Niente. Adesso anche la donna è fuori, l'ho spinta nella terza casa dove il suo raggio d'azione è aumentato, adesso sono quasi le sette, adesso è tardi. La bottiglia del gin è vuota per metà, gira la testa le caselle della scacchiera non stanno ferme tremano e sbavano giù nella strada strisciano mille zampe di gatto rumori di tanto in tanto lame di luce che s'aprono a ventaglio e vengono a lambire la finestra qui c'è silenzio un grappolo un colabrodo di buchi incomprensibili sei impazzita? Adesso non esageriamo, c'era il riverbero, non so, forse era meglio non muovere la donna, forse era meglio lasciare a Mark l'iniziativa, scoprire prima le sue intenzioni e poi decidere, bestia, Mark spinge in e4, mi attacca al centro e libera l'alfiere, io non ho scelta, la presa del pedone è necessaria e se riprende di cavallo peggio per lui perché allora do scacco al re e gli sfascio l'ala sinistra, adesso bevo, guardala questa bottiglia, mi scivola di mano va in frantumi schizza il liquore sul pavimento, i vetri, ormai è chiaro che l'hanno trattenuta, il traffico non c'entra, e poi eravamo rimasti d'accordo che appena fuori, Elena non l'ha fatto, non ha telefonato, non voglio guardare l'orologio, non voglio è inutile palazzo ambulatorio come dentro un ufficio, loro mandano la cartolina, dentro un salotto forse è come un salotto con le sete e il velluto le fanno accomodare guardano da uno spioncino e scelgono non voglio adesso apro un'altra bottiglia e intanto Mark riprende davvero di cavallo e m'offende la donna

qui la macchina sbaglia

io do scacco in b4, qualunque cosa faccia Mark la pedina in b2 è guadagnata, non capisco, un tiro di seconda intenzione e c'è caduto dentro a capofitto questo m'insospettisce, forse... No, forse mi sbaglio, io debbo smetterla di considerare le macchine come se fossero la perfezione concretizzata, debbo convincermi che anche Mark-5 può sbagliare, ci sono sotto al cofano decine di migliaia di circuiti, ragioniamo, hanno inserito negli schemi un mucchio di partite, ma soltanto una parte di quelle effettivamente giocabili, le più logiche, quelle che seguono lo spirito del gioco, ma supponiamo un pazzo, no, meglio un burlone che in apertura faccia una mossa sciocca, oppure insolita, una mossa non contemplata nel progetto, la macchina che fa, non può mica dichiarare forfait, i selettori si bloccano e l'automa ha le frecce spuntate, dovrà procedere di tratto in tratto affidandosi ad una sua capacità di previsione, e non è detto, perbacco non è detto che questa sua capacità sia superiore alla mia, ora m'illudo, però a pensarci bene potrebbe essere così, senza contare poi che qualche volta (ma è raro, molto raro), insomma qualche volta il cosiddetto errore medio quadratico di filtraggio istupidisce anche l'elaboratore elettronico più dotato, certo sarebbe bello prendere a schiaffi Mark, rimbecillirlo, chiudergli il re in un angolo e mattarlo...

Niente. Sono le sette e un quarto.

Dirà

-- Non è successo niente, un semplice controllo.

-- E se invece...

Dirà:

-- No, non è successo niente.

-- Testimonianza inattendibile.

-- Non ti fidi di me?

-- Non posso: un colpo di spugna sulla tua memoria e...

-- Niente colpi di spugna, ti assicuro.

-- E' appunto questo che non puoi assicurare.

E per un poco ci sarà silenzio, Elena avrà negli occhi un guizzo ambiguo un lampo indecifrabile un sorriso la fuga dei ricordi lungo navate chilometriche la vita la vita ignobile e ci sarà nella stanza come un piccolo bisbiglio di cose che si spengono un'eco lieve e poi sonora di conchiglia marina il tempo congelato intorno a un gruppo di rabbia.

Poi Elena dirà:

-- E allora?

-- Allora niente. E' tutto come prima, ed è tutto cambiato.

E' tutto come prima, ma di nostro, di veramente nostro, non resta più nemmeno un bruscolo, un capello.

Così. Parole pronunciate mille volte in discorsi ipotetici. Elena sa, Elena l'ha sempre presentito, nei giorni che verranno sarà come un cieco vano rincorrersi in un labirinto di stanze senza uscita.

giocare, giocare sempre, tutti i giorni

continuare egualmente, con tutta l'attenzione, un modo come un altro per affogare la sofferenza, bere e giocare, concentratissimo, press'a poco come quel tizio, Pascal mi sembra, che in preda al mal di denti passò la notte studiando la cicloide, non sentiva più niente, ora capisco, ora mi rendo conto, il mondo è inattaccabile, una sfera compatta di metallo irto di schegge, posso picchiare come un matto e sempre mi spezzerò le mani, cretino, io non dovevo portarmi in casa questo baule di valvole con gli occhi che lampeggiano e ronza e sussulta somiglia troppo a quella bestia in agguato là fuori, modello in miniatura di un universo osceno, è questa la ragione, Elena, è questa, gin periddìo, ora capisco non fu mai per svago sempre ho giocato col cuore in gola il tremore lo spasimar una sfida se potessi una volta almeno se potessi rompere la catena salire a galla e respirare basterebbe