Mara Maryl (moglie di Gastaldi) e Luciano Pigozzi in <i>Libido</i>, primo film scritto e diretto da Gastaldi (1966)
Mara Maryl (moglie di Gastaldi) e Luciano Pigozzi in Libido, primo film scritto e diretto da Gastaldi (1966)

Il primo film a emergere nel tuo ciclo di thriller fu Libido, del 1966, che fu anche il tuo debutto come regista.

Filmai Libido in 18 giorni: creai anche la sceneggiatura, fui il direttore artistico, disegnai il guardaroba, e altro ancora. Fu un successo commerciale, ma il suo costo era stato incredibilmente basso: 26 milioni di lire; e fu venduto per 25.000 dollari solo negli Usa! In realtà la direzione era stata divisa tra me e Vittorio Salerno, fratello di Enrico Maria Salerno, attore famoso morto alcuni pochi prima. Con Vittorio diventammo amici e lavorammo insieme a uno dei miei progetti, La fine dell'eternità (lo stesso titolo di un famoso romanzo di Asimov, ma non c'era alcuna relazione). Era un un film a episodi comprendente quattro storie di fantascienza; una d'esse era molto simile a Ritorno al futuro.

Arriviamo agli anni Settanta: i thriller di Argento sono moto diversi dai tuoi, perché scrivi sceneggiature sono sempre così ironiche e ben pianificate. In te non ci sono mai buchi logici o false informazioni. E' un peccato che tu non abbia mai scritto per Argento, che grande thriller sarebbe venuto fuori!

Quando vidi L'uccello dalle piume di cristallo pensai che fosse ben fatto, ma a me non piacciono i thriller basati sugli espedienti. Nel film c'è un testimone che ripete per un'ora: "Mi sembra di dimenticare un dettaglio importante..." Alla fine se ne ricorda: aveva visto una donna che cercava di uccidere un uomo, non un uomo che cercava di uccidere una donna, come egli invece testimonia per tutta la durata del film! Per questo non mi sono mai interessato molto ai film di Argento.

Tra gli anni Sessanta e Settanta hai scritto un gran numero di "western-spaghetti". Con i tuoi precedenti, da dove scaturì questa nuova avventura?

Come ho raccontato all'inizio, Peppo Sacchi ed io realizzammo il primo vero western italiano, Cowboy Story, nel 1954. Quando iniziai a scrivere professionalmente, ero solito chiedere a Ugo Guerra, Rodolfo Sonego ed altri sceneggiatori, e anche ai produttori: "Perché non facciamo un western?". Tutti ridevano, infatti si pensava che gli italiani avrebbero potuto copiare tutto, tranne che questo. Improvvisamente, appena prima che Sergio Leone girasse il suo primo film del genere, un western italiano (con un titolo americano) fu proiettato nelle nostre sale. Al pubblico piacque, probabilmente perché nessuno capì che non era americano! E quindi, dopo Per un pugno di dollari, del 1964, tutti i produttori italiani cominciarono a sfornare western. Credo che la mia prima sceneggiatura del tipo sia stata Arizona Colt, con Giuliano Gemma sotto lo pseudonimo di "Montgomery Wood".

Questi film richiedevano molte ricerche storiche?

Macché, non era necessaria nessuna ricerca! Come chiunque altro al mondo, io ho visto migliaia di western americani. Dovevo semplicemente copiarne le atmosfere... se i western dell'America fossero stati fasulli, lo sarei stato anch'io! Solo quando cominciai a lavorare con Sergio Leone mi preoccupai di leggere libri storici sul Vecchio West, per vedere fotografie originali della Guerra Civile, e così via; solo allora, quindi, scoprii che il West reale... era completamente diverso da come esso era ritratto nei film americani! Dopodiché incominciai a immettere più realismo, meno stereotipi nelle mie sceneggiature western.