Finalmente ho preso una decisione. Questa mattina ho preso una settimana di ferie. Il capo ha approvato, ha detto che ho bisogno di riposare, di recuperare le energie.Volevo rispondere che sono giorni che non dormo, che ho paura, ma non l'ho fatto. Lydia ha le doglie, sempre più forti. E' questione di ore ormai, al massimo di qualche giorno. Non mi interessa di quello che può accadere, del nuovo ordine che cercheranno di instaurare, voglio solo fuggire il più lontano possibile. Ho già preparato le mie cose, partirò questa notte, a tutti i costi. Lydia si è rifiutata di andare in ospedale. Ho insistito, ma è stato inutile. Vuole partorire da sola, in casa. Non si curano più della mia presenza. Lydia ha trasformato la nostra camera da letto in una sala parto e non mi fa entrare. Marc e Simon la coccolano tutto il tempo, non la lasciano un secondo. La pelle di Lydia è ancora più bianca, e la pancia pulsa e gorgoglia. Non dicono nulla, ma secondo me hanno capito che ho intenzione di fuggire. Ho nascosto la valigia nel mobile all'ingresso. Devo solo trovare il coraggio. Qualcuno potrebbe pensare che non sono un buon padre, che non si lascia una moglie in queste condizioni. Non mi interessa. Avrete modo di ricredervi, tutti.
Merda, mi sono assopito! Devo essermi seduto un istante sulla poltrona per riprendere le forze, ma ho perso la cognizione del tempo. Devo stare più attento. Sono stato svegliato dalle urla lancinanti di Lydia. Mi infilo la giacca, mi dirigo verso il soggiorno, verso l'unica via di fuga. Non posso fare a meno di gettare un'occhiata veloce alla camera da letto. Lydia è sdraiata, nuda, la schiena arcuata nello sforzo, le gambe divaricate. Marc è inginocchiato tra le gambe e la sta aiutando a partorire. E' solo un bambino. Lydia urla in preda al dolore, la pelle imperlata di sudore. Simon è sdraiato accanto alla madre e le tiene la mano, per darle forza. Per un attimo il tempo si ferma. Tutti e tre si sono voltati e mi stanno guardando con quegli occhi azzurri, penetranti. Capisco che sanno tutto della mia fuga, ma non fanno nulla per trattenermi. Solo un istante, poi tutto torna come prima, il parto prosegue concitato. Qualcosa sta uscendo dal ventre di mia moglie. Basta. Corro all'ingresso, prendo la valigia dall'armadio ed esco di casa.
Sto guidando come un pazzo, senza curarmi delle altre automobili e dei pedoni. La città è lontana, alle mie spalle. Si intravedono solo le sagome dei grattacieli più alti. Si sta avvicinando un temporale. Sopra la città si sono addensate delle strane nubi violacee. Ho lasciato le strade più trafficate e ho imboccato una stradina che porta verso la costa. Non ho una meta per il momento, voglio solo allontanarmi. La strada costeggia la scogliera, il mare è molto mosso, c'è un vento fortissimo che viene dal mare. Dallo specchietto retrovisore mi accorgo che la città è avvolta dal temporale e dai lampi. La visibilità si riduce, sempre di più, il cielo è di un nero uniforme. Perché? Comincio a piangere, disperato. Un muro d'acqua mi costringe ad accostare. Nel nero del cielo si distinguono delle nubi più chiare, rossastre, che si trasformano ad una velocità maggiore delle altre. Esco dalla macchina. La pioggia è fortissima, dopo pochi passi l'acqua ha inzuppato tutti i vestiti. Corro verso la scogliera. E' l'unica soluzione, lo è sempre stata. Non ho più paura. Corro a perdifiato, ho perso anche l'orientamento. Sono nel bel mezzo di una tromba d'aria. Le nubi sopra la mia testa assumono le forme più bizzarre, e mi fermo a guardarle, affascinato. Cado in ginocchio, non ce la faccio a proseguire. Avverto uno strana vibrazione salire dalla terra, poi una voce gutturale rimbomba nell'aria. - Padre. - Dal tono capisco che è un'invocazione. Ancora. - Padre. - Mi alzo e guardo verso la città, che è solo un puntino in lontananza. Anche da questa distanza noto che dal centro abitato si alzano grandi volute di fumo. Smette di piovere. - Padre - sento un'ultima volta, come un'eco lontana. Torno alla macchina, mi asciugo gli occhi, metto in moto e imbocco la strada principale. Guido tranquillo verso la città. Avvicinandomi distinguo chiaramente il fumo e le fiamme che avvolgono gli edifici. E' mio figlio e io sono suo padre. Ha bisogno di me.
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