In queste ultime settimane sono andate intensificandosi le azioni legali da parte della MPAA, la federazione delle case cinematografiche, contro siti dedicati al peer to peer, cioè allo scambio di file tra utenti. I file, in questo caso, sono nello specifico file video, che grazie da una parte alle nuove tecnologie di compressione come DIVX, XVID o Mpeg 4 consentono di ridurre il contenuto di un dvd in circa seicento megabyte con limitata perdita di qualità, dall'altra al diffondersi della banda larga, stanno cominciando a essere scambiati con frequenza. Il fenomeno non è ancora al livello di quanto accade nella musica, ma a quanto pare le major cominciano a considerarlo molto pericoloso per i loro affari. Questo si è tradotto, anche in Italia, in centinaia di diffide inviate dalla MPAA ai provider internet i cui utenti erano stati individuati nelle reti P2P.

Tra le tecnologie che stanno crescendo di popolarità c'è BitTorrent, un sistema che non utilizza server terzi ma il contatto diretto tra utenti. Quando un utente scarica un file, automaticamente mette la parte che ha già scaricato a disposizione degli altri utenti.

Questa impostazione comporta qualche differenza già sufficiente a mettere in crisi le disposizioni legali attuate per contenere sistemi come Kazaa o Gnutella. Ma soprattutto risulta difficile sostenere la legittimità di una battaglia legale contro i siti, come Suprnova, che pubblicano gli indirizzi di partenza per chi vuole scaricare file via BitTorrent. I siti non distribuiscono certamente materiale sotto copyright; al limite possono essere accusati di favorirne lo scambio tra gli utenti.

All'iniziativa di MPAA ha chiaramente applaudito la IFPI, l'associazione internazionale dei fonografici. "Chi è coinvolto nel funzionamento di servizi peer-to-peer non autorizzati - ha affermato il CEO di IFPI Jay Berman - danneggia il mondo della musica, i produttori di film, le imprese legali online e tutti coloro che contano sul copyright per la propria vita. Colpire i server del peer-to-peer, che agiscono come depositi di distribuzione di materiale illegale, è un altro modo di contenere l'abuso della tecnologia P2P da parte di persone intente ad un furto di copyright di massa".

Se però si guarda proprio al mondo della musica, ci si accorge che il calo degli scambi in P2P, se c'è stato, più che alle inefficaci battaglie della RIAA contro Napster, Kazaa o Gnutella, che hanno ottenuto solo qualche cambiamento di standard senza far diminuire la portata del fenomeno, è stato merito dell'arrivo di un sistema legale per scaricare musica, con la diffusione dei negozi online, in particolare di iTunes della Apple (che detiene quasi il 90% del mercato) che in pochi mesi ha venduto oltre 150 milioni di brani.

Non tutto il mondo del cinema è compatto in questa battaglia. La Disney ad esempio se ne è tenuta fuori, mentre la Warner ne è uno dei sostenitori più accesi.

Pur continuando a sostenere la necessità del bastone, le case produttrici di film e telefilm (che sono ancora più "trattati" del film) sembrano rendersi conto, comunque, che è necessaria anche la "carota", stanno insomma entrando nell'ordine di idee di cominciare a vendere i loro prodotti per il download in rete.

Del resto chi in tutto il mondo scarica via rete gli episodi di Enterprise o di Galactica non lo fa tanto per risparmiare dei soldi, quanto per non dover aspettare che una rete televisiva del suo paese li metta in onda (cosa che in molti paesi, vedi il nostro, può richiedere decenni o essere una speranza del tutto vana). E' molto probabile che a fronte di una qualità garantita e di uno scaricamento più rapido gli utenti sarebbero ben disposti a pagare anche cinque o sei dollari per avere un'episodio di telefilm (le versioni su dvd, quando ci sono, costano in genere meno di 4 dollari a episodio).

Basterebbe soltanto un po' di organizzazione tecnologica e commerciale, e le major di Hollywood potrebbero scoprire che invece di costringerli a buttar via soldi in battaglie legali la rete potrebbe coprirli d'oro con un nuovo mercato potenzialmente enorme.