Elena Di Fazio ha vinto il premio Urania 2020 con il romanzo Resurrezione, in edicola a novembre nell'omonima collana della Mondadori. È la terza donna a vincere il prestigioso premio della Mondadori. La Di Fazio è ben nota agli appassionati, grazie a molti racconti pubblicati in varie antologie, con cui è arrivata anche finalista ai premi Alien, RiLL, e al suo lavoro di editor, senza dimenticare che ha vinto con il romanzo Ucronia (Delos Digital) il premio Odissea e il premio Italia. Laureata in Teorie della Comunicazione, la scrittrice ha fondato con Giulia Abbate l'agenzia letteraria Studio83 con cui cura anche la collana Futuro presente di Delos Digital dedicata alla fantascienza sociale.

A Elena abbiamo posto alcune domande sul suo romanzo e sulla sua attività di editor.

Sei la terza autrice a vincere il Premio Urania, dopo Nicoletta Vallorani che lo ha vinto nel 1992 e Francesca Cavallero vincitrice nel 2018. Cosa significa per te questo importante riconoscimento, all’interno anche del tuo percorso letterario?  

Per una persona che scrive fantascienza il Premio Urania è un riconoscimento impagabile, come lo è pubblicare un romanzo nella storica collana Mondadori, quindi sono felicissima ed emozionata per il risultato. Spero sia un punto di partenza per il futuro!

Come giudichi l’attuale momento che sta vivendo la fantascienza italiana? C’è indubbiamente molto fermento e personalmente ho profetizzato che prima o poi esploderà, con autori che verranno pubblicati anche da editori non specializzati e con un peso editoriale molto significativo. 

Mi sembra un momento molto vivo, le pubblicazioni sono tante e c’è dell’offerta di qualità. Vedo interesse verso il genere anche da parte di contesti più mainstream, attirati da novità come il solarpunk. La speranza naturalmente è uscire dalla logica di fandom e di genere per arrivare a un pubblico più ampio possibile, un po’ come succede per la fantascienza al cinema. Non so se accadrà, ma lo spero davvero!

Resurrezione, il tuo romanzo che ha vinto il premio Urania, è ambientato nel 2060, in una immaginaria isola dell’Oceano Atlantico, e il nucleo della storia riguarda l’incontro tra gli umani e una specie aliena. Cosa ti affascina di questa tematica che si può indubbiamente definire “classica”? 

È un tema che amo moltissimo perché offre infiniti spunti di riflessione, oltre a prestarsi a un’infinità di argomenti differenti (la società, il linguaggio, la spiritualità e via dicendo). L’alieno è sempre l’altro, lo specchio distorto in cui l’umanità rivede sé stessa, nel bene e nel male. In questo caso ho voluto raccontare la reciproca incomprensibilità tra due specie intelligenti ma diverse tra loro da ogni possibile punto di vista; e poi trovare, in questa differenza radicale, un punto di contatto e un terreno comune.

Il romanzo ha diversi protagonisti, ma Aurora è sicuramente la più importante. Ci vuoi raccontare un po’ chi è? 

Aurora Ferlito è una docente di filosofia all’università di Roma Tre, che insieme a una collega (Gaia, altro personaggio fondamentale) vince un bando di concorso per studiare da vicino la specie aliena di cui sopra. Perché mai servano dei filosofi per un lavoro del genere, lo scoprirà solo arrivata a destinazione. Aurora è una persona molto pavida, terrorizzata dalla vita quanto dalla morte, ma il suo particolare sguardo sulle cose la porterà più vicina al mistero che rappresentano i visitatori alieni.

Una tematica centrale è il ruolo della scienza nella nostra vita, ma anche della filosofia. Non spoileriamo, ma possiamo dire che ad un certo punto gli scienziati non riescono a rispondere al mistero di cui sono portatori gli alieni e devono intervenire i filosofi. Nella tua storia, quindi, realizzi quello che molti studiosi hanno sempre auspicato: l’incontro tra le scienze fisiche e le scienze umane…

Mi piaceva l’idea di un centro di ricerca multidisciplinare e aperto alle scienze umane, una sorta di luogo archetipico (nel romanzo viene definito una “terza Atlantide”); e mi piaceva l’idea di tirare in mezzo, oltre alla scienza che è comunque presente, anche la filosofia nella risoluzione di un quesito fantascientifico. In fondo la filosofia è stata la progenitrice della scienza e tutt’oggi dà il suo contributo, come nel caso delle neuroscienze. Nel romanzo ho ampliato la questione.

Insieme a Giulia Abate, dal 2007 sei professionalmente impegnata nel mondo editoriale con l’agenzia Studio 83 e tra le altre cose vi occupate di editing. Nella mia esperienza editoriale non solo ho incontrato scrittori esordienti che non volevano sottoporre le loro opere a editing, e fin qui siamo nella normalità, ma anche scrittori affermati e di livello, spesso hanno una certa riluttanza ad accostarsi al lavoro di revisione delle loro opere. Ci racconti perché è importante l’editing e in cosa consiste? 

L’editing è un lavoro in sinergia tra l’autrice/autore e una/o o più professionisti per revisionare un’opera prima della pubblicazione. Bisogna partire dal presupposto che non esiste il manoscritto perfetto: c’è sempre un percorso di revisioni necessario a rendere il testo più accurato e solido possibile. È una fase imprescindibile, importante quanto la stesura. Personalmente non capisco chi è tanto refrattario: da autrice, mi sento più tranquilla e sicura se so che accanto a me ci sono occhi più esperti dei miei su cui posso contare. Su “Resurrezione” abbiamo lavorato per mesi ed è giusto che sia così.

Sempre con Giulia, curi la collana Futuro presente per Delos Digital, dove state pubblicando racconti e brevi romanzi di alcuni dei più importanti scrittori italiani. Che tipo di storie pubblica la collana? 

Pubblichiamo racconti lunghi e romanzi brevi di fantascienza a temi sociali, declinabili in mille modi diversi in base alla sensibilità di autrici/autori. Vogliamo raccontare il domani attraverso le lenti dell’oggi. Sono storie ambientate poco più in là della nostra esperienza quotidiana, che possono piacere anche a un pubblico mainstream e non solo al lettore specializzato. Per esempio, questo mese è uscito “Johnny Parafango” della bravissima Elisa Emiliani, già apprezzatissima per “Cenere” (Zona 42). È una storia ambientata in Romagna e in un futuro non troppo lontano in cui i bambini non nascono più e le campagne vengono evacuate a forza da uno Stato sempre più autoritario. Un bellissimo racconto che consiglio a tutti.

Quali sono gli scrittori, di fantascienza e non, che in qualche modo hanno ispirato sia i contenuti delle tue storie sia lo stile? 

Il primo è stato Emilio Salgari, che mi ha insegnato il fascino per l’avventura. Per quanto riguarda la fantascienza sicuramente Philip K. Dick, anche se è un’influenza che col tempo ho superato. Poi c’è stato Stephen King, il sommo e l’immenso. Ho amato Doris Lessing, Harper Lee, Isabelle Allende, Octavia Butler, tutte autrici diversissime tra loro che mi hanno lasciato tanto. Penso sia importante continuare a raccogliere maestre e maestri lungo la via: ultimamente mi sono innamorata della penna di Wilbur Smith.