Ricordiamo che la fantascienza è un genere relativamente “giovane”, e i classici più vecchi risalgono comunque al XX secolo. Fino a che periodo, allora, possiamo parlare di classici?

Dipende dalle definizioni, naturalmente. Come ci hanno insegnato tanti critici e storici, non esiste nessun motivo reale per escludere dalla SF tutta la tradizione dell’utopia/distopia, dei viaggi straordinari e dello scientific romance. Si può, dunque, risalire molto indietro nel tempo. Poi, naturalmente, l’età dei pulp (insomma, gli anni fatidici di Gernsback) è un periodo di svolta. Diciamo che da quegli anni in poi, abbiamo i classici come li intendiamo normalmente ora. All’altro estremo, l’inizio dell’epoca di cui facciamo parte noi è segnato da Gibson e da Neuromante. Ecco, dalla metà anni 80 (da questa parte dell’oceano, l’equivalente è l’esordio di Banks) si entra nella nostra contemporaneità fantascientifica.

Per concludere, due domande difficili. La prima: quali saranno i titoli che tra venti o trent’anni considereremo “classici”, se ce ne saranno?

Non ho particolari certezze, la fortuna anche degli autori più illustri è spesso altalenante. Fra i tantissimi, una risorsa e una presenza che vorrei mantenere con me è sicuramente quella di Theodore Sturgeon.

La seconda: tre classici da suggerire per cominciare a leggere fantascienza.

Per cominciare? Direi che per me – parlo degli anni delle scuole medie – hanno funzionato la trilogia della Fondazione di Asimov, Il giorno dei trifidi di Wyndham e le Cronache marziane di Bradbury. D’altra parte a quell’età avevo già fatto la mia esperienza di Salgari e Verne, e di Wells almeno la Macchina del tempo l’avevo letta. Ma forse, per me, di momenti di riscoperta della SF ce ne sono stati almeno altri due (con in mezzo altre fulminanti scoperte che non saprei assegnare a un periodo preciso: Ballard, Sheckley, Simak, Heinlein, Delany, Bester, Cordwainer Smith, James Tiptree…). Il trittico delle superiori (anche forse figlio delle straordianrie tensioni di quegli anni, che li rendevano ancora più fertili) sarebbe composto da Cristalli sognanti di Sturgeon, La svastica sul sole di Dick e I reietti dell’altro pianeta di Ursula K. Le Guin. E per me un terzo nuovo inizio ci fu poi intorno alla fine anni Ottanta: oltre a Neuromante e a Consider Phlebas di Banks, la scoperta di Solaris di Lem. Ma vorrei concludere con un trittico tutto italiano, che mi ha accompagnato in varie riletture in momenti diversi della vita. Anche la SF italiana ha la forza di aver prodotto (almeno) tre classici: le Cosmicomiche di Calvino, i racconti di Primo Levi e Quando le radici di Aldani.