La storia di Howard Hughes, l’eccentrico miliardario americano, pilota, regista di cinema, visionario della progettazione aeronautica, produttore, playboy, vittima più o meno inconsapevole delle proprie paranoie è celebrata nell’epico The Aviator diretto da Martin Scorsese con una grinta straordinaria superiore a quella di tutti i suoi film dell’ultimo decennio.

Il film ha per grande protagonista un ottimo Leonardo DiCaprio ed esplora il periodo della vita di Hughes a cavallo della Seconda Guerra Mondiale. Dagli anni in cui diresse i suoi due film come regista Angeli dall’inferno (1930) e Il mio corpo ti scalderà(1943) fino ai guai con il governo degli Stati Uniti e il decollo dell’Hercules il più grande aereo mai costruito dall’uomo nel 1947. Un’avventura straordinaria quella di Hughes, un orfano che aveva ereditato dal padre una grande fortuna e si era in seguito arricchito al punto di diventare uno degli uomini più influenti d’America. Amante di attrici come Jean Harlow, Katherine Hepburn e Ava Gardner, Hughes era anche un tecnico lungimirante che pilotava personalmente i suoi aerei e che aveva sperimentato in ben quattro incidenti differenti il rischio di morire su uno dei suoi prototipi. Una persona fuori dagli schemi che già in giovane età aveva manifestato un disordine del comportamento che in seguito lo avrebbe fatto vivere come un recluso nell’ultimo piano di un albergo di Las Vegas che aveva acquistato. Il cattivo Williard Whyte, protagonista di 007 Una cascata di diamanti era ispirato a Hughes e lo stesso miliardario, grande fan di James Bond, aveva acquisito una copia in sedici millimetri del film per tenerla nella sua collezione privata.

L’Howard Hughes mostrato da Scorsese è – dunque – tutte queste cose, ma – soprattutto - è un ‘visionario’ lungimirante in grado di apportare una sostanziale rivoluzione al mondo dell’aviazione grazie a quell’inventiva e a quella lungimiranza tipica dei pionieri.

Tutto questo in una ricostruzione scintillante della Hollywood degli anni Quaranta, tra serate di gala straordinarie, donne irraggiungibili (per gli altri, non per Hughes…) e sogni di gloria altrettanto scintillanti.

Per Scorsese, grazie alla sceneggiatura di John Logan, esplorare la vita di Howard Hughes offre la possibilità di riflettere sulla forza della visione di un uomo e – al tempo stesso – anche sulle sue paure e debolezze. Non solo: è anche l’occasione per analizzare lo scontro di potere tra la TWA del miliardario e la Pan Am per controllare i cieli. Una forte impronta politica per una storia in cui il sogno americano viene sempre messo in discussione e analizzato con tutte le sue falle e la sua forza immaginifica.

The Aviator è senza ombra di dubbio uno dei più riusciti film di Scorsese degli ultimi anni, in cui il regista non temendo di confrontarsi con un mondo tanto conosciuto, esplora la vita di Hughes come simbolo di un’America caparbia e pronta a tutto, destinata a soccombere, forse, soltanto dinanzi alle proprie paure e ossessioni.

In questo senso la ricostruzione storica dell’epoca va a fondo sulla vita pubblica dell’America di quegli anni diventando una sorta di backstage degli scandali (se così li vogliamo chiamare…) degli Stati Uniti dell’immediato dopoguerra.

In questo senso tutto nel film (che dura quasi tre ore…) fluisce alla perfezione con l’unica nota stonata di Kate Beckinsale che non ha il carisma (né il fisico…) necessario per interpretare una diva della bellezza di Ava Gardner. Cate Blanchett, invece, è una notevolissima Katherine Hepburn di cui replica movimenti, espressioni e (basta ascoltarne la voce in originale sui Dvd dei film come La costola di Adamo…) anche la cadenza. Una ricostruzione perfetta che Martin Scorsese sfrutta come background ideale per la tragedia di Howard Hughes, uno degli uomini più potenti e lungimiranti del Novecento, finito per autoescludersi da quel mondo che aveva tanto amato potere sorprendere con il suo cinema insolito e costosissimo e con le sue creature aeree.

The Aviator, paradossalmente, al di là della sua spettacolarità e del suo essere la dettagliata analisi di quello che accadde negli Stati Uniti in un contesto storico di transizione, è un dramma intimista in cui la biografia di un singolo uomo coincide con la storia (e con le aspirazioni…) di un’intera nazione. L’elemento tragico del film non sfugge: come Icaro che volle volare fino al Sole vide sciogliersi la cera che lo legava alle sue ali, così Hughes vide liquefarsi i suoi legami con il mondo reale per la stessa tracotanza (übris) di tentare di andare laddove nessun uomo aveva mai osato provare a recarsi prima, creando una compagnia di aerei che volassero in tutto il mondo e – al tempo stesso – sperimentando nuove tecnologie avioniche.

Howard Hughes rappresenta un personaggio complesso e decisamente unico: santo e peccatore, scienziato e uomo d’affari, playboy e agorafobo, capace di affrontare e subire tutti i traumi e le contraddizioni dell’epoca in cui era vissuto. Un uomo capace di ideare e pilotare il più grande aereo del mondo e – al tempo stesso – inventare un primo rudimentale modello di wonderbra per rendere ancora più sorprendenti le tette già mirabolanti di Jane Russell in Il mio corpo ti scalderà, film la cui sensualità aveva sfidato la morale di un’epoca.

Nel cinema così come negli affari, nell’aviazione così come in tutto quello che toccava Hughes fu essenzialmente un innovatore, ma – come ci raccontano – Scorsese e lo sceneggiatore John Logan (Il gladiatore, Star Trek Nemesi) nel suo cuore rimase soprattutto un aviatore, innamorato della forza e della potenza del volo come senso ultimo della sua sfida nei confronti dell’esistenza.