Barbara Lass (all'epoca moglie di Roman Polanski) e Curt Lowens in <i>Lycantropus</i> (1961)
Barbara Lass (all'epoca moglie di Roman Polanski) e Curt Lowens in Lycantropus (1961)
Fin qui la storia. Il mio trattamento del film cominciava così: un vecchio assassino è in fuga, tallonato dalle auto della polizia, e precipita nel fiume. La camera lo segue mentre scende giù nelle acque, lasciandolo mentre annega, per sostare sui resti dell'auto adagiati sul fondo: le forme moderne della vettura si trasformano gradualmente in antichi rottami. E quando la camera riemerge dal fiume ci ritroviamo indietro, nella New York anni Trenta... Eccetera eccetera.

Allorché Leone morì stavo scrivendo con lui un altro film, intitolato Un posto che solo Mary conosce.

Anche i tuoi figli sono stati avviati al cinema?

Nessuno dei miei figli. Uno, purtroppo, morì nel 1989, aveva appena 23 anni. Amarilli, mia figlia, ha tre bambini ma si interessa di moda e arredi, e mi aiuta qualche volta. Sciltian, il più giovane, ha 22 anni e studia Scienze politiche. Quando era undicenne interpretò un personaggio in La fine dell'eternità.

In questo momento il cinema italiano appare in crisi. Secondo te, per quale motivo?

Nel 1978 il mio amico Peppo Sacchi vinse un processo a Bruxelles contro il monopolio delle tv pubbliche. Io decretai che il nostro cinema era avviato verso la fine. Noi non abbiamo mai avuto un'industria davvero solida, i nostri produttori erano degli speculatori più che uomini d'affari. Un'incredibile numero di stazioni televisive cominciò a funzionare programmando film per i quali non venivano pagati i diritti. Fummo inondati da cinema gratis, e ovviamente nessuno più voleva spendere per ciò che poteva avere gratis in casa.

Dopo pochi anni, quando ormai tutti i film italiani erano stati visti in televisione, molte stazioni fallirono e un monopolio privato fu fondato da Berlusconi. Allora incominciò una gara tra pubblico e monopolio privato per l'acquisto di film americani, soap operas, sitcom. Questo ridusse la nostra percentuale di produzioni quasi a zero. I nostri film non vennero più doppiati negli Usa; noi invece doppiavamo tutta la produzione americana. Era d'uso che vi fosse una tassa sul doppiaggio, e quanto i distributori americani guadagnavano in Italia doveva anche essere speso da noi. Il nostro governo fu corrotto (io non immagino da chi, ne so quanto te) e la tassa sul doppiaggio alla fine sparì, insieme alle annesse normative. In media noi giravamo circa 300 film all'anno: scesero a soli 60 o 70, la maggior parte dei quali grazie ai finanziamenti dell'"Articolo 28"... solitamente robaccia. I vecchi grossi produttori morivano o si ritiravano, e a i nuovi non piaceva affrontare rischi, per cui si rivolgevano alla tv pubblica o privata per i loro progetti e per chiedere denaro. Se qualcuno concedeva loro, per esempio, 3 milioni di lire, essi realizzavano un film di 2 milioni e mezzo. Se ne infischiavano della qualità.

Alla fine degli anni Ottanta ci fu un tentativo della tv di Berlusconi di distruggere i produttori indipendenti. Berlusconi incominciò a pagare la gente tre volte, quattro, fino a dieci volte più delle tariffe correnti. Nessun altro avrebbe potuto competere. (A Vittorio Salerno e a me furono pagati un miliardo di lire per una sceneggiatura riguardante Stradivarius!) Poi lui mollò la scena romana e si ritirò dal progetto della produzione cinematografica; non so perché. Può darsi che lo scopriremo in un prossimo futuro, visto che è in corso un grosso processo contro di lui, nel quale si tratta di denaro sporco e altra roba del genere.