Periodicamente le notizie sugli UFO saltano fuori con maggiore o minore intensità, a seconda del clamore suscitato dall'avvistamento di turno. Uno degli ultimi in ordine di tempo, quello verificatosi nei cieli dell'aeroporto cinese di Xiaoshan lo scorso nove luglio, ha scatenato l'ennesimo dibattito, soprattutto in virtù della promessa ufficiale delle autorità governative della Cina di investigare a fondo sulla natura del fenomeno. Al di là del fenomeno mediatico, pochi si sono posti una domanda: ma nell'ipotesi che si verifichi la verosimiglianza di uno di questi avvistamenti, o nell'improbabile ma non impossibile ipotesi di un contatto, che si fa?

Qualcuno ha provato anche a dare una risposta. Si tratta dell'International Academy of Astronautics, organizzazione non governativa che ha sede a Stoccolma e composta da esperti nel campo dell'esplorazione spaziale. Nel 1989, non proprio ieri pertanto, l'Academy ha costituito al suo interno un gruppo speciale denominato SETI Post-Detection, strettamente collegato al famoso programma SETI (Search for Extra-Terrestrial Intelligence), per la scansione dello spazio alla ricerca di segnali indicanti la presenza di forme di vita intelligenti. Scopo del SETI Post-Detection consiste nell'elaborare protocolli e specifiche da utilizzare in caso ci si imbatta non tanto nell'alieno Klaatu della nostra fotografia (tratta da Ultimatum alla Terra del 1951) ma, più realisticamente, in una trasmissione che si dimostri effettivamente proveniente da fonte intelligente.

Pare una cosa da poco ma a capo del gruppo è stato posto nientemeno che Paul Davies, fisico e divulgatore tra i più noti del pianeta. Il gruppo è poi composto da una ventina di ricercatori provenienti da molti paesi, compresa l'Italia (Claudio Maccone, esperto di satelliti artificiali e membro di SETI). Appena insediato il gruppo ha subito proposto un protocollo da seguire in caso di ricezione di un segnale alieno; protocollo che è stato reso noto e che si può riassumere in pochi punti:

- chiunque (organizzazioni o privati) intercetti un segnale di possibile provenienza da parte di una civiltà extraterrestre deve contattare il SETI, affinché possa analizzare tale segnale e stabilirne con esattezza la natura;

- stabilita l'origine "intelligente" del segnale, vanno immediatamente informate le principali organizzazioni scientifiche mondiali, tra cui l'Unione Astronomica Internazionale, nonché le Nazioni Unite;

- lo scopritore del segnale ha il diritto di annunciare pubblicamente la propria scoperta;

- tutte le informazioni disponibili devono essere immediatamente rese pubbliche e messe a disposizione della comunità scientifica mondiale, fatta eccezione per le coordinate della sorgente di trasmissione. Questo per evitare l'invio di eventuali messaggi di risposta non concordati;

- decidere l'eventuale risposta al messaggio e il suo contenuto, in collaborazione con esperti di altre discipline e le autorità governative.

Il protocollo completo è più dettagliato e articolato, ed è stato sottoposto a revisione nel corso degli anni. Chi è interessato può raggiungere il sito dell'organizzazione, il cui link si trova nelle Risorse in rete. Che la comunità scientifica studi un protocollo da attuare nel caso, improbabile ma non impossibile, di ricezione di un segnale intelligente, fa parte di una normale attività di studio e di ricerca. I primi esperimenti di "ascolto" organizzato dello spazio sono stati compiuti quasi mezzo secolo fa, e il buon senso ci dice che se esistono civiltà avanzate e usano forme di comunicazione simili alle nostre, esiste una piccola ma non trascurabile probabilità di incappare in queste trasmissioni.

Ma nell'ipotesi che davvero Klaatu arrivasse con la sua tuta d'argento? Per questo tipo di scenario, un po' bislacco a dire il vero, nessuno se l'è sentita di elaborare un protocollo, o quantomeno se un protocollo esiste non è pubblico. Restano le parole di Stephen Hawking, pronunciate qualche anno fa: "Se mai gli alieni ci visitassero, il risultato sarebbe qualcosa di simile a ciò che successe quando Cristoforo Colombo sbarcò in America, con noi nella parte dei nativi americani". Una prospettiva non allettante.