Massimo Pietroselli in un'elaborazione sulla base di una copertina di Urania (di Karel Thole)
Massimo Pietroselli in un'elaborazione sulla base di una copertina di Urania (di Karel Thole)

Come nasce un tuo racconto o un tuo romanzo? E' un tema fantascientifico di base a produrre la trama e i personaggi o, al contrario sono i personaggi e le situazioni a suggerirti il tema fantascientifico?

A questa domanda non so rispondere con certezza. Diciamo che, ad un certo momento, cominciano a ronzarmi nel cervello delle immagini, delle situazioni... allora, me le appunto su un taccuino. E le lascio lì. Di tanto in tanto le ritiro fuori e le rimugino. Aspetto che l'inconscio faccia il suo lavoro, insomma, e pian piano alcune idee si sviluppano, crescono, si aggregano... raggiunta una certa massa critica, comincio a scrivere. Di solito ho una scaletta parziale, so come cominciare, come finire e due o tre strade da percorrere, ma non ben delineate, giusto dei sentierini nella giungla che collegano le scene madri... sta ai personaggi scegliere come arrivare fino alla fine. E ogni tanto, me la cambiano pure!

Da molti autori di fantascienza ho sentito dire che l'esperienza della pubblicazione, vista da tutti gli aspiranti scrittori come un punto di svolta, è molto deludente: passata l'euforia, ci si ritrova esattamente nella condizione di partenza, senza che sia in alcun modo più facile pubblicare il romanzo successivo. Confermi questa sensazione? Sai suggerirne cause e rimedi?

Confermo la sensazione in pieno. Francamente, non so indicare con sicurezza delle cause, e di certo non i rimedi, altrimenti avrei pubblicato ottocento romanzi! Forse gli editori dovrebbero investire nelle "risorse umane", nel senso che dovrebbero aprire un dialogo con i propri autori. Ascoltarli e stimolarli. Ma per far questo, credo occorra anche un diverso mercato per le opere fantascientifiche.

Si è molto discusso della "crisi della fantascienza", per cui le collane specializzate in questo genere riescono a raggiungere solo un pubblico molto limitato. Secondo te è una situazione reversibile? Esiste ancora un pubblico per la fantascienza? Il "crossover" tra i generi è una soluzione, o solo un altro modo di chiamare la morte della fantascienza come genere autonomo?

Io sono convinto che un pubblico per la fantascienza esista eccome: resta da vedere per quale fantascienza. La fantascienza è un genere molto ampio, come il giallo: chi ama Agatha Christie potrebbe disprezzare James Ellroy e viceversa. Io, per esempio, non amo la space opera, non mi interessa e persino mi irrita. Le contaminazioni, il crossover non sono escamotage per frenare l'emorragia di lettori, sono il succo di qualsiasi forma di letteratura: naturalmente, ci sono quelle riuscite e quelle non. Ad esempio, lo steampunk è un triste manierismo, secondo me. Ma Hyperion, con quella superba cornice che rimanda al Decamerone e ai Racconti di Canterbury e che contiene al suo interno diverse forme di SF, è un capolavoro, una gioia per la mente. Personalmente, però, io credo che l'interesse primo della fantascienza risieda nel fatto che essa non parla del futuro, ma del presente. Ipertrofizza certe tendenze in atto e le trasporta nel futuro, le deforma: e così facendo le denuncia.