Nell’universo dei comics sembrerebbe che atomi & radiazioni vadano a braccetto con la salute meglio di raffreddore e vitamina C. È un segno che l’immaginario funziona a uranio? Forse sì. Quello oltreoceano sicuramente.

Intorno agli anni Sessanta, quando il sogno futuribile di un’Era Atomica si trasforma nell’incubo di una Guerra Atomica, la somma Uomo + Radiazione invece di dare come risultato “cadavere” sforna nei fumetti americani un soggetto nuovo. Più vivo, più sano, incarnazione di una modernità che (per quanto sinistra) offre molti vantaggi al prezzo di un sacrificio minimo: venire disintegrati. Si può partire dalla Charlton Comics. La casa editrice del Connecticut già dal 1953 non era nuova a queste tematiche, esplorate da Al Fago e Pat Masulli con personaggi come Atomic mouse, Atomic cat, Atomic bunny e Atomic rabbit. Nel 1960 la Charlton va alla ricerca un pubblico più adulto e nel # 33 di Space Adventures, fa esplodere in missione l’astronauta Allen Adam durante il test di una capsula aliena. Davvero un inizio col botto. Il facsimile del cabalistico Adam Kadmon, entra in intimità con la fisica quantistica in forma sparsa di nuvoletta e fa un giro nel futuro per tornare integro e munito di super-poteri. L’incidente che l’ha reso Captain Atom codifica così una formula tanto azzeccata da aprire la pista ad altri colleghi tutti traboccanti della stessa potenza. Una bella novità, visto che l’unico super-precedente in tal senso è il cattivo di professione Atom Man (al secolo Lex Luthor), che affronta Superman in un serial anni Cinquanta della Columbia Pictures.

Qualche anno più tardi. Negli albi della Dell Comics assistiamo alla sorte di Matthew Gibbs, il pilota di un aereo-spia che viene nuclearizzato nel 1965 dai missili cinesi. Arricchito dall’involontario tête-à-tête con l’energia atomica e incapace di abbandonare la forma umana, Gibbs torna all’attività di spionaggio nelle vesti mascherate di Nukla. Pur usando con parsimonia i suoi nuovi poteri, l’eroe si scaricherà dopo appena quattro numeri, per scivolare presto nel dimenticatoio.

Il Doctor Raymond Solar, in barba al cognome a basso impatto ecologico, è la replica della Gold Key Comics alla domanda: “cosa accadrà esponendo un fisico a una massiccia dose di radiazioni letali?” La risposta è facile, soprattutto se non vi mancano un paio di metri di lycra rossa, una visiera e un po’ di fantasia sartoriale. Particolare interessante, la tuta che Solar indossa con tanto di simbolo radiattivo sul petto, oltre a dargli un appeal da vero super-eroe, serve a proteggere gli altri dal suo stesso potere. Insomma, il nucleare è bello, sembrano dire tra le righe gli autori, ma tenersene un po’ alla larga è meglio.

Un messaggio analogo riguarda Firestorm, che volteggia dal 1978 a oggi sulle pagine della DC Comics. ;;Nel suo caso, la schizofrenia insita nel dualismo vantaggio/minaccia si manifesta nella doppia identità del protagonista, mix dello studente Ronald Raymond con il fisico Martin Stein, che formano un unico eroe atomico dalla capigliatura fiammeggiante (e le idee confuse).

Il self made super-man, fornito da mamma natura di doti superiori alla massa, ha lasciato il passo all’uomo della strada inciampato in una scienza un po’ maldestra (ma generosa) che manda in pensione Darwin rimodellando a modo suo la specie. Non sempre in meglio. Ci stiamo avvicinando a una visione più problematica della faccenda, sempre più vicina alla realtà. Gestire un sacco di energia, infatti, può fare comodo solo finché il suo contenitore non dà qualche segno di cedimento. Ed è proprio quello che accade alla testolina dello scienziato Bruce Banner, che irrorato per sbaglio dai raggi della bomba gamma dà la stura alla rabbia incontrollata di Hulk, lo sfascia-metropoli verde della Marvel. A poco servono le più civilizzate varianti cromatiche Joe Fixit (Hulk Grigio) e il recente Rulk (Hulk Rosso), la frittata è fatta e i suoi esiti non sono più tanto buoni.