Di una cosa bisogna dare atto a Netflix: non ha alcun problema a sperimentare con metodi di narrazione alternativa. Che si tratti della follia di una delle sue prime serie, Hemlock Grove, o il recente film scegli-la-tua-avventura Bandersnatch, che richiedeva visioni multiple per vedere tutte le possibili diramazioni della storia (e alcune non le sbloccherete mai secondo il regista), fino alla recente serie antologica Death, Love + Robots, che si è presentata un mese fa con un trailer delirante che potete scoprire in fondo all'articolo per poi debuttare nella sua interezza anche da noi il 15 marzo.

Ma come è nata questa idea dal duo David Fincher (Alien 3) e Tim Miller (Deadpool)?

Heavy Metal

Non il genere musicale ma la rivista di culto, alla quale erano stati dedicati due film, uno nel 1981 e uno nel 2000. Nel marzo del 2008 Fincher e Miller si erano ritrovati, dopo un primo incontro avvenuto otto anni prima per dare forma alla loro visione di un film dedicato a Heavy Metal: un film antologico con episodi in varia natura ma dai temi decisamente adulti se non estremi come è tipico per la testata.

Ma la loro prima scoperta fu che nessuna casa di produzione amava il concetto di film antologico, fino al momento in cui il progetto cadde nel vuoto e nel 2011 il regista Robert Rodriguez (Alita: angelo della battaglia) acquisì i diritti cinematografici, solo per vedere anche il suo tentativo fallire miseramente.

E poi arriva Netflix

Come ha raccontato Miller, gli executive del canale in streaming si dimostrarono entusiasti, dando loro libertà creativa e relativo budget.

Ma il concetto ideato dieci anni prima si era ora evoluto in qualcosa di diverso.

Infatti Love, Sex + Robots nasceva dai migliori racconti letti dal regista non solo su Heavy Metal, ma anche su Eclipse, La spada selvaggia di Conan e altre testate antologiche.

Gli episodi

Dei diciotti episodi, sedici sono trasposizioni di racconti di autori come John Scalzi, Joe R. Lonsdale e Alaistair Reynolds, due sono invece del tutto originali.

Quanto allo stile, si passa dall'animazione classica 2D alla computer grafica ai corti con attori in carne e ossa e qualsiasi altra variante scelta dai team incaricati di sviluppare le storie.

L'unico criterio era: nessuno criterio, così come non ci doveva essere nessun tema dominante, per cui si passa da lupi mannari in Afghanistan a yogurt senzienti che vogliono dominare il mondo.

Gli stessi executive di Netflix avevano ammesso di non avere alcun dato su quanto potesse piacere al pubblico il loro progetto, ma erano più che felici di provarci.

Tim Miller non sa se ci sarà mai una seconda stagione di Love, Sex+Robots ma quello che conta per lui è che queste diciotto storie possano avvicinare gli spettatori ai romanzi degli autori da cui derivano.

La prima stagione di Love, Sex+Robots è già disponibile anche da noi su Netflix, voi l'avete vista, cosa ne pensate?