Agli albori del futuro: visioni dallo spazio, l’ultima frontiera

Gli scenari futuri che prospettano possibili evoluzioni, anche lontanissime nel tempo, della società e della civiltà umana hanno segnato tappe importantissime nella storia della fantascienza. Dalle mutazioni esplorate nel nutrito filone catastrofista alle più ambiziose estrapolazioni scientifiche.

Si pensi solo al “filosofo cosmico” Olaf Stapledon e alla sua straordinaria forza anticipatrice (Last and First Man, 1930, pubblicato in Italia come Infinito; Odd John, 1935, pubblicato in Italia come Q.I. = 10000; Star Maker, 1937, tradotto come Il costruttore di stelle; Sirius, del 1944, pubblicato con lo stesso titolo in italiano); al ciclo della Strumentalità di Cordwainer Smith (una trentina di storie e un unico romanzo, Norstrilia, scritti tra il 1950 e il 1966, anno della sua morte, da troppo tempo assenti dalle pubblicazioni italiane [NOTE:186-->); alla prospettiva cosmica e alla metacoscienza interplanetaria de Le guide del tramonto di Arthur C. Clarke (Childhood’s End, 1953) o al racconto “La sentinella” (“The Sentinel”, 1948), motivo di ispirazione per il capolavoro kubrickiano 2001: Odissea nello Spazio, co-sceneggiato e poi romanzato dal grande maestro britannico; oppure, ancora, ai turbolenti panorami galattici, ai computer senzienti, agli umani potenziati e alle storie di trascendenza raccontate da Samuel R. Delany in La ballata di Beta-2 (The Ballad of Beta-2, 1965), Babel-17 (idem, 1966), Nova (idem, 1968) e in alcuni racconti, per esempio “Sì, e Gomorra” (“Aye, and Gomorra”, 1967, incluso nell’epocale Dangerous Visions, l’antologia manifesto della New Wave curata da Harlan Ellison) .

Nel novero possiamo includere anche Signore della Luce di Roger Zelazny (Lord of Light, 1967, ultima edizione in “Urania Collezione”), in cui i profughi della Terra instaurano su un lontano pianeta una civiltà avvolta nelle spire di una società oscurantista, in cui i discendenti dei primi coloni sono indotti a ritenere i loro progenitori – forti del pieno controllo di una tecnologia e una scienza avanzatissime – alla stregua di divinità del pantheon hindu; ed eventualmente Cacciatore di androidi di Philip K. Dick (Do Androids Dream of Electric Sheep?, 1968), se non altro come punto di partenza per la figura dell’androide/umanoide, che sarebbe stata ripresa e approfondita da K.W. Jeter nei suoi tentativi di dare un seguito letterario alla storia portata sul grande schermo da Blade Runner, tra i quali senz’altro risalta La notte dei replicanti (Blade Runner: Replicant Night, 1996) in cui le schiere di replicanti genetici sfruttati nell’impresa della colonizzazione interplanetaria cominciano a rappresentare un’alternativa all’evoluzione futura dell’umanità.

Al di fuori del genere vale senz’altro la pena di menzionare PLUS, il romanzo di Joseph McElroy del 1977, nel quale un ingegnere in fin di vita acconsente a partecipare a un esperimento che consiste nell’espianto del suo cervello e al suo inserimento in un satellite-sonda, interfacciato con dispositivi elettronici di rilevamento e comunicazione. Inutile dire che l’esperimento non darà i frutti sperati, ma condurrà a un epilogo imprevisto e drammatico .

Tutti i lavori citati contenevano, a uno stadio embrionale o più avanzato, pregiatissimi granelli di intuizione che avrebbero trovato la maturazione nelle opere successive. Una menzione speciale in questo contesto pre-postumanista (se mi si passa il gioco di parole) la merita senz’altro l’Uomo Più di Frederik Pohl (Man Plus, 1976 ), un romanzo epico e intimista allo stesso tempo, che parla di un uomo e delle alterazioni organiche che è costretto a subire per amore della sua patria e del suo sogno: Roger Torraway è infatti destinato a diventare il primo marziano, un uomo potenziato per adattarsi in maniera perfetta all’ambiente ostile del Pianeta Rosso. Il governo vede in lui l’ultima speranza di un mondo ormai sull’orlo del disastro sociale ed ecologico, e Roger si presta al sacrificio accettando di diventare un cyborg e rinunciando in questo modo alla propria umanità. Ma perderà davvero ogni istinto umano? In realtà, sulla sua testa si compie una battaglia tra forze più grandi, che solo a un livello a noi ancora accessibile riguarda le Intelligenze Artificiali. Quali forze si muovano più in alto, non è dato saperlo: è possibile solo immaginarlo.

In tutti questi titoli vengono prospettate società estremamente complesse, proiettate su scala galattica, che non si limitano a essere una semplice trasfigurazione dell’attualità, ma si sforzano di prefigurare “scientificamente” e “culturalmente” un possibile esito al percorso evolutivo della civiltà e della specie umana. È interessante notare come in nessuna di queste proiezioni l’umanità resti confinata sulla vecchia Terra e un ruolo cruciale nella transizione da specie “infantile” in civiltà matura sia giocato sempre dallo spazio, ovvero, in misura più o meno evidente, dal confronto dell’umanità con la sfida della nuova frontiera.