L’efficientissima Mafia, che negli ultimi vent’anni aveva rivitalizzato l’economia italiana, sanato il debito pubblico e portato la ricchezza alla penisola, insieme al potere politico, cominciava a essere in difficoltà. E nel momento in cui gli altri centri di potere mondiale, la Triade, gli Yakuza o i Marsigliesi, avessero cominciato a pensare che la Mafia si era davvero indebolita, sarebbe stata la guerra.Ciò non doveva accadere, pensò Totò. La Mafia doveva prendere provvedimenti.Bussarono nuovamente. — Avanti, Mimmo — disse Totò. Ma non era il piccolo capobanda. Erano tre uomini vestiti di nero con occhiali scuri. Totò impallidì. — E voi chi siete? — domandò, temendo di conoscere la risposta. L’uomo più anziano dei tre si tolse gli occhiali. — Totò Mezzojuso, la cittadinanza non è contenta del tuo operato. E neppure Don Riina. Nella tua zona onorevoli boss vengono uccisi come cani. Che misure hai preso al riguardo?— I miei picciotti stanno battendo ogni strada e…— Sembra che non basti, don Totò. Don Riina pensa che tu non meriti più la responsabilità che ti aveva concesso. Sai cosa devi fare.Totò cercò con gli occhi una via d’uscita. La finestra era impossibile: erano troppo in alto. E la porta era bloccata dai tre uomini. — No, vi prego, io non… — Se non vuoi farlo tu con onore, ci penseremo noi — disse l’uomo anziano. Fra le braccia degli altri due erano apparsi come dal nulla due fucili mitragliatori Uzi.La Mafia aveva cominciato a prendere provvedimenti.