“C’è una quinta dimensione oltre a quella che l’uomo già conosce, è senza limiti come l’infinito e senza tempo come l’eternità. È la regione intermedia tra la luce e l’oscurità, tra la scienza e la superstizione, tra l’oscuro baratro dell’ignoto e le vette luminose del sapere. È la regione dell’immaginazione, una regione che si trova… Ai Confini della Realtà!”
Quasi tutti gli appassionati di fantascienza, sia di quella letteraria sia di quella televisiva, conoscono - o quantomeno ne hanno sentito parlare - Ai confini della Realtà: un vero e proprio classico del fantastico catodico.
Chi ha avuto la fortuna di vedere gli episodi – in un bianco e nero d’altri tempi, ma altamente suggestivo – sa che ad introdurre quella fantastica (in ogni senso) serie antologica era introdotta da un uomo composto e serio, vestito di nero e con una cravatta altrettanto nera, o perlomeno scura. L’uomo con tono compassato introduceva lo spettatore all’episodio che di lì a qualche minuto sarebbe andato in onda. Quell’uomo, quel novello Virgilio dell’Inferno dantesco, altri non era che il creatore del serial: Rod Serling.
Non è possibile immaginare cosa avrebbero fatto registi come Steven Spielberg o George Lucas, scrittori come Stephen King e nemmeno “creativi” alla Chris Carter, senza la magia ispiratrice di questo classico tra i classici. Dal 1959 al 1964 le frequenze della Columbia Broadcasting System ospitarono il palcoscenico dello show più eccentrico ed avvincente della storia della televisione americana.
Twlight Zone, la Zona del Crepuscolo, fu anche il prototipo su cui costruire tante successive serie “antologiche” (prive cioè di protagonisti ed ambientazioni fisse) e per quei cosiddetti omnibus-movie (gli horror a episodi della Amicus, ad esempio) che stazionarono a lungo in tutta la produzione fantastica degli anni ‘60-70. Uno show che, al di là dei pur interessanti effetti speciali, si affidava a solidi scrittori per solide storie. Tre i “deus ex machina” più noti: lo stesso Serling, Richard Matheson e Charles Beaumont. Accodtiamo Serling a questi due grandi autori non solo per le sceneggiature di Ai Confini della Realtà, ma anche perché spesso si dimentica che il creatore di una delle serie più belle in assoluto della storia della tv, fu anche uno scrittore e pubblicò alcuni dei più interessanti episodi della serie in forma di racconto.
L’Uomo in nero
Singolare figura quella di Serling. Nasce nel 1924 a Syracuse, stato di New York, il giorno di Natale(!). Arruolatosi proprio mentre si consumavano gli ultimi atti della Seconda Guerra Mondiale, viene ferito nelle Filippine e già durante la convalescenza passa il suo tempo ad appuntare idee e racconti per quella che diventerà la sua professione di base. Dopo un lungo apprendistato alla radio, per lui si aprono le porte del nuovo, potentissimo, medium televisivo. Uno dei suoi primi lavori, A Long Time Till Dawn (1953), si ritrova fra gli interpreti un James Dean non ancora famoso, bello e dannato. Seguono numerose altre sceneggiature d’altalenante qualità fino alla stesura di alcuni episodi per la notissima Playhouse 90 della CBS. Il successo di queste ultime storie gli conquista un certo credito che decide di spendere tutto quando, nel 1957, propone per la prima volta ai dirigenti del network il progetto di uno science fiction drama con episodi di mezz’ora e la sceneggiatura già pronta del “pilota”. L’idea viene accettata a metà perché bisogna verificare per bene le sue reali possibilità (a cominciare dagli eventuali sponsor). Il pilot viene così realizzato, ma inserito proprio nella collaudata Playhouse. Si intitola The Time Element ed è la rielaborazione di una storia scritta da Serling nell’immediato dopoguerra. Ha per protagonista un uomo (l’attore William Bendix) che riesce a tornare indietro nel tempo fino alla Pearl Harbour del 6 dicembre 1941, ma non riesce a convincere nessuno dell’imminente attacco giapponese. L’atmosfera irreale di The Time Element, il ritmo concitato ed inesorabile (da autentico weird tale), conquista le tele-platee dell’epoca. La CBS concede finalmente il suo ok per la produzione regolare dello show che debutterà ufficialmente il 2 ottobre del ’59 e raggiungerà l’Italia tre anni dopo conquistandosi anche da noi lo status di trasmissione-cult.
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