Non dimenticherò mai il giorno in cui i demoni arrivarono sul nostro pianeta.

Io e la mia fratellanza eravamo impegnati a raccogliere i tentacoli vegetali di makuhakai. Controllavamo un centinaio di servodroidi, e anche Kupuna Leah, la nostra madre, faceva la sua parte. Si era riservata il settore a strapiombo sul mare cristallino dell'arcipelago.

Ad un certo punto la vidi soffermarsi a guardare il cielo. – Hina, ti passo il controllo – disse la sua voce nella rete.

Mi si sentii gonfiare di orgoglio poi tutto cambiò. L'aroma del makuhakai appena mietuto diventò un sentore acre che assaliva l'olfatto e i polmoni, la brezza tiepida divenne prima gelida e poi di un calore quasi solido quindi la luce cambiò.

Una cortina grigia oscurò la luce, era il fumo del makahukai che bruciava.

Provai a restituire il controllo a Kupuna Leah, ma la rete era bloccata e io ne ero il centro.

Fu allora che vidi avanzare una figura dal centro del fumo, uscendo dai rottami di un veicolo precipitato.

Era alto e grosso il doppio del nostro adulto più grande, aveva gambe ricurve all'indietro dal ginocchio in giù, mani enormi con sole tre dita e indossava una tuta neroviolacea simile a quelle degli spaziali sormontata da un casco a forma triangolare con la punta in basso.

Le sue mani impugnavano un tubo collegato ad un flessibile che partiva dal torace e terminava con una punta di fuoco vivo.

Nella rete condivisa si sparse un panico improvviso, riuscii a contenerlo e aiutare miei fratelli a rifugiarsi nel trasporto.

Kupuna Leah arrivò per ultima mentre l'essere neroviolaceo puntava verso l'alto il tubo dall'estremità infuocata. Seguendone la traiettoria individuai nella coltre grigia un chiarore che si faceva sempre più vicino.

Ero ipnotizzata dalla scena.

La luce argentea squarciò il grigio rivelando un altro essere grande quanto l'altro ma dotato di ali di luce che dirigevano un raggio di essa contro la colonna di fuoco prodotta dal neroviolaceo.

Nel punto in cui i due raggi si toccarono comparve un globo che produceva onde sismiche nell'aria e perfino nella rete condivisa.

Agii d'istiinto, i droidi mi obbedirono formando una sfera che protesse me e Kupuna Leah portandoci in salvo

Schiacciate contro la cupola del veicolo facemmo in tempo a vedere il raggio argenteo colpire il casco del neroviolaceo rivelandone il volto demoniaco.

Kupuna Leah riprese il controllo della rete, e, dopo un rapido controllo, mi disse: – Sei destinata ad essere un controllore, hai tempi di reazione e inventiva, brava Hina.

– Allora vengo con te – risposi arrogante.

Lei rise e si allontanò.

Anche io avrei voluto ridere, quando Kupuna Leah mi scoprì nascosta nel suo trasporto personale, mentre si dirigeva agli hangar dei golem.

Si infuriò in maniera incredibile, soprattutto perché per non farmi scoprire mi ero tolta il terminale personale che mi connetteva alla rete.

Fui costretta a metterne uno generico e, timorosa ma felice, salii a bordo del golem.

Si trattava un droide gigante costruito con il materiale della flotta di asteroidi con la quale erano arrivati i nostri antenati, ed era così enorme che il solo pensiero di essere seduta nel suo ventre mi emozionava profondamente e mi faceva sentire al sicuro.

Niente di più sbagliato.

Fin da quando Kupuna Leah lo fece muovere verso la zona di battaglia mi sentii sballottolare dentro il guscio giroscopico ma riuscii a non vomitare, poi fu la volta dei colpi che rimbalzavano sullo scudo di energia e quindi il rinculo di quelli che Kupuna Leah faceva sparare al nostro golem.

– Ma tu sai cosa sta succedendo? – le chiesi ad un tratto.

– Succede che dobbiamo difendere questo pianeta, è l'accordo che i nostri antenati hanno stretto con i Signori del Mare che ci hanno permesso di rimanere qui.

– Ma questi che stanno combattendo chi sono?”

– Sangue dei morti, ma quanto chiacchieri, Hina? – E Kupuna Leah si concentrò sulla battaglia.

Andammo avanti così per un po' poi qualcosa di molto forte ci colpì, tutte le luci interne del golem si spensero e sentii la struttura cadere al suolo.

Lentamente Kupuna Leah riattivò il golem. – Hina, piccola, ci sei?

– Non va bene – risposi.

– Sei ferita?

– No, io sto bene, non va bene questo che stiamo facendo.

– Difendere la nostra casa?

– Combattere senza capire perché. Lo insegni tu a noi, prima si discute poi si picchia, non viceversa.

– Tu non capisci… – provò a dire lei.

Già, non capivo, ma in realtà non capiva nemmeno lei, e a dirla tutta non lo capiva proprio nessuno di quelli che guidavano il nostro esercito di golem.

E quello fu il sasso che si trasformò in valanga.

Certo, giocò a favore anche il fatto che argentei e demoni non erano poi così invincibili come potevano sembrare, così quando i nostri golem riuscirono a costituire una linea di demarcazione tra le due armate per poi chiedere un incontro di negoziazione la cosa fu gradita sia a loro che ai Signori del Mare.

E da quel giorno fino ad oggi, che mi trovo a guidare i nostri nuovi golem spaziali e la razza dei terrestri è stata ammessa alla Consulta del Debtoth, quando torno a casa e mi sento chiamare “Kupuna Hina” dai piccoli che allevo mi perdo nei loro occhi sorridenti, perché so che qualcuno di loro, prima o poi, mi mostrerà una strada che io non avevo pensato di percorrere e voglio essere pronta per imboccarla.