Un po’ come riparazione davanti alle proteste dei fan, un po’ perché così desiderava la

produzione, solo due anni dopo usciva il terzo episodio intitolato non certo a caso Star Trek III: The Search for Spock. Con il precedente e il successivo, il film andava a costituire una sorta di trilogia che trovò un elemento conduttore proprio nel personaggio di Spock. L’inconsueto lungo flashback iniziale servì inoltre per spiegare agli spettatori che avessero perso le precedenti puntate quale fosse il nocciolo della storia. Veniva ripescato il personaggio di David Marcus, il figlio di Kirk apparso in L’Ira di Khan, che simbolicamente muore (insieme all’altra figlia di Kirk, ossia l’astronave Enterprise da lui stesso distrutta) in questo episodio a mo’ di sacrificio necessario per ottenere il ritorno nel mondo dei vivi di Spock. Nemmeno questo bastò in realtà per assicurare un grande successo in termini di incassi (78 milioni di dollari guadagnati a fronte di 16 di budget), ma principalmente perché la settimana successiva all’uscita il film dovette affrontare la concorrenza spietata di Indiana Jones e il tempio maledetto; le recensioni furono invece favorevoli e il presidente Reagan, che assistette a una proiezione familiare durante un weekend, lo giudicò “niente male”. Il salto di qualità avveniva con l’episodio successivo, The Voyage Home (in Italia intitolato Rotta verso la Terra senza il consueto riferimento a Star Trek, per cercare così di incoraggiarne la visione per i nuovi spettatori). Dedicato all’equipaggio del Challenger, morto nel tragico incidente di quello stesso anno (1986), il film fu il primo e l’unico in cui non compariva l’astronave Enterprise, che – andata perduta nel precedente episodio – sarebbe stata rimpiazzata solo nel successivo. È invece il "Bounty", come il dottor McCoy ironicamente ribattezza l’incrociatore Klingon requisito nel precedente film, a ospitare l’equipaggio al comando di Kirk che di ritorno sulla Terra si ritrova inaspettatamente a dover affrontare la minaccia di un’astronave aliena che cerca invano di stabilire un contatto con le balene, estintesi due secoli prima. Per evitare che nella furia dovuta al mancato contatto l’astronave distrugga la Terra, Spock suggerisce un viaggio indietro nel tempo sfruttando le forze gravitazionali del Sole al fine di recuperare due esemplari di balena e portarli nel 23° secolo. Inizia così l’episodio senza dubbio più divertente e uno dei più fortunati della serie cinematografica, ambientato nell’America di fine anni Ottanta, diretto da un ispirato Leonard Nimoy (interprete, per chi non lo sapesse, proprio del personaggio di Spock) che firmava anche la sceneggiatura insieme a Roddenberry e ai produttori Harve Bennett e Nicholas Meyer. Il soggetto era infatti influenzato dall’appartenenza di Nimoy e Shatner all’associazione “Salviamo le balene”. Splendide le musiche di Leonard Rosenman, che riutilizzò qui parte del materiale usato per il Lord of the Rings animato di Ralph Bakshi e ottenne anche una candidatura all’Oscar. Il successo al botteghino (130 milioni di dollari) e di critica dimostrarono che Star Trek aveva ancora molto da dire.La fortuna non baciò invece il successivo episodio, il quinto, The Final Frontier, diretto questa volta da William Shatner autore anche del soggetto evidentemente un po’ pasticciato. Questa volta infatti l’equipaggio della nuova Enterprise (così nuova che è ancora in collaudo e manca praticamente di tutto) affronta addirittura Dio, o meglio qualcuno che gli assomiglia molto e che ha bisogno di un’astronave per uscire dal suo esilio dorato nel pianeta di Sha Ka Ree (il nome ricalca quello di Sean Connery, che gli autori volevano per il ruolo dell’antagonista del film).  A troppe disquisizioni religiose astruse e trovate poco convincenti si aggiungeva la scelta di introdurre come antagonista il personaggio di Sybok, nientemeno che il fratellastro di Spock. Tanto Spock è asservito al rigore della logica, tanto Sybok è dominato da emozioni e istanze messianiche. Lo stesso Roddenberry successivamente dichiarò “apocrifo” il personaggio, sconfessando in parte il valore del film stesso. Del resto l’incasso (meno di 55 milioni negli USA e poco più di 15 nel resto del mondo) decretò il fiasco al punto che in Italia il film non uscì mai nelle sale cinematografiche, ma direttamente nel mercato dell’home video.