Copertina di <i>Video Watchdog</i> n. 39, 1997, che mostra l'attrice Dalia Lahvi in <i>La frusta e il corpo</i> di Bava (1963)
Copertina di Video Watchdog n. 39, 1997, che mostra l'attrice Dalia Lahvi in La frusta e il corpo di Bava (1963)

Nel 1962 uscì una tua sceneggiatura di maggior successo, considerata una pietra miliare dell'horror italiano: L'orribile segreto del Dott. Hichcock, diretto da Freda. Come fosti coinvolto in quel progetto?

Avvenne per telefono. Il quei giorni molti produttori mi chiamavano per scrivere film per loro.

Cosa ricordi di quel film?

Freda girava scene in una grande, vecchia villa, situata in una zona ricchissima di Roma, in via Rubens. Tutt'intorno c'era un verde selvaggio, con cripte di famiglia. Il primo giorno Freda mi chiese il permesso di tagliare 10 pagine dalla mia sceneggiatura. Erano pagine importanti per comprendere la trama. Egli mi spiegò che doveva terminare di girare in pochissimo tempo... l'intero film occupò solo tre settimane! Non aveva tempo per filmare quelle pagine, così io dissi: "Fa' qualunque cosa ritieni di dover fare". Freda tagliò scene in cui i personaggi spiegavano le loro motivazioni. Il film divenne incomprensibile, ma il pubblico lo apprezzò!

Il film venne considerato oltraggioso negli Usa perché presentava la necrofilia, in un periodo in cui anche il normale sesso era trascurato negli horror. Avevi la sensazione di infrangere un tabù, con questo film?

No. Quando sei costretto a scrivere molti horror o thriller, l'importante è trovare nuovi argomenti per il soggetto. La necrofilia fu appunto uno di questi. In Italia, nessuno ne rimase turbato.

La scelta del nome "Hichcock" ovviamente non fu accidentale: fu una tua idea? Perché venne omessa la "t"?

Donati e Carpentieri, i produttori, temevano che Alfred Hitchcock avrebbe potuto reagire se noi avessimo usato la sua stessa grafia, così fu deciso di eliminare una lettera. Ma quasi nessuno in Italia si accorse della differenza!

A parte le sceneggiature "fantasma" per Ugo Guerra, ne hai scritte altre in cui il tuo nome non era citato?

Sì, molte volte.

Per esempio?

Be', La decima vittima, un film di fantascienza del 1965, per Carlo Ponti. La regia era di Elio Petri. Recitavano Marcello Mastroianni, Ursula Andress, Elsa Martinelli, Salvo Randone, Massimo Serato...

Davvero! La sceneggiatura è attribuita a Tonino Guerra, Giorgio Salvioni, Ennio Flaiano e al regista, Petri. Cosa mi narri di questa esperienza?

Era da molto tempo che cercavo di persuadere i produttori italiani a fare un film di fantascienza. La signora Tuzi, manager di Ponti, sapeva della mia idea e chiamò me quando il produttore fu scontento di una sceneggiatura del genere presentata da Ettore Scola, Elio Petri e altri importanti sceneggiatori italiani. Per caso, due anni prima Ugo Guerra ed io avevamo lavorato sulla storia di Robert Sheckley La settima vittima. Interpellai Sheckley per i diritti: ci rispose che li avremmo avuti gratis se avessimo filmato la storia esattamente così com'era. La Tuzi mi introdusse a Ponti, il quale mi disse che dovevo riportare tutte le mie eventuali modifiche su carta blu. Tornai da lui una settimana dopo con una sceneggiatura che era completamente blu, tranne la pagina frontale! Ponti scoppiò a ridere. Apprezzò ciò che avevo fatto, ma mi chiese di non rivelare a nessuno che ne ero l'autore, perché intendeva evitare ogni discussione col regista, dicendogli che la riscrittura era opera di un famoso sceneggiatore americano! Fui d'accordo, e cominciai a lavorare per Ponti. La mia stesura era satirica, perché a quel tempo non esisteva un genere cinematografico di fantascienza in Italia. Ponti vendette il film agli Usa (Joseph E. Levine) usando solo il mio script, poi però perse ogni interesse al progetto. Ciò che Petri filmò fu un miscuglio della mia sceneggiatura, che come ho detto era satirica, con un'altra alla quale lavorò lui, che non lo era... Che peccato!