È quando All along the Watchtower nella versione cantata da Jimi Hendrix commenta il viaggio di Nite Owl e di Rorschach alla volta del rifugio segreto di Ozymandias ;che Watchmen diretto da Zack Snyder raggiunge il suo momento "più alto".

Più film di fantascienza che pellicola dall’impianto fumettistico, Watchmen rispetta in pieno l’impianto ucronico del romanzo grafico originale creato da Alan Moore e da Dave Gibbons cui resta estremamente fedele sia sotto il profilo visivo che dal punto di vista psicologico.

Lungo due ore e quaranta, violento con punte di un certo sadismo soprattutto quando sulla scena c’è Rorshach il cui diario costituisce la basa della narrazione, Watchmen racconta la storia di un ex gruppo di supereroi all’indomani del probabile olocausto nucleare che si sta per scatenare sulla Terra nel 1985. Richard Nixon è stato eletto cinque volte presidente degli Stati Uniti ed è pronto a rispondere alle provocazioni sovietiche. Vincitore della guerra del Vietnam grazie al coinvolgimento del Dottor Manhattan e di parte degli Watchmen, Nixon è ancora Presidente in virtù dell’avere modificato la Costituzione e, soprattutto, in virtù dell’assassinio dei due giornalisti che nel nostro presente hanno portato allo scandalo Watergate.

Il Dottor Manhattan, un brillante scienziato trasformato in un essere potentissimo da un incidente occorso in laboratorio vive ritirato con la sua compagna Silk Spectre II, figlia di una della fondatrici, negli anni Quaranta, dei Minutemen, il primo gruppo di supereroi in costume. Manhattan sta cercando insieme ad Adrian Veidt alias Ozymandias la possibilità di fermare la potenziale serie di ordigni atomici lanciati dall’Unione Sovietica.

Nel frattempo, il Comico, un altro ambiguo supereroe violento ed implicato in una serie di azioni efferate tra cui l’assassinio di John Kennedy, viene misteriosamente ucciso. Rorshach sostiene trattarsi di un piano di qualcuno per eliminare tutti gli ex Watchmen e inizia un’indagine che lo porterà non solo ad ottenere delle scoperte inquietanti, ma anche a finire chiuso in prigione con diverse decine di assassini e di criminali che ha fatto personalmente di arrestare.

Esattamente come il romanzo grafico Watchmen è un film estremamente interessante e unico nel suo genere. Oltre a ripercorrere seguendo punti di vista differenti quasi cinquanta anni di storia americana, è una pellicola che in maniera brillante sfrutta un’imponente serie di effetti visivi per mettere in scena una trama politicamente e socialmente molto rilevante che scava nel marcio della piccola e della grande storia del mondo per restituire allo spettatore una trama dalle suggestioni sessualmente languide e dalla messinscena violenta e talora perfino un po’ "estrema".

Così come il romanzo grafico originale, Watchmen non è né un film facilmente accessibile, né tantomeno "per tutti". Snyder è stato particolarmente bravo nel tutelare la complessa dimensione narrativa del lavoro di Alan Morre, seguendo punto per punto l’introspezione psicologica dei diversi Watchmen raccontati con senso dell’umorismo, ma – al tempo stesso – lasciando spazio alla fenomenologia inquieta e dinamica delle loro inquietudini e lacerazioni.

Un misto intelligente e lungimirante di contenuto e forme, che tra citazioni cinematografiche, suggestioni della cultura pop e un grandissimo amore dalla natura filologica del lavoro originale fa di Watchmen un film unico e sorprendente con qualche inevitabile falla che, però, sembra venire assorbita agilmente da una storia e da una trama figlie delle inquietudini di un’era.

Watchmen non è un "popcorn movie". O, almeno, non è un qualcosa che si può vedere così ‘a cuore leggero’ e che può essere apprezzato meglio da chi riesce ad entrare nei dettagli e nelle nuances del lavoro di Snyder che oltre a portare sulla scena icone politiche di un’epoca come Henry Kissinger e Fidel Castro, utilizza decine di facce della storia degli Stati Uniti (da Andy Wahrol a Lee Iacocca) per radicare nell’immaginario collettivo una trama originale e straordinaria.

Imperdibile è anche la sequenza dei titoli di testa con una serie di fotografie viventi in commentate da Bob Dylan e dalla sua The times they are a-changin’. Un’altra prova, qualora, ci fosse bisogno dell’immenso talento e della grandissima qualità del lavoro di Zack Snyder che fa di questo film una celebrazione muscolare e colta di un romanzo grafico intrigante e unico.