Ma in che senso Robot era una rivista fatta per il fandom? Innanzitutto nel senso che era l'incarnazione dei desideri di un vecchio, anzi storico fan: Vittorio Curtoni una rivista così la sognava fin da quando aveva imparato a leggere, lassù sulle colline, e non era ancora sceso a Piacenza. In secondo luogo, era fatta da "fen": Giuseppe Caimmi, Piergiorgio Nicolazzini, Giovanni Mongini, Danilo Arona, Gian Filippo Pizzo, Ketty De Chirico, il sottoscritto eccetera. Gamma di De Carlo, tanto per fare un esempio, aveva firme come Tino Ranieri, Vittorio Spinazzola e Claudio Gorlier, il giovane accademico; Robot , al contrario, aborriva l'accademismo, era una rivista di fantascienza barricadera. Non approssimativa o facilona, anzi l'esatto contrario, ma come si dice: fatta dai cani sciolti.

Cosa interessava questi cani senza collare né padrone? Affondare i denti nell'Osso Squisitissimo, nella Cosa in Sé: ergo, nella quintessenza della fantascienza. Ma cos'è la quintessenza della sf? Non è esattamente uno Scontro stellare oltre la Terza dimensione; non è soltanto un Robot che sembrava me - anche se questo lo sembrava, eccome! E' piuttosto un'astrazione, una ratio attraverso la quale misurare, con gli strumenti della critica e talora della polemica, una visione del mondo e del cinema, della letteratura e della politica. I Leoni di Robot si azzannavano e si affannavano su questioni spinosissime come: la fantasy è di destra? Ursula K. Le Guin salverà il mondo con le sue utopie anarchiche? Heinlein dobbiamo veramente buttarlo alle ortiche? Che rapporto c'è fra gli scacchi e Fritz Leiber? Cosa vogliono i nuovi autori della sf americana e inglese? Il tutto documentato con una dovizia di informazioni (non di rado di prima mano) e una messe di illustrazioni e grafica che non avevano precedenti nell'editoria di genere. E che nessuno ha saputo riprendere in seguito.

Vittorio ebbe l'incredibile acume di scovare, tra i tanti "fen" passeggeri o dissennati, quelli che avevano in sé il germe o la promessa della professionalità: li usò oculatamente, a volte li guidò e li corresse, e il risultato fu quello che tutti sappiamo. Non tutti i collaboratori di Robot venivano dal fandom, naturalmente: c'erano Lorenzo Codelli, Fabio Pagan, Remo Guerrini, Laura Serra, Riccardo Valla (solo per nominarne alcuni) che ormai la fan-aticità se l'erano lasciata alle spalle, ma in cuor loro anche questi autori erano degli appassionati. La loro vita era nel cinema, nelle riviste di fantascienza, nella scienza o nel giornalismo. Erano creatori, ognuno a suo modo, e davano alla rivista un'impronta intellettuale che doveva lasciare non poco freddi Gli Indifferenti di cui sopra.

La Robot del passato, la Robot storica, visse dunque la seguente contraddizione: essere una rivista colta e fiammeggiante, estremamente personale nei punti di vista, ma con l'ambizione di rivolgersi a un pubblico abbastanza vasto da consentirne la sopravvivenza (che all'epoca, Vittorio mi corregga se sbaglio, doveva aggirarsi intorno a un minimo di diecimila lettori). Quando questa soglia venne tragicamente superata, l'editore Armenia impose prima un ridimensionamento dei contenuti - eliminando, non a caso, il grosso della parte giornalistica ed editoriale - e poi, in accordo con i distributori, decretò la chiusura.

Nessun'altra pubblicazione italiana era stata vicina al cuore degli appassionati come Robot , nessuna aveva cercato di affrontare l'argomento come farebbe un giornale, un mensile d'informazione a tutto tondo; ed è questo ad averne creato la leggenda. Altri ci hanno provato in tono minore, sfruttando il legame con il fandom, e qui vorrei ricordare almeno Verso le stelle di Luigi Naviglio e alcune collane dirette da Antonio Bellomi, per non parlare della buona rivista romana Fantascienza (Ciscato): ma nessuna ha cavalcato la passione per la fantascienza in tutti i suoi aspetti con l'audacia, la completezza e la ricchezza di Robot. Perciò, quali che siano state le sue contraddizioni e i suoi limiti, ROBOT rimane la combattente per eccellenza nella battaglia senza fine e senza frontiere per il trionfo della sf über alles.

Oggi Robot rinasce grazie a una piccola casa editrice che muove, non a caso, dal mondo del fandom o almeno degli ex-fen che si sono organizzati per diventare editori distribuendo i propri prodotti via internet, una cosa impensabile nel 1976 ma fattibilissima con le tecnologie del 2002. Il risultato sarà sicuramente professionale nella veste, ma la domanda che dobbiamo farci tutti fin d'ora, per durare il più a lungo possibile e per dare a Robot una vita che sia degna di chiamarsi tale, è infine: a chi vogliamo rivolgerci? Allo zoccolo duro, ai collezionisti, agli ex-estimatori o a tutti i potenziali lettori di una collana (e non solo di una rivista) di fantascienza? E cosa daremo a questo nostro pubblico?

Attenzione, il nocciolo della questione è tutto qui.