Spensero le luci della Suzuki e accesero una torcia regolandola al minimo. Non fu difficile aprirsi un varco da una delle sgangherate porte di legno.

- Acc... che fetore! Metti anche tu mascherina e guanti. Dunque: è successo in bagno...

C'era un modestissimo mobilio contadino. Ai muri oggetti rustici, cretaglie, ferri battuti neri, ghirlande di cipolle peperoncino e aglio. Eppure vi si respirava un'aria di altri tempi, ancorché puzzolente; l'aria col retrogusto del nerofumo di camino, della faticosa e leale vita di campagna.

- Ma guarda! - disse Sculli contrariata: nel minuscolo bagno qualcuno aveva eseguito una sommaria ripulitura. Tuttavia le tracce che cercavano loro due erano ancora evidenti. - Che facciamo, grattiamo qualche campione d'intonaco?

L'opera si rivelò laboriosa e rumorosa, perché le mura erano ripassate in cemento. Moldèr ebbe un'illuminazione:

- Portiamoci via questo! - esclamò.

- Il water? Sei pazzo. Dove lo mettiamo?

- E' l'unica, ti dico. Lì dentro c'è ancora l'umido, che favorisce il mantenimento della vita microscopica. Dai! - Cominciò a scalpellare alla base.

- Sei completamente fuso - commentò Sculli, ma dieci minuti dopo avevano terminato. Portarono il trofeo all'aperto e richiusero il passaggio.

- E adesso, come cavolo lo mimetizziamo? - Cercarono giornali in giro, ma forse i signori Varracchio e Ficocelli non leggevano.

- Al diavolo - esclamò Moldèr, e si sfilò la camicia fiorata. - Su, issa!

- Buondio, il cesso traspare e noi lo portiamo in trionfo sulla mia auto - insisté Sculli.

- Stupida borghesuccia! Pensa che da questo cesso potrebbe dipendere la salvezza del genere umano. Finora nessun professore intervistato ha saputo dirci niente, e tu sai già che ci ritroviamo in un tipico caso da Nucleo XL, vero, Dana?

Sculli lo fissò irosa, ma non seppe controbattere. Manovrò imboccando il sentiero pietroso. - Mi raschierà l'auto - si lamentò. - Mannaggia, una Suzuki fiammante ammaccata da un water merdoso... E infetto!

* * *

Allorché Sculli parcheggiò davanti al loro ufficio, l'ora era le 5:48, loro erano a pezzi. - Presto - disse Moldèr,- smontiamo l'aggeggio prima che qualcuno ci veda.

Naturalmente li avevano già visti: colsero occhi sgranati e visi stupiti dietro tendine e imposte socchiuse. - Stramerda! - esclamò Moldèr. - La mia camicia firmata! - Se n'era volata via, e l'oggetto misterioso troneggiava superbo sul tettuccio, nello splendore del primo sole mattutino.

Lo nascosero dentro e si disinfettarono fino ad avvelenarsi. Poi sedettero alle rispettive scrivanie.

- Ormai - disse Sculli con gli occhi cerchiati - la giornata è finita prima di cominciare. Ho un sonno da letargo invernale.

- Non possiamo - contestò duro Moldèr. - Dobbiamo informarci sulle ultime notizie e far analizzare subito il reperto.

- Dove - disse lei ironica. - Lo porti alla Asl?

- Comincio io qui, col microscopio in dotazione. Mi faccio un'idea.

Prelevò un campione di incrostazione dalla base, all'interno del water, e l'esaminò nel piccolo laboratorio del retroufficio. Da lì esclamò:

- Che ti dicevo? C'è vita, qui. Noto forme strane... Mai viste.

- Capirai, parla Pasteur. Spero che non ci becchiamo una nuova forma di peste, capisci che incoscienza la nostra?

- La peste la riconosco, al vetrino. No, cara, qui c'è sotto qualcosa di grosso. Chissà cosa nascondeva nella pancia quel povero disgraziato del Varracchio... Ehi, guarda!

Sculli corse e scrutò nell'oculare: da una macchia brulicante si staccavano piccoli organismi più grossi, rotanti come eliche. Che roba poteva mai essere? La ragazza commentò cupa: - Non mi piace. Temo proprio che qui abbiamo un'unica alternativa. Pensi anche tu ciò che penso io?