Ormai lo sappiamo tutti: nella stagione tre Star Trek: Discovery risolveva tutti i problemi di continuity generati dall'essere un prequel della serie originale andando avanti di 930 anni nel futuro, dove nessuna serie della saga era mai giunta prima. Per i due showrunner Michelle Paradise e Alex Kurtzman era l'occasione perfetta per dare all'equipaggio della Discovery una galassia tutta nuova da esplorare e soprattutto, libero da tutti i legami con le serie del letterale passato. Il problema era che, arrivati a destinazione, la galassia era molto cambiata.

Il Grande Fuoco

O The Burn in originale, era un evento catastrofico misterioso avvenuto centoventi anni prima, come spiega il contrabbandiere Cleveland Booker (David Ajala, Nightflyers) al primo incontro con Michael Burnham (Sonequa Martin-Green). Durante Il grande fuoco gran parte del dilitio della galassia era esploso, causando milioni di morti, la distruzione di buona parte delle astronavi comprese quelle della Federazione e di conseguenza un grosso limite nei viaggi spaziali. Scoprire il mistero del Grande Fuoco sarebbe diventato la priorità di Burnham.

Il finale

Se non siete in pari con l'arrivo in streaming di Star Trek: Discovery, sappiate che quanto segue è uno spoiler sul finale di stagione, intitolato Quella speranza sei tu (seconda parte) che chiude il cerchio iniziato con il primo episodio, Quella speranza sei tu (prima parte). La sua missione la porterà nella nebula Verubin e una astronave kelpien precipitata in un luogo inospitale. A bordo un solo sopravvissuto, Su'Kal, un giovane kelpien rimasto nel relitto per un secolo in attesa di essere salvato all'interno di un ponte ologrammi creato dalla madre per custodirlo, e col quale si confronta Saru che il ponte ologrammi ha trasformato in un umano, interpretato da Doug Jones senza tutte le protesi facciali.

Omelas

I due showrunner hanno poi rivelato durante una chat con Gold Derby dopo il finale di stagione che l'ispirazione per il mistero del Grande fuoco arrivava dal racconto breve di Ursula K. Le Guin Quelli che si allontanano da Omelas (nella raccolta I dodici punti cardinali, Editrice Nord, 2004), o in inglese The Ones Who Walk Away From Omelas, pubblicato nell'ottobre 1973 e che aveva vinto il Premio Hugo nel 1974 come miglior racconto breve. Un racconto che viene spesso usato nelle scuole americane per discutere di etica nella letteratura.

La trama del racconto in realtà è molto diversa: il narratore racconta della scintillante città chiamata Omelas, nel periodo in cui si festeggia il solstizio d'estate. Ma la festività è solo uno dei tanti esempi della prosperità di Omelas. Qui sono tutti benestanti, intelligenti, acculturati, non ci sono re, regine, eserciti, preti e schiavi. Insomma, è la città perfetta, ma il motivo è atroce: affinché tutti possano essere felici un singolo bambino deve essere tenuto in un perpetuo stato di sporcizia, oscurità e sofferenza. Il bambino è impotente: qualsiasi gesto di gentilezza, anche piccolo, trasformerebbe l'utopia in una distopia, i termini sono rigidi. Quando i cittadini sono abbastanza grandi viene rivelata loro la verità e dopo un momento di shock e disgusto, alla fine accettano questa unica ingiustiza per il benessere della città. Ma alcuni non ci riescono e se ne vanno, e nessuno sa dove, il narratore si limita a dire che vanno in un posto meno immaginabile di Omelas e che non può descriverlo, forse non esiste, ma loro sembrano sapere dove stanno andando.

Il racconto della Le Guin ha un significato politico ben preciso – non è possibile accettare di vivere in un mondo ricco e confortevole sapendo che questo è basato su ingiustizie e impoverimento altrui. In Discovery il dramma del bambino solo e prigioniero ha causato il crollo, anche se involontario, della società perfetta.

Voi cosa ne pensate del finale della stagione tre di Star Trek: Discovery e del paragone con Quelli che si allontanano da Omelas?