L’apertura di un nuovo negozio dall’insolito nome di Cose Preziose è fonte di curiosità per i cittadini della piccola località di Castle Rock, dove soprattutto nei mesi invernali, lontani dalla stagione turistica, basta poco per attirare l’attenzione. Dietro la tenda colorata, al di la della vetrina nella quale vengono esposte di volta in volta cianfrusaglie varie, opera l’ineffabile gestore del negozio, Leland Gaunt. Battendo la concorrenza la prima a fargli visita è Polly Chalmers, portando una torta al cioccolato di benvenuto al nuovo arrivato. Polly ha un negozio di ricami e rammendi li vicino, soffre di una dolorosa forma di artrite ed ha una relazione con lo sceriffo della cittadina, Alan Pangborn. Essendo il primo giorno di apertura di li a poco comincia un frenetico andirivieni di curiosi e potenziali clienti e la campanellina posta alla porta d’ingresso suona innumerevoli volte. Sembra che il negozio abbia qualcosa per tutti: da rare figurine di sportivi famosi a vasi in ceramica di grande effetto, da giochi in scatola con piste di cavalli a introvabili foto di Elvis (dagli effetti afrodisiaci). C’è anche un amuleto che pare avere effetti benefici sui dolori di Polly. Ma cosa contiene veramente? E cosa spinge di li a qualche giorno due donne che hanno visitato il negozio ad assalirsi con furia omicida? E, soprattutto, chi è il signor Gaunt e cosa vuole veramente dagli abitanti di Castle Rock?

Stephen King lo si ritrova come un vecchio cantastorie che, di tanto in tanto, si affaccia dalla nostra libreria proponendoci una nuova appassionante versione dello scontro senza fine tra bene e male. Con Cose Preziose ci riporta ancora una volta nella località immaginaria dove già si erano svolte le vicende di alcune delle sue migliori creazioni (La zona morta, Cujo). L’inizio è pacifico e sonnolento, sin troppo. Ci vogliono almeno cento pagine prima che qualcosa cominci a muoversi in concreto. Preparare il terreno va bene ma rimane il sospetto che al King ormai diventato Mister Best Seller sia mancato un editor in grado di imporre tagli, quando necessari, e ridimensionare lungaggini. Se questo libro fosse stato almeno duecento pagine più corto non ne avrebbe certamente sofferto, anzi. C’e un grande affollarsi di personaggi, sin troppi. In passato l’autore ha dimostrato di saperne ben maneggiare in gran numero, come ne L’ombra dello scorpione, ma stavolta pare non riuscire a giocarseli altrettanto bene e alcuni di loro rimangono ai margini della narrazione, sfocati e un po’ abbandonati a se stessi. È tuttavia inalterata la sua capacità di delineare con destrezza l’intimo sentire dei personaggi principali e di appassionare il lettore con le immagini e le suggestioni che lo hanno reso giustamente famoso e celebrato. Il lento affondare della cittadina in un clima di follia collettiva è sviluppato con dovizia di particolari e con le consuete trovate ironiche, con sconfinamenti quasi nel grottesco. Si perdonano quindi a King le tracce narrative che poi si perdono in niente e certe “materializzazioni” in vista del finale che risultano un po’ troppo convenzionali (si pensi alla scena di Polly nel bagno). Cose preziose è dunque non certo una delle punte della produzione kinghiana ma per coloro che conoscono l’autore sarà come ritrovarsi ancora una volta in territori familiari e sempre in grado di regalare pagine degne di essere lette. Stavolta prendendosi neanche troppo sul serio.

L’autore. Stephen King è certamente l’autore di storie fantastiche e orrorifiche più popolare dell’ultima parte del ‘900, erede dei Poe e Lovecraft cresciuto letterariamente nutrendosi delle lezioni dei Block, Bradbury e Matheson. È nato a Portland nel 1947, ha frequentato l’Università del Maine laureandosi in lingua Inglese nel 1970 ed è diventato scrittore professionista nel 1974, a seguito del successo del suo romanzo d’esordio Carrie, al quale sono seguiti un numero impressionante di best seller dai quali sono stati tratti anche molti film (spesso e volentieri largamente inferiori ai romanzi o racconti dai quali erano tratti, salvo alcune notevoli eccezioni).

L’estratto. “I battisti di Castle Rock, guidati dal reverendo William Rose, e i cattolici di Castle Rock, guidati da padre John Brigham, si schiantarono gli uni negli altri ai piedi di Castle Hill con un cozzo quasi udibile. Non valsero le regole del marchese di Queensberry, non ci furono leali cazzottature da gentiluomini; erano lì per strappare occhi e nasi. Possibilmente per uccidere.”