Andrew Edwards lo sapeva, era tutta questione di riuscire a cogliere il momento esatto nel quale la base dell’onda urtava il punto in cui la scarpata del fondale si alzava rapidamente, ed allora anche l’onda che fino a quel momento strisciava lunga e bassa verso la costa, si scaraventava di scatto verso l’alto in un turbinio di spuma, bisognava poi avere gambe salde e senso dell’equilibrio per riuscire a rimanere in piedi sulla tavola che saliva vertiginosa sulla cresta di bianca spuma. Era difficile, ma con il tempo e la pratica, aveva molto affinato la sua tecnica.

L’onda lo proiettò verso l’alto all’improvviso, mentre la tavola da surf si scuoteva sotto i suoi piedi come un cavallo imbizzarrito.

Su, sempre più in alto, mentre il turbinare della spuma tutto intorno a lui gli toglieva la visuale. Per un istante, era come trovarsi avvolti da una valanga che schizzava verso l’alto, invece di precipitare in basso.

Su in alto, come un nuovo Icaro, era una sensazione esaltante!

Un istante dopo, l’onda ricadde, ed Andrew si trovò di colpo immerso nell’acqua. Dopo il primo schiaffo del suo corpo contro la superficie liquida, il contatto non era spiacevole, l’acqua azzurro – verde era quasi tiepida. Recuperò la tavola da surf e si mise a nuotare verso la riva.

Dopo un paio di bracciate, sentì sulla schiena il tocco di qualcosa di peloso e stillante. Si voltò. A poca distanza da lui emergeva dall’acqua un grosso muso nero la cui forma era resa indefinita da una gran massa di pelo bagnato che lo ricopriva. Avvicinò la mano alla grossa testa e cominciò a carezzare lentamente la nuca dell’animale. Bobo, il suo cane terranova l’aveva seguito in acqua, ed Andrew era certo che non l’avesse perso di vista per un istante.

Riguadagnò la riva in poche bracciate e si distese sulla sabbia dorata di Playa Grande, mentre il cane si accucciava accanto a lui. L’aria calda ed il sole, lo sapeva, l’avrebbero asciugato in pochi minuti.

A Playa Grande le giornate erano sempre calde e luminose, anche se raramente il caldo diventava eccessivo. A volte Andrew Edwards non rammentava bene nemmeno che stagione fosse. Certo, le stagioni avevano ben scarsa importanza rispetto a come le cose andavano lassù nell’emisfero boreale, dove la gente si affannava per vivere.

Contemplò il proprio corpo sdraiato: era ancora solido e asciutto; i muscoli, tenuti in esercizio, erano ancora efficienti anche se le ossa sulle quali erano tesi, magari lassù al nord dove c’erano l’estate e l’inverno, durante la brutta stagione avrebbero probabilmente accusato qualche dolore reumatico.

Guardandosi allo specchio la mattina, poteva constatare che i suoi capelli, anche se erano ancora quasi tutti al loro posto, erano ormai più bianchi che grigi, e c’era una fitta rete di rughe sul suo volto ed ai lati del suo collo, ma per il resto si sentiva ancora pienamente efficiente ed intendeva mantenersi tale.

Bobo venne a strisciare il grosso muso contro la sua faccia, ed Edwards sentì la lingua risposa dell’animale che gli passava sulla faccia.