (a noialtri) ciò che deve costare.

Un buon spunto per scrivere fantascienza, indubbiamente.

Temo che resti l’unico.