di

Valerio Evangelisti

Vita di Nicolas Eymerich

Dopo sei romanzi e tante avventure, è forse il caso di ricapitolare brevemente le imprese dell'inquisitore più famoso, e certamente l'unico amato dai lettori di fantascienza...

Nicolas (Nicolau in catalano) Eymerich nasce a Gerona nel 1320, figlio di doña Luz e di mossen Ramon Eymerich, appartenenti alla piccola nobiltà locale. Si hanno scarsissime notizie sulla sua infanzia e sulla sua adolescenza. Figlio unico, nulla parrebbe indirizzarlo alla condizione religiosa, se non un'intensa vocazione. Prende i voti nel 1334.

Lo ritroviamo studente domenicano, sotto la guida di padre Dalmazio Moneri, nelle scuole di Tolosa e di Salamanca, poi a Saragozza, dove trascorrerà gran parte della propria vita. E' qui che viene notato da padre Agustìn Torrelles, inquisitore generale del regno d'Aragona, e da Nicolau Rossell, suo braccio destro per la Catalogna. Entra a far parte del Tribunale dell'Inquisizione, per il quale istruisce importanti processi, tra cui quello contro il francescano spiritualista Juan de Pera Tallada, condannato alla reclusione a vita.

Nel 1348 Eymerich si ammala di peste, ma riesce a sopravvivere al contagio che sta decimando l'Europa grazie a un'incredibile forza di volontà. Nel 1352, alla morte di padre Agustìn Torrelles, ne prende il posto, vincendo le riserve delle autorità di Saragozza con un audace colpo di mano. E' di questo periodo la sua lotta contro le streghe votate al culto di Diana, narrata nel primo volume della biografia ufficiale di Eymerich (Eymerich I: Nicolas Eymerich, inquisitore).

Il successo, replicato l'anno successivo con la vittoria a Barcellona contro il sinistro demonolatra Astruch de Biena (Le segrete di Eymerich, racconto), procura a Eymerich la benevolenza di re Pietro IV il Cerimonioso. Nel 1354 questi chiede all'inquisitore di accompagnarlo nella spedizione in Sardegna contro Mariano, giudice di Arborea, che si è ribellato alla corona aragonese. E' per merito di Eymerich se Alghero cade, e se viene cancellato il culto immorale del Sardus Pater praticato nella grotta di Nettuno (Eymerich IV: Il mistero dell'inquisitore Eymerich). Questa volta, però, il re non è per nulla soddisfatto dell'operato del domenicano. E' l'inizio di un'ostilità tra i due che si protrarrà per gli anni a venire.

Rientrato in patria, Eymerich svolge con spietata energia la sua funzione, tanto da attirarsi le simpatie di padre Arnaud de Sancy, il terribile priore dell'Inquisizione di Carcassonne. Quando nel 1358 a Castres, nella Francia meridionale, si verificano raccapriccianti casi di vampirismo, il priore vi manda Eymerich in missione. L'inquisitore smaschera una setta dedita a riti dimenticati, e la reprime con tanta ferocia che i cronisti del tempo preferiranno non fare menzione dell'accaduto (Eymerich III: Il corpo e il sangue di Eymerich).

In questa occasione, Eymerich incontra quello che sarà per qualche anno il suo più stretto collaboratore, il castigliano padre Jacinto Corona. E' con padre Corona che, nel 1360, viene inviato dal papa Innocenzo VI a Figeac, dove un'orda di morti viventi scaturiti dal nulla minaccia la stipula del trattato di Brétigny, destinato nelle intenzioni a concludere la guerra poi detta dei cent'anni. Eymerich sembra sul punto di soccombere, ma alla fine ha la meglio contro un antico nemico che ha ordito il complotto, forse identificabile, per i commentatori più fantasiosi, con l'Anticristo (Eymerich V: Cherudek).

Condotta a termine la missione e tornato a Saragozza, Eymerich non ha modo di riposarsi a lungo. Pietro IV d'Aragona ha ormai apertamente abbracciato la causa degli eretici beghini, che danno alle fiamme il palazzo dell'Inquisizione. Intanto, un'oscura minaccia proveniente da mondi lontani, e alimentata dalla magia islamica, costringe l'inquisitore ad addentrarsi nel regno arabo di Granada e a combattere misteriose forze celesti (Eymerich VI: Picatrix, la scala per l'inferno). Questa volta, in luogo di padre Corona, ha al proprio fianco l'ebreo convertito Alatzar, che riapparirà in altre avventure.

Il clima di Saragozza sta divenendo per l'inquisitore irrespirabile. Tra l'altro, si sta adoperando per la condanna postuma della filosofia di Raimondo Lullo, cara ai regnanti d'Aragona ed estremamente popolare. E' costretto a trasferirsi ad Avignone, ospite del papa Urbano V, suo antico protettore. Qui, indifferente all'ostilità della curia, mette mano a quel Directorium Inquisitorum che gli assicurerà fama imperitura.

Ma nemmeno ad Avignone la vita di Eymerich è tranquilla. Nel 1365 il pontefice lo incarica di rintracciare una comunità di catari che, sopravvissuta alle persecuzioni, si è insediata a Châtillon, nella Valle d'Aosta. L'inquisitore vi si reca in compagnia di padre Corona, e scopre nel villaggio creature mostruose e apparentemente immortali. Questa volta la sua vittoria non è piena; anzi, rischia seriamente la morte, a cui si sottrae con un espediente degno della sua astuzia (Eymerich II: Le catene di Eymerich).

L'inquisitore si ristabilisce a Saragozza, riordina il proprio tribunale e tiene testa come può alle insidie di Pietro IV. Sono di questo periodo alcune delle sue opere più importanti, come il Dialogus contra lullistas, il saggio Contra haereses Arnaldi de Villanova e la biografia del proprio maestro Dalmazio Moneri. Sta intanto emergendo, quale suo principale nemico, il negromante Ramon de Tàrrega, contro il quale scrive il volume Contra daemonum evocatores. Un primo scontro con costui avviene nel 1369, quando Eymerich è chiamato a Montiel dal re di Castiglia Pietro il Crudele, assediato dal fratellastro pretendente al trono, Enrico di Trastamare. La cupa tragedia di Montiel vede Eymerich rimodellare con l'astuzia i destini della Spagna, mentre è alle prese con un segreto orrendo nascosto nelle formule della cabala ebraica (Eymerich VII, titolo non ancora definito).

Seguono varie vicissitudini, tra cui numerosi viaggi: in Sicilia, dove Federico IV appoggia senza remore i beghini, in Sardegna, dove infuria una nuova rivolta guidata da Eleonora d'Arborea, e nella Germania meridionale, contro la setta dei Fratelli del Libero Spirito. Accompagna il pontefice Gregorio IX a Roma, e vi si ferma dal 1376 al 1378. Al momento dello scisma d'occidente, prende posizione a favore di Clemente VII e istruisce il processo a carico di San Vincenzo Ferrer, già conosciuto quando questi era ragazzo, che inizialmente sembra sostenere l'antipapa Urbano VI. San Vincenzo è costretto all'abiura.

Eymerich ritorna in Aragona, dove beghini e lullisti continuano a rendergli la vita difficile. L'inquisitore reagisce con la consueta violenza, forte dell'appoggio di Avignone, e moltiplica i roghi di eretici. Nel 1388 l'intera città di Valenza si ribella alla sua crudeltà e lo sottopone a un pubblico processo. Eymerich ne approfitta per regolare i conti col negromante Ramon de Tàrrega, e per infliggere alla cittadinanza un castigo biblico.

Ma si è spinto troppo oltre. Perde la carica di inquisitore generale del regno, che passa a un suo nemico personale, padre Bernat Ermengaudi. Il nuovo re d'Aragona, Giovanni I, che inizialmente lo aveva protetto, gli ritira il proprio appoggio e nel 1393 lo fa esiliare. Eymerich passa i suoi ultimi anni ad Avignone a scrivere e saggi e a perfezionare il proprio Directorium, completato fin dal 1376. Muore, in circostanze sconosciute, il 4 gennaio 1399.

La sua tomba, nel convento di San Domenico a Gerona, reca la scritta "Predicator veridicus, inquisitor intrepidus et doctor egregius". Ma, misteriosamente, è vuota.

Per gentile concessione di Arnoldo Mondadori Editore