L’Associazione Italiana Transumanisti è una branca del Movimento mondiale omonimo, che conta sedi in almeno cento Paesi del mondo; l'associazione, così come le sue consorelle mondiali, è un'organizzazione senza scopo di lucro che si è data quale missione la promozione in ambito culturale, sociale e politico delle tecnologie funzionali al potenziamento dell'essere umano.
Il Movimento ha quindi ben chiari i suoi obiettivi e li persegue con meticolosità e metodo. Recentemente, tramite il suo presidente Riccardo Campa, i transumanisti hanno sentito la necessità di fare una collazione di tutte le interviste, interventi critici, polemici, a favore, apparsi sulla stampa italiana e sul web a partire dalla fondazione stessa del Movimento, cioè dalla fine del 2004. Pesco a caso e trovo interviste e articoli apparsi su Libero, Avvenire, Il Tempo, Gazzetta del Mezzogiorno, Futuro Prossimo, L'espresso, Il Secolo D'Italia, Il Manifesto, Digitalife, Rinascita, Fantascienza.com e molte altre testate su carta e sul web, in un periodo che va, appunto, dalla fine del 2004 fino a settembre dell'anno scorso.
Trecento pagine piene di spunti, idee, polemiche, miopie e larghe vedute che si espandono verso il futuro ma che comprendono anche il passato; un libro intero di considerazioni profonde e di fulminei botta e risposta, di meschine prese di posizione avverse alla filosofia transumana e di illuminanti frasi da cui il transumanismo ne esce limpido, luminoso, pregno di futuro sfolgorante.
Ci sono molte risposte per molti dei dubbi che affliggono l’umanità e riguardo alle teorie postumane che Campa, e i transumanisti sparsi per tutto il mondo, argomentano con dovizia di particolari, idee e, a volte, consapevolezza che non tutto potrà andare come loro si augurano, un atteggiamento accompagnato dalla coscienza che il mondo, però, si sta muovendo verso la tecnologia spinta, sempre più estrema, e che ciò è assolutamente inevitabile. Appare evidente, da subito, lo spettro visivo dell'estensore della raccolta; facendo apparire limpido al lettore il punto di vista dei transumanisti e quindi facilitando l'immedesimazione del lettore col loro punto di vista; appare miope quindi chi si oppone a questa tendenza perché non vede che, nonostante gli sforzi conservatori, il futuro, il progresso ipertecnologico che colpirà (e già colpisce) ogni aspetto della vita umana, non potrà essere fermato, e che ostacolarlo adesso sì che significherebbe restare indietro rispetto ad altri paesi più aperti.
La pubblicazione è densa di momenti salienti, però mi sembra che due siano i passaggi topici: il primo è una risposta del professor Campa a un intervento a dir poco sarcastico, stucchevolmente conservatore e inutilmente vecchio, già morto, dell'intellettuale Marcello Veneziani che criticò i transumanisti aspramente e senza addurre altre motivazioni, se non la gloriosa caducità del genere umano, in un articolo apparso su Libero il 20 aprile 2005; Campa inizia la sua replica, il giorno dopo e sempre sulle pagine di Libero, con un “Veneziani è uno tra i più profondi intellettuali italiani. Probabilmente, perché ha nel cromosoma quattro la struttura genetica del genio. Quindi è lui stesso un umano in transizione, un mutante, forse già un oltreuomo. Purtroppo si trova in uno stato di falsa coscienza e si crede umano come tanti. La falsa coscienza è probabilmente dovuta all'asfittica prospettiva umanistica di marca gentiliana alla quale il sistema scolastico italiano lo ha costretto. Prospettiva che gli vieta di riconoscere la scienza come uno strumento spiritualmente elevato...
...Si reca un'offesa a Dio cercando di imitarlo? E qui,caro Veneziani, ti giro la frittata. Chi manca di umiltà non è chi tende alla condizione superumana, un modo per avvicinarsi a Dio, ma chi si crede già il prodotto finale dell'evoluzione. Chi cerca di migliorarsi è ambizioso, è vero, ma certamente più umile di chi si crede già perfetto. Magari perché ha il gene giusto nel cromosoma quattro.”
Il secondo passaggio saliente, a mio avviso, del libro in questione è un articolo apparso su Avvenire il 12 luglio 2007, a firma di Lucetta Scaraffia, intervento che è illuminante di suo, anche nella sua chiosa che riporto integralmente: la scienza ucciderà la possibilità solo umana di trascendersi – possibilità che nasce dal senso del limite e del dolore – e della vera felicità, che senza dolore non può esistere. E la via seguita dai fautori della “libertà della scienza” a ogni costo sarà la difesa dei diritti civili, come già vediamo dall'allargamento dei diritti umani al piacere sessuale e alla possibilità di cambiare l'identità sessuale per motivi psicologici, tendenze che nascondono l'abbandono dei primi e più importanti diritti sanciti dalla dichiarazione del 1948: quello alla libertà religiosa e soprattutto quello che sancisce la dignità di ogni vita umana.
Credo sia superfluo commentare, no? Questi sono i nemici conservatori del progresso, coloro che si arroccano sui dogmi e sulla repressione della libertà individuale in nome di un potere temporale e dogmatico, figlio di neoplatonismi basati sulla superstizione. Che Campa stesso addita come motivo scatenante della fede dell'uomo nelle religioni – non nel misticismo, badate bene, che è tutt'altra cosa. Come si sconfigge la superstizione? Dando speranza all'umanità di farla vivere meglio, più a lungo, forse in maniera immortale, forse libera dai vincoli organici. È esattamente di questo che hanno paura i conservatori e i poteri forti che vi sono dietro. L'uomo nuovo 2.0 appare realmente prossimo, dietro il prossimo angolo.
100 commenti
Aggiungi un commentoOddio, alla luce degli ultimi post proporrei a Ernesto di dare fondamenta e struttura alla neodottrina del cisumanesimo quacchero, nella speranza che serva un poco ad imitare i brividi di freddo che tanto farebbero bene in questa calda e afosa parte dell'estate.
Penso che alla fin dei conti il transumanismo non possa che essere una religione, o quanto meno entrare in quell'ordine di idee. Questo perché deve forzatamente avere a che fare con una categoria di problemi - in definitiva, cos'è l'uomo e cos'è la sua identità, ovvero con un termine più arcaico la sua anima - che possono essere affrontati solo in questi termini.
Una religione peraltro non è necessariamente un fondamentalismo.
S*
Secondo me qui si parla di fondamentalismo e implicitamente anche di pensiero laico, perché il transumanismo e i suoi fautori si pongono, almeno in Italia, in maniera un po' settaria: noi saremo tutto, ho letto da qualche parte, tizio ha aderito al Connettivismo, ho letto altrove, e il buon Giovanni De Matteo non si rattristi. Ecco, finisco per ribadire: va bene cercare il nuovo - e dio sa quanto ce n'era bisogno in una scena che solo da poco si è distaccata dal tristissimo standard "ma l'ucronia è fascista o no?" Il transumanismo è affascinante quanto seminuovo nella scena culturale fantascientifica - un tempo c'era il cyberpunk, ma non avevamo detto che ci faceva schifo? Dal canto suo il connettivismo è seminuovo in quanto per vizio confusionario e verve pubblicitaria fa il verso - e non ci sono doppi sensi - al pamphlettismo di Filippo Tommaso Marinetti. Di nuovo c'è l'impatto, l'entusiasmo, il "volerci essere", il volersi allargare. Il desiderio di molti che fino a ieri navigavano senza speranza nella morta gora della fantascienza italiana, di "diventare qualcuno".
E' poi arrivato il riconoscimento, va aggiunto, dell'ambiente culturale, con due premi Urania in tre anni. A due romanzi, ricordiamocelo, notevoli.
Va tutto bene.
Ma attenzione a non trasformare l'entusiasmo in zelo e le idee in dogmi, perché, come si legge in certe sbrodolature, dietro l'angolo c'è già lo spauracchio di Scientology...
Allora, Ammiraglio, voglio intervenire ancora per sciogliere ogni dubbio residuo e ogni possibilità futura di equivoco. Innanzitutto ti ringrazio ancora per le parole sul mio lavoro, che fanno sempre piacere.
Però vedi, quando parliamo di transumanismo, tu lo riconduci al connettivismo, e viceversa. Ovviamente, ci sono dei transumanisti che si sentono connettivisti, come ci sono dei connettivisti che hanno aderito al transumanismo. Questo è innegabile e ognuno in fondo è libero di mettere in pratica le proprie scelte. Ma l'identificazione dei due movimenti è fuorviante.
Il rischio di questi discorsi è di generare proprio una sorta di self-fulfilling prophecy, o se non altro di far prevalere una percezione erronea. E questo non giova a nessuno.
Non è mai troppo banale, a quanto pare, ribadire che:
Il Connettivismo è un movimento culturale: i connettivisti scrivono e, in quanto scrittori, si pongono delle domande e non impongono delle risposte.
Che altri abbiano rinnegato il cyberpunk non è un problema mio. Se fossi nato un po' prima non avrei avuto riserve ad aderirvi, ma qui non siamo negli anni '80, sono passati vent'anni e, magari, potrebbe essere più interessante cominciare a guardare ai connettivisti come espressione di un ambiente fantascientifico marginale (come purtroppo è in Italia) e al contempo saldamente legati a uno scenario globale. E' questa probabilmente una delle nostre principali prerogative, insieme all'attenzione critica al progresso tecnologico che in Italia (dentro e fuori dalla SF) non è mai stato un approccio popolare.
Quando parliamo dei connettivisti, mi piacerebbe che se ne criticassero i lavori, che si discutesse sui romanzi e sui racconti. Il Manifesto, che io stesso ho contribuito a scrivere, ci sta creando più imbarazzi e complicazioni che vantaggi aggregativi. Non è voglia di esserci, lo ribadisco: era una provocazione e per me era scontato che venisse accolto come un atto estetico. Invece c'è troppa gente - per i miei gusti - che vi vuole leggere disposizioni dogmatiche e imposizioni di volontà, rivestendolo di una ideologia che gli è del tutto estranea.
I connettivisti esisterebbero anche senza quel Manifesto.
Forse, a questo punto, tanto varrebbe bruciarlo. Magari nell'assenza di quell'ombra a gravare su di noi, i nostri lavori potrebbero venire presi in considerazione con un po' più di serenità anche dagli appassionati di SF (e qui, per quanto dicevo in apertura, non mi riferisco direttamente a te).
In definitiva, da quanto ci è dato leggere dalle opere che formano la massa critica della nostra produzione, potremmo dire forse che:
il connettivismo è la frontiera sociale della fantascienza tecnologica italiana.
E il dibattito dovrebbe muovere da qui. Il tempo per la critica alle intenzioni (o alle presunte intenzioni) è ormai bello che finito. Ogni connettivista si può tranquillamente prendere il peso della responsabilità delle proprie dichiarazioni e affermazioni pubbliche, senza che per questo esse debbano essere estese automaticamente a tutti gli altri connettivisti. La pluralità è stato fin dall'inizio un valore, ma mi rendo conto che guardata dall'esterno questa fluidità rischia di generare confusione in chi è tradizionalmente abituato ad aspettarsi che un gruppo, per essere tale, sia monolitico, solido e compatto. La compattezza dei connettivisti deriva invece dal rispetto delle reciproche diversità. Siamo una pluralità, e capisco anche che questo possa non piacere, all'esterno.
Volendo spendere due parole in chiusura sul transumanismo, per avere partecipato nel passato alle discussioni interne dell'associazione italiana posso dire che è innegabile che vi siano due anime predominanti, ma nessuna delle due è davvero egemone: una più "positivista" che paradossalmente tende a rivelarsi la meno scientifica nel riconoscere al progresso la possibilità di risolvere tutti i mali dell'uomo (e questa sorta di "religione della scienza" non ha necessariamente una vocazione universale, ma tende a risolversi nell'affermazione: "il progresso ci metterà a disposizione le tecnologie per sollevarci dalla condizione umana; chi potrà accedervi, si salverà; quanto agli altri, sarà un problema loro" la seconda è più "problematica" e rifiuta l'attesa messianica del nuovo per interrogarsi più criticamente sulla diffusione delle tecnologie "postumanizzanti" nella società, sulle loro ricadute. Qualcuno, soprattutto all'estero, stava organizzando un approccio upwing che trascendesse la dicotomia antica tra visione di destra e visione di sinistra, ma non so onestamente a che punto si sia arrivati adesso.
Da un paio di anni ho smesso infatti di seguire le evoluzioni del dibattito interno a causa di sovraccarico di impegni. Ma non mi sono mai disinteressato al tema politico e sociale di base. Al contrario, mi sono concentrato sulle mie idee politiche (la costituzione programmatica dell'accelerazionismo, messo in piedi con altri amici, in parte anche loro membri in passato dell'associazione transumanista, in parte connettivisti) e sull'adozione di una prospettiva postumana nella fantascienza (il filone post-human, yes).
La mia idea è che se la WTA fosse stata più grande, si sarebbe già frazionata in una molteplicità di associazioni indipendenti e i diversi membri avrebbero infiltrato i diversi partiti politici storici, portandovi magari, in ogni caso, un minimo di svecchiamento delle idee. Ma anche il transumanismo resta per il momento molto circoscritto, come nucleo di pensiero e come numero di sostenitori e membri attivi, per cui risulta difficile ogni tentativo di travaso delle istanze condivise in un dibattito politico. In compenso la gente che non perde occasione di sollevare lo spettro non manca mai. Io penso che, anche in questo caso, un confronto critico ma paritario gioverebbe a tutti...
Ciao!
X
Concordo con l'intervento di X.
E aggiungo anche - per fare un esempio, ma soprattutto a riprova delle (chiarissime) parole espresse nel post che mi precede - che il sottoscritto, da connettivista, è poco interessato al movimento transumanista, così come alla Lega dei Mastri Mugnai (qualora esistesse), per motivi che non sto qui a elencare. Diciamo pure che non me ne frega niente, ecco, così da sfatare in maniera assolutamente serena questo legame che agli occhi di persone poco (e male) informate sembra consolidato, quasi istituzionalizzato (parola orribile, diciamolo).
Personalmente mi interessa il futuro, o meglio, l'immagine che del futuro è possibile trasfigurare attraverso il presente. Transumanismo e Connettivismo sono due realtà differenti e distaccate, il cui incontro è solo eventuale, come può esserlo l'incontro tra un movimento catastrofista i cui adepti sono convinti che il 2012 sia l'anno dell'apocalisse (magari una roba simile esiste pure, non so... il mondo è pieno di pazzi) e il Connettivismo, solo perché uno degli autori apparsi su NeXT ha scritto un racconto sulla possibile fine del mondo così come prefigurata dal Popul Vuh. Assurdo, no?
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