Si era impadronito dell'identità del povero Russell dopo averlo lasciato in mutande intorno a un tavolo di poker, a Parigi. E ora Max possedeva la sua carta di credito e il certificato di proprietà di un lussuoso Silver Dolphin. Una volta giunto su Proxima si sarebbe creato una nuova identità e poi, con quella nave da sogno, avrebbe girato il quadrante in lungo e in largo, lasciandosi alle spalle il passato e la fedina penale sulla Terra. Tra lui e la libertà c'erano soltanto pochi anni luce, ma per raggiungere Proxima doveva fidarsi di quello strano tipo che non faceva che chiamarlo Bob.Un suo ex collega che lavorava all'ufficio immigrazione della SSI gli aveva assicurato che Orso era la persona perfetta a cui chiedere un passaggio del genere, ma Max aveva imparato a non fidarsi mai dei consigli che gli venivano dati gratis. Il più delle volte si trattava di stronzate, voci che rimbalzavano di bocca in bocca che si gonfiavano un po' a ogni passaggio.E quel tipo, Orso, aveva proprio un aspetto poco raccomandabile. Sembrava un incrocio mal riuscito tra un cane e uno scimmione, con tutti quei peli che si portava addosso e quei capelli che sembravano dotati di vita propria. Ma nei suoi occhi aveva colto un luccichio familiare, una specie di sogghigno che sapeva di furbizia e avidità, che Max conosceva molto bene, dato che lo vedeva tutti i giorni riflesso nello specchio quando si radeva.

Tutto sommato, peli a parte, avrebbe potuto perfino imparare a rispettarlo.

                                    * * *

Nella cabina di pilotaggio della Sosumi il telefono cominciò a lamentarsi insistentemente, cercando di catturare l'attenzione di Hugh.

- Orso, rispondi. C'è una chiamata per te! Orso?

Orso era sotto la doccia, o meglio avrebbe voluto essere sotto la doccia, ma dato che il generatore di gravità artificiale della nave funzionava un po' a singhiozzo, in quel momento si trovava sospeso per aria all'interno del box doccia, con grosse bolle d'acqua che gli fluttuavano intorno, andando a infrangersi di quando in quando contro il suo corpo peloso.

- Accidenti! – esclamò Hugh, irritato. – Ci mancava solo il telefono!

Si diede una spinta per uscire dal box e afferrò l'asciugamano che fluttuava vicino al lavandino, legandoselo intorno alla vita. Aveva i capelli tutti arruffati e gli occhi arrossati dal sapone che non era riuscito a lavarsi di dosso: se una delle sue amiche lo avesse visto in quelle condizioni la sua fama di strafico galattico avrebbe subito un danno irreparabile.

- Chi è? – chiese al telefono, prima di aprire la comunicazione.

La vocina nasale del telefono gli rispose che si trattava di Klimo, il suo informatore eridano che lavorava per la Finanza. Hugh allungò la mano verso il terminale: a Klimo poteva rispondere anche nudo, dato che l'eridano era un tipo difficile da scandalizzare e in più i suoi occhietti a palla vedevano solo nel campo infrarosso.

- Ciao Klimo. Spero che abbia novità interessanti per me.

Le narici trilobate dell'eridano vibrarono rumorosamente emettendo una specie di risucchio umido.

- Piantala di ridere e sputa il rospo! – sbottò Orso, spazientito. Quello stupido eridano rideva per le ragioni più idiote. Chissà cosa vedevano in quel momento i suoi occhietti neri da insetto!

- Shei consciato un po' male, eh? Cosha ti è shuccessho? Sembri appena usshito dallo schtomaco di un gashanana!

- Ero sotto la doccia, - tagliò corto Orso. – Allora, che mi dici del carico?