Peter Parroll siede sulla riva coperta d’erba dolce, e dispone accanto a sé in bell’ordine tutti i documenti: il contratto di vendita, il programma dei lavori, il telegramma che ha avvisato il Dipartimento che non esisteva più nessuna città, in quel punto, e, allegati, anche i fascicoli riguardanti il nuovo fabbisogno di metano di Marsport, il contratto per lo sfruttamento del metano giacente sotto la pianura padana, i rapporti sui cedimenti sotterranei man mano che procedeva l’estrazione del gas. E l’ordine di affrettare i lavori di trasferimento della città, arrivato, naturalmente, in ritardo.Peter Parroll cerca di immaginarsi come può essere successo tutto, le grandi caverne, le volte che si abbassano lentamente, giorno dopo giorno millimetro per millimetro, e la città che geme in tutte le sue fondamenta, finché d’improvviso un solo gran tuono presto soffocato dall’acqua segna la fine di tutto, qualche gorgo resta ad indicare la via degli abissi, poi il mare cancella, e tutto torna liscio e piatto come sempre. E dove c’era una città resta uno specchio di verde silenzio.Questo è accaduto, pensa Parroll, senza mia colpa, e io declino ogni responsabilità. La responsabilità è dell’Ufficio Coordinamenti, che come sempre ha soffocato i lavori sotto cumuli di burocrazia. Dovrò fare rapporto, e chiarire la mia posizione. In fondo, in questo “incidente” è morto un uomo, un Immortale per di più, e anche se io so per certo che era pazzo, una vita umana è sempre una vita umana. Dev’essere avvenuto tutto in un attimo, se non ha fatto in tempo a salvarsi.

12  febbraio, Martedì grasso. L’uomo in nero si sta cambiando d’abito, in una piccola stanza occupata quasi interamente da un letto a baldacchino. Ha appena finito di indossare una camicia bianca incrostata di fragili pizzi ingialliti: ora raccoglie dal letto un gran mantello di velluto rosso. Se lo appoggia sulle spalle, ne osserva soddisfatto le pieghe. Toglie dal mantello nero lo spillo a forma d’artiglio e lo fissa sul mantello rosso, Poi raccoglie da una sedia una bautta dorata. E sente un rumore secco, come un crepitio di legna che arde.

17 luglio. Il barcaiolo alza un braccio come un vecchio ramo, e lascia cadere nell’acqua un anello d’oro, mormorando poche parole. Ma Parroll è troppo lontano per capire.

12 febbraio. Martedì grasso. Sul muro accanto al letto si è aperta una crepa sottile. L’uomo in nero, che ora è l’uomo in rosso, si aggiusta sul viso la bautta dorata. Intorno a lui le crepe si moltiplicano, tutta una rete di crepe come le vene di una mano, come la tela di un ragno, come i canali di una città lagunare. L’uomo in rosso si guarda in uno specchio dalla pesante cornice dorata, e sorride all’altro se stesso, dietro la bautta. Lo specchio trema, e il sorriso gli ritorna come riflesso dall’acqua.

17 luglio. Il barcaiolo se ne va via lento, senza lasciare scia.

Sott’acqua, l’uomo in rosso sorride all’altro se stesso nel piccolo specchio dorato, poi col braccio fa ondeggiare le pieghe del mantello: ecco, è pronto per la festa.

Parroll si dirige verso l’eli-jet, ripetendo mentalmente il rapporto che ha intenzione di scrivere.

Dietro di lui, dal fondo della laguna, qualcuno ride, col suono di due cristalli che si toccano.