- Come sei bravo, James. - sussurrò rapita - Come parli bene. Come sai disquisire sulla completa e obiettiva conoscenza dei motivi che determinano le tue azioni... Lui guardò speranzoso sotto l'asciugamano, ma subito scosse la testa. - Niente, Laureen: non funziona neppure questo.

- Accidenti, James! - esclamò lei, adesso decisamente indispettita - Ma allora è proprio grave!

L'uomo sospirò. - Temo di sì. A questo punto dobbiamo adottare un atteggiamento empirico.

- Che vuoi dire?

- Come ti permetti? - ringhiò lui.

- Scusami, scusami. - balbettò Laureen, arrossendo.

L'uomo si alzò. La pelle del suo viso era abbronzata, la peluria sulle guance grigiastra, di quel colore dei campi di rucola a foglia stretta subito dopo le piogge, come si trova spesso nel mese di Marzo nelle vicinanze di fabbriche o stabilimenti industriali, soprattutto cementifici, meglio ancora se dotati di ciminiere difettose.

- Vado a fare un giro. - sbottò - Forse andrò a trovare il mio agente.

- Non hai neppure fatto colazione! - protestò la moglie.

- Non importa, Laureen. Il corpo ha bisogno di nutrirsi, ma l'animo ha ancora più bisogno di nutrire passioni.

- La pianterà mai di dire cazzate? - sussurrò tra sé Laureen, sospirando rassegnata mentre la porta si chiudeva.

Il motore della Toyota si mise in moto con un singhiozzo asmatico. Era un modello di qualche anno prima, ma James la manteneva in buone condizioni. Aveva fatto riverniciare la carrozzeria in verde metallizzato, una tonalità più brillante dell'originale, precisamente il colore numero V432 nel listino ricambi della casa automobilistica giapponese. Il parabrezza era leggermente azzurrato e picchiettato da lugubri carcasse di moscerini. James lo vedeva come un desolato cimitero d'insetti, e per questo non lo puliva mai: gli piaceva troppo.

La tappezzeria invece era totalmente rifatta: pagando uno sbrego di soldi, James aveva fatto rivestire i sedili con una tela raffigurante un grande dipinto surrealista, un affresco nel quale donne dai volti cinerei danzavano nude fino alla vita in compagnia di elegantissimi scheletri in smoking su uno sfondo di ossa calcinate. Era una visione che lo rilassava, durante i lunghi viaggi che si concedeva quando era liberale con il suo ego.

Uscì dal parcheggio e s'immise nel flusso del traffico. Dopo qualche minuto, imboccò la sua arteria preferita, la litoranea che correva accanto ai vecchi stabilimenti balneari abbandonati dagli Anni Settanta, con le insegne tronche di lettere cadute, le bandiere sdrucite che pencolavano dai monconi di corda come impiccati decomposti e le imposte che sbattevano desolatamente alla brezza marina evocando un senso di vuoto cosmico. Quei panorami, insieme ai campi di stoppie devastati dagli incendi estivi, erano l'unica cosa che normalmente riusciva a sollevarlo dalla depressione.

Ma quella volta non erano sufficienti. James decise di aver bisogno di un supporto chimico: aprì il cruscotto e trangugiò una dose extra-large di amilsupride, condendola con una scatola intera di ansiolitici a base di triciclici al gusto di lampone. Si sentì subito meglio.

SBRANG!

James inchiodò i freni, evitando per un soffio di essere coinvolto nel catastrofico tamponamento che aveva improvvisamente bloccato la corsia. Una Ford decappottabile color prugna appassita, più precisamente prugna gigante delle piantagioni Donnelly concimata con letame di cavallo baio e lasciata passire in area ventilata per dodici giorni e sei ore, aveva colpito e frantumato il vano posteriore di una Volkswagen blu di prussia, di quel blu quale si può vedere nelle tempere di Caravaggio esposte al museo comunale di Perugia, oppure impostando il valore #1102FF nella scala RGB di una scheda VGA a 24 bit per pixel.

I guidatori delle due vetture scesero con qualche difficoltà dalle lamiere contorte dall'urto. Il pilota della Ford era un uomo di colore di mezza età, l'autista della Volkswagen una giovane donna formosa come un'anfora di stile tardo-ellenico. Nonostante la violenza dell'impatto, presentavano soltanto qualche graffio.

James pensò che si sarebbero picchiati davanti ai suoi occhi. Invece i due, senza dire una parola, si presero per mano, scavalcarono il guardrail e s'imboscarono dietro i cespugli spinosi che crescevano su una cunetta di sabbia a poca distanza dalla carreggiata.

Stupefatto, James scese dalla Toyota e li seguì. Ciò che vide, quando fu alla sommità del dosso, lo colpì violentemente, come una visione onirica che urlasse silenziosamente a se stessa: un curioso senso di riconoscimento si fece strada nel suo cervello; l'immagine di un rito arcaico gli bruciò nella mente, illuminando le ombre galleggianti che vagavano lugubri nelle più oscure profondità della sua immaginazione.

La donna era a quattro zampe sulla rena, col vestito arrotolato sui fianchi, e ansimava "Tamponami ancora! Tamponami più forte!" L'uomo, inginocchiato dietro di lei, eseguiva docilmente, dando colpi ritmati, e sbuffando al contempo come un mantice da camino di qualche solitaria baita alpina perduta tra monti romiti e desolati.

- Ma... ma cosa...? - balbettò James.

I due si accorsero della sua presenza. Sorrisero, solo lievemente imbarazzati.

- Vuole unirsi a noi? - propose il nero.

- Ma certo. - approvò la giovane - Preferisce tamponare o essere tamponato?

James avvertì un insolito formicolio provenire dalle sue parti basse. Chinò lo sguardo, e si rese conto con stupore che gli era diventato duro come un paracarro. Era una visione come non contemplava ormai da mesi, e ciò lo pervase di una gioia addirittura archeopsichica.

- Be', perché no? - disse in tono da regressione primigenia.

...

Molto più tardi, James fumava soddisfatto, fissando la nebbia leggera partorita dalla sigaretta. Le volute di fumo avvolgevano la nuda lampadina che pendeva dal soffitto della cabina dello stabilimento balneare abbandonato in cui si erano rifugiati. Le pareti di legno, da cui la vernice di un bianco matrimoniale/perlaceo/albeggiante si staccava come foglie morte da rami settembrini, comunicavano un senso di pace e di magica malinconia. Era facile pensare che oltre la barriera di legno ci fosse il nulla. James, come faceva spesso, considerò che il passato era un ritorno all'animalità, e che il futuro era sterile: l'unica speranza era prolungare il presente fermandolo in un istante infinito.

Aveva bisogno di altro amilsupride.

- Mi sembra un sogno. - sospirò, sentendo felice che una parte di sé era ancora turgida e instancabilmente zompettante.