Durante la Seconda Guerra Mondiale e la conseguente occupazione americana, il mondo della storia illustrata giapponese, che già presentava alcune delle caratteristiche del fumetto moderno, entra in contatto con la sua controparte d’oltreoceano, di cui i soldati americani erano ben forniti: nasce in questo modo il fumetto giapponese, conosciuto oggi con l’appellativo di manga (letterale: "immagini casuali"), destinato in breve tempo a conquistare tutto il resto del mondo. Sono due i manga considerati come i pilastri fondamentali del genere: il primo Sazae-san di Machiko Hasegawa trattava della vita familiare giapponese e dei mutamenti della società moderna attraverso gli occhi di una giovane donna, il secondo invece, nato dall’immaginazione di Osamu Tezuka (soprannominato da molti il dio dei manga), è un fumetto di fantascienza dal titolo Tetsuwan Atomu, o Atom dal pugno di ferro, conosciuto poi nella traduzione americana col più famoso nome di Astro Boy.
Uscito in una prima serie dal 1951 fino al 1968, trasmesso in episodi alla televisione giapponese nel 1963 (tanto da meritarsi l’appellativo di primo anime della storia), Astro Boy diventa già dall’inizio un successo destinato a diffondersi prima in tutto il Giappone e poi anche negli Stati Uniti, fino a diventare un vero fenomeno di costume conosciuto in tutto il mondo.
Il disegno e lo stile narrativo del Tezuka alle prime armi, ispirati ai fumetti della Disney anni Quaranta ed alle storie di Betty Boop dei fratelli Fleischer, diventeranno comunque uno dei punti fermi nell’evoluzione di almeno quattro generazioni di autori giapponesi ed evolvendosi stabiliranno quelle caratteristiche di dinamicità ed impatto visivo ancora fondamentali nei manga moderni; basti pensare ai classici grandi occhi tipici di quasi ogni manga che si rispetti, nati, in effetti, dall’emulazione di Tezuka dei suoi modelli americani.
Riuscire a definire i tratti fondamentali della prima serie di Astro Boy non è semplicissimo perché lo stesso Tezuka è intervenuto a più riprese sui 23 volumi originali, adattandoli e modificandoli secondo il gusto in evoluzione dei suoi lettori (coi quali ha sempre avuto uno stretto rapporto). Le stesse storie non sono state pensate fin dall’inizio in termini cronologici, basti pensare che l’episodio completo con le origini di Astro Boy esce solo nel 1975, ed affiancate l’una all’altra possono presentare differenze abissali sia dal punto di vista narrativo che grafico quanto strutturale, non tutte infatti vengono riviste dall’autore nello stesso modo o nello stesso periodo. Alcune caratteristiche salienti del fumetto risaltano però sulle altre formando una specie di filigrana comune a tutta la narrazione. Innanzi tutto Osamu Tezuka riesce a reinterpretare il classico stile Disney, quello anche oggi ben presente su Topolino per intenderci, in serie di sequenze che diventano sempre più vicine all’espressione cinematografica, come se il lettore si trovasse davanti ai molteplici fotogrammi che costruiscono la scena finale, rendendo decisamente più dinamica e ad effetto la sequenza della tavola.
In secondo luogo, pur mantenendo uno stile grafico molto vicino a quello americano, Tezuka riesce piano piano a piegarlo alle sue esigenze comunicative intessendo nella vignetta colpi di scena visivi ed un realismo all’avanguardia per l’epoca. Se nella storia del Gatto Rosso vediamo infatti gli animali del bosco che sembrano usciti direttamente da Bambi o il branco di cani copiato dal famoso Ettore di Gatto Silvestro, ci troviamo anche di fronte a paesaggi cittadini o scene d’azione più a loro agio magari fra i fumetti pulp che in quel momento stavano nascendo proprio dall’altra parte dell’oceano.
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