Lo confesso: fare il verso a un distante ancorché arcinoto scrittore americano mi diverte molto meno che parodiare colleghi italiani a me legati da comuni esperienze, passioni, amicizia e allucinanti disavventure quali ad esempio il Premio Urania. Ragion per cui, mentre ancora non è spenta l'eco suscitata dal falso Franco Forte, eccomi di nuovo intento a strapazzare un compagno di viaggio fantascientifico.

Il bravo Franco non mi accuserà di piaggeria se confesso apertamente di giudicarlo uno scrittorone con tutti gli attributi al loro posto, autore di uno dei più bei racconti SF che io abbia mai letto, quel Torino pubblicato su una "fortiana" antologia per i tipi di Stampa Alternativa, nonché di un romanzo (Ai margini del caos) di buon successo di pubblico e critica (e di cui si vocifera un seguito di prossima pubblicazione su Urania).

Devo dirlo: nonostante io lo conosca da tanti anni, e lo incontri sempre con piacere alle varie convention di noi scellerati amanti della S e della F, il buon Franco non smette ancora di incutermi una certa soggezione, per la sua cultura enciclopedica (che si rivela in ogni suo scritto), per la sua professionalità, per l'impegno politico e la serietà che lo contraddistingue (ad esempio da un burlone come il sottoscritto), per la sua straordinaria capacità di tenere cattedra alle conferenze per un tempo indefinito discettando di tecniche di scuola narrativa e di dettagli ermeneutico-stilistici, di sineddochi e di ossimori senza mostrare il minimo segno di stanchezza finché non viene abbattuto da una schioppettata esplosa da qualche ingrato spettatore.

Imitare la sua narrativa (del resto particolarissima, e che dunque si presta meravigliosamente bene alla parodia) è per me una splendida sfida, da affrontare destreggiandomi tra la bramosa voglia di pungere e il grande rispetto per la bravura del collega.

In conclusione, Franco, credimi: ti scelgo come vittima perché ti ammiro. C'è una sola cosa di te che non sopporto, e te la dico con massima glasnost: il fatto che sei sempre lo stesso, da quando ti ho conosciuto a oggi. L'altro giorno, sfogliando un vecchio album, ho rivisto con orrore una nostra foto scattata nel 1994 a San Marino. Io avevo dieci chili in meno e qualche migliaio di capelli in più. Tu invece sei identico. Anzi, oggi la tua capigliatura ondulata alla Antonino Gramsci è perfino più folta e ricciuta! Ti odio!

Ai margini del casino

di Franco Ricciardiello? Il busto inclinato in avanti di qualche grado, Nico regge con una mano sulla fronte la giovane donna che vomita sul lavandino. Il contenuto dello stomaco di lei si accumula in ordine diacronico anziché sincronico sulle Clark's di Nico, arabescando il cuoio nero con forme che ricordano il Vajra tantrico che appare nel Bardo Thodol, il libro tibetano dei morti. - Ti senti bene? - chiede Nico - Che ti è successo? - Non so, stavo guardando l'esposizione delle copertine dell'ultimo anno di Urania, e...

- Ho capito: sei stata risucchiata in un vortice di realtà alternative che hai catalizzato in un disturbo psicosomatico la cui causa scatenante è il tuo vissuto interiore, l'infanzia, la psicopatologia individuale che irrompe oltre le barriere naturali dell'Io e...

- No. - fa lei - E' che quelle copertine fanno proprio vomitare.

Nico annuisce, apprezzando la capacità di sintesi pre-junghiana della donna e nel contempo la necessità epistemiologica della precisione assoluta. Hume non avrebbe saputo far meglio.

- A proposito. - cambia discorso - Scommetto che sei di Torino, che sei separata, comunista e afflitta da turbe esistenziali.

- Proprio così. - ammette lei - Io invece scommetto che tu sei un comunista torinese separato afflitto da esistenza turbata.

- Scusate... - fa l'addetto alla pulizia del cesso con un mano una scopa Pippo dal manico anatomico e un flacone di Mastrolindo Supercrema all'estratto di Ginseng - Perché non vi levate dai coglioni e non mi lasciate lavorare?

- Scusaci tu, compagno pulitore, immaginifico archetipo del proletariato urbano post-marxista in questa realtà sintagmatica e pre-trozkista di inizio millennio. - fa Nico in tono rispettoso, sorreggendo la donna e dirigendosi verso l'uscita.

- Tu guarda che casino! - commenta schifato il pulitore - Mai visto niente di simile da quando ho iniziato a lavare cessi per sfuggire alle mie turbe esistenziali di torinese comunista e separato! Ma da domani basta: brucio tutte le mie copie di "Rinascita" e voto Berlusconi!

...

Nico e la donna, che si è presentata come Vic, siedono al tavolino del bar di via Lagrange numero 2/B, lei sorseggiando un Irish coffee con quattro cucchiaini e mezzo di dolcificante Eridania (perché è meglio essere precisi), lui trincando una Corona con due fettine di limone avvolte intorno a entrambe le gengive. L'effetto dei neon li trasforma in immagini iperrealiste da campagna pubblicitaria, stampe francesi del primo novecento virate in videoclip di un profumo griffato.

- Allora? - dice Vic - Che ci facevi al museo?

Lui manda giù la Corona con un risucchio faringeo pre-minimalista alla Fichte.

- Cercavo informazioni su un quadro che mi ossessiona. - dice - Ha influenzato la cultura mondiale al di là di ogni immaginazione: per dieci anni ho seguito le sue tracce in ogni anfratto dell'immaginario collettivo e consensuale così come definito da Warhol e Prédal, da articoli di giornale a Internet, da composizioni pop-rock a trasmissioni televisive.

- Ma è davvero una coincidenza perturbante! - esclama Vic - Anch'io sono alla ricerca di un dipinto famoso! Guarda!

Porge a Nico un depliant in carta extrastrong satinata, vergato in font Brush Script MT corpo 18 (perché è meglio essere precisi). Nico legge.

"Olio su tela, cornice in legno, 50x70. Sfondo indistinto, forse una bettola di qualche bassofondo metropolitano. Raffigura soggetto maschile di età avanzata, bianco, male in arnese, accenno di barba sulle guance, naso da avvinazzato. Espressione enigmatica degli occhi, secondo alcuni critici simbolo di una sottile speculazione freudiana, secondo altri l'effetto della troppa grappa ingerita."

- Non è possibile! - mormora Nico - Si tratta dello stesso dipinto!

- "E' lui o non è lui? Cerrrto che è lui!" del sublime maestro Teomondo Scrofaro! - dicono i due in coro, deliziati da quella inaspettata comunanza di intenti quasi kantiana.

- E adesso che abbiamo scoperto questa incredibile coincidenza, che facciamo?

- Che domande! Andiamo a trombare come ricci, no?

...