Marcello Mastroianni ed Elsa Martinelli in una foto di scena dal film <i>La decima vittima</i>, regia attribuita a Elio Petri (1965)
Marcello Mastroianni ed Elsa Martinelli in una foto di scena dal film La decima vittima, regia attribuita a Elio Petri (1965)

Fu come studiare al CSC? Ho sentito dire di classi cui era permesso osservare come si filmava a Cinecittà, che è proprio la porta accanto.

Come scuola, il CSC era troppo teorico. Solo Blasetti era in grado di insegnare sul set. Noi avevamo studi, cineprese, attori e attrici, ma pochissimo tempo per fare pratica sul set vero e proprio. Il progetto per il mio diploma fu un film chiamato La strada che portava lontano. Fu il primo vetro thriller italiano, girato nel 1954!

Ciò è sorprendente. Esiste ancora?

Sì, ma senza suono. Aggiungevamo la partitura musicale da dischi ogni volta che il film veniva presentato. Lo doppiavamo anche ogni volta, con gli attori che parlavano dietro lo schermo! Nel 1954 non avevamo denaro per alcun genere di registrazione sincronizzata...

Così il tuo sogno di diventare uno scrittore fu presto rimpiazzato dal sogno di diventare sceneggiatore?

Macché! Pensavo di scrivere film come un mezzo per guadagnare abbastanza da sopravvivere mentre realizzavo il Grande Romanzo Italiano! Lavorai come sceneggiatore in molte commedie italiane, durante il mio "periodo nero".

Non mi è chiara questa espressione, "periodo nero".

Scusa, "nero" è troppo... italiano. Voi direste ghost writer. Lavorai come scrittore di sceneggiature per conto altrui, con più di una ventina di copioni per Ugo Guerra, lo sceneggiatore che mi introdusse ai produttori.

Quali furono i film importanti per te da giovane, e quali sono più importanti per te ora?

Io sono nato nel 1934, e frequentai il CSC dal 1955 al '57. Le pellicole più significative per me a quel tempo furono I vitelloni e La strada di Fellini. Ora mi piacciono moltissimo i film di Kubrick... e Pulp fiction di Tarantino.

La tua autobiografia, Voglio entrare nel cinema, contiene pochissimi riferimenti ai tuoi primi horror. Non ti piacciono più?

Tutt'altro. Amo ogni mia sceneggiatura. Sono lieto che vi sia qualcuno al mondo che se ne ricordi ancora!

Il primo film sul quale apparve il tuo nome fu L'amante del vampiro, del 1960. Quest'opera fu distribuita poco tempo prima de La maschera del demonio di Bava, e fu accolto freddamente. I vampiri di Freda, uscito pochi anni prima, a sua volta non era stato un successo commerciale, e il regista si era lamentato del fatto che gli spettatori, in Italia, non prendessero sul serio l'idea di un horror locale. Pertanto appare davvero insolito che a questo genere fosse offerta una seconda possibilità. Cosa accadde da incoraggiare te ed altri a insistere sull'horror italiano?

Penso che fu il successo di Dracula il vampiro, con Christopher Lee, a spingere i nostri produttori. L'amante del vampiro fu il mio primo copione "ufficiale", e fui pagato incredibilmente poco! Lavorai al film anche come primo assistente alla regia...

Il film fu una idea tua, o d'uno dei tuoi compagni sceneggiatori?

Incontrai il regista Renato Polselli, che si era fidanzato con una delle mie compagne di corso al CSC (la scuola può essere utile!) e lui aveva un primo trattamento chiamato L'amante del vampiro, ma era completamente diverso dal film. Io scrissi la sceneggiatura per Polselli, unicamente per mangiare. Ero davvero affamato, in quei giorni!

Cosa puoi dirmi di Polselli?

Poi persi i contatti con lui, ma so che lavora nel campo dell'editing, supervisionando il doppiaggio italiano di film americani. Quando lo conobbi, era un uomo più di grandi ambizioni che di talento.