Totò Mezzojuso detto Picciriddu gettò rabbiosamente il giornale sul pavimento e andò alla finestra a prendere una boccata d’aria. Non ne poteva più.La situazione in Sicilia stava degenerando, la tensione si era acuita con gli ultimi attentati e la tranquillità dell’estate era scomparsa. La temperatura, quell’agosto di inizio secolo, era altissima. E Totò Mezzojuso, responsabile dell’ordine nei quartieri alti di Palermo, stava rischiando grosso.Bussarono alla porta. Totò fissò la pesante porta di legno pregiato. — Avanti — disse infine.

Entrò un piccolo uomo con un giubbotto di cuoio nero, la barba irta, una cicatrice sulla fronte. Era Mimmo Scandone, un capobanda al suo servizio. Era agitatissimo. Totò lo investì con tono iroso. — Allora, che diavolo vuoi?

— Don Picciriddu, c’è la gente in piazza. Urlano, protestano.

— Lo so benissimo. Ma i nostri che fanno? C’è qualche novità?

— Nessuna, don Picciriddu. Gli attentatori sembrano svaniti nel nulla.

Totò strinse i pugni. — Sparisci — ordinò.

La porta si richiuse. Totò tornò a guardare fuori. Dalla sua finestra poteva intravedere l’edificio di vetro della Nuova Onu, nella zona sud di Palermo. Si chiese cosa ne pensavano i rappresentanti dei paesi stranieri dell’efficienza, un tempo leggendaria, della Mafia siciliana, che aveva portato l’Italia negli ultimi anni del secolo all’attuale ruolo di leader mondiale.

Si chinò a raccogliere il giornale. Il titolo di prima pagina era pressappoco lo stesso riportato dagli altri quotidiani: “Ucciso il boss Marsala. Un nuovo attentato governativo getta la Sicilia nel caos.” Totò scosse la testa e si chiese cosa avrebbe potuto fare. Gli uomini del governo non avevano un’organizzazione. Erano una massa di individualisti, e la clandestinità non aveva migliorato i loro rapporti interni. Continuavano a  essere divisi come ai tempi in cui reggevano le sorti del paese. Ma proprio per questo motivo erano più difficili da scovare, e ancora più difficili da prevedere. A volte uno di loro veniva catturato e faceva di tutto per tradire e smascherare i compagni, ma loro stessi sapevano bene che correvano costantemente questo tipo di rischio e cambiavano continuamente nome e residenza. Così anche le rivelazioni dei governanti pentiti servivano a poco.