Lo scrittore inglese Ian McDonald è uno dei migliori talenti in giro a livello mondiale. Autore di una ventina di libri, quasi tutti inediti in Italia, per ora il suo titolo più noto resta forse Forbici vince carta vince pietra. Nel 2015 ha iniziato la Trilogia della Luna, che adesso approda anche da noi con il primo volume Luna nuova, per Urania Jumbo 3 della Mondadori. Per quel che mi riguarda è uno dei migliori volumi che ho letto quest’anno. Intendiamoci, se cercate il divertimento e l’avventura pura qui ne troverete poca. È un’opera complessa e stratificata, che affonda le radici appieno nella cultura postmoderna. Le chiavi interpretative che bisogna possedere per godersela sono molte, e il lettore medio italiano non le possiede (i critici, tranne rare eccezioni, sono oramai estinti). E, infatti, mi pare che sinora sia passato quasi in silenzio nel flusso delle uscite estive. Già solo riassumere il primo tomo sarebbe un’impresa non da poco, oppure, possiamo liberarcene in poche parole: la storia di una famiglia, i Corta, e della sua rivalità con le altre quattro, che compongono insieme una nuova forma di governo sulla Luna, oramai quasi indipendente dalla Terra. Liberandoci della trama velocemente, possiamo analizzare meglio le potenzialità del testo. Che quindi non punta ad una storia innovativa. Semplicemente perché dà per scontato l’assunto postmoderno che tutte le storie sono oramai già state scritte. E la loro reinterpretazione che conta.

Il tema lunare o quello marziano hanno oramai quasi cento anni di vita. E possibile il loro rinnovamento? Sì, sembra dirci lo scrittore, solo nell’ottica di cogliere le influenze che arrivano da tutt’altro campo che da quello della fantascienza. E allora, iniziamo a vederle, queste influenze. Quei pochi che hanno recensito il testo lo hanno paragonato, per il filone degli intrighi di palazzo, al Trono di spade. Ci sta tutto il confronto, ma McDonald si spinge ancora oltre il pur ottimo Martin. A me sono tornati in mente due nomi, Marquez con Cent’anni di solitudine e La Storia del West di Gino D’Antonio. Il motivo? I tre testi hanno in comune quella che in teoria della letteratura chiamiamo “capacità mitopoietica”. Attraverso varie tecniche narrative la storia della famiglia, assieme al luogo dove è situata, assurge a mito. E un’operazione difficilissima da mettere in pratica. Leggetevi queste tre opere e capirete quanto sia potente McDonald in questo romanzo. In particolare, quando, attraverso la narrazione in prima persona, e la tecnica del flashback, la matriarca ricorda, parlandone in un’intervista, i tempi, appunto oramai leggendari della creazione del suo impero economico. Quando queste tecniche vanno a segno ci lasciano pagine indimenticabili come queste. Sempre in quei pochi commenti che ho trovato, si parla, continuando il paragone con Martin, di fantasy. Qui l’errore diventa più grossolano. O non si è letto o si è letto male. Qui non c’è nessun ritorno ad ambientazioni medioevali. Non ci si lasci ingannare dalla presenza dei cinque clan familiari. Essi sono innestati in una società lunare completamente diversa da quella terrestre. Niente ricorda il medioevo. La tecnologia è evolutissima. Tutti sono collegati alla Rete tramite un avatar personale. Se le guerre si combattono solo con spade e coltelli è per una motivazione puramente scientifica inerente le caratteristiche della luna, perché le armi tecnologiche distruggerebbero tutti.

Il denaro è abolito, visto che tutto avviene nel mondo fluido della Rete. Siamo quasi nei pressi del Cyberpunk, nel quale viene poi incorporata la trama della lotta tra i clan. Ora, a fianco a questi temi cyber, l’autore compie una commistione con idee che hanno ingannato i lettori superficiali. Per esempio, il sistema giuridico. Un’invenzione straordinaria. Estremizzando assiomi marxisti, questa nuova società lunare, cresciuta nel dolore e nella sofferenza dovuti all’aridità del mondo che abita, ha maturato una nuova filosofia di vita, improntata tutta solo al mercanteggiare qualsiasi cosa. Si contratta tutto, dall’aria da respirare alla giustizia da somministrare. I giudici stessi ragionano in questo modo. E se non si trova l’accordo? Si richiama la legge del duello, sino alla morte di uno dei due contendenti. Ma di nuovo, non ci si lasci ingannare dall’aspetto barbarico. Questa, ripeto, non è un’ usanza che riporta al medioevo, perché i combattenti sono persone importanti delle società finanziarie, manager, personaggi altamente contemporanei. Tutto il testo, infatti, richiama continuamente i nomi, altamente creativi, delle nuove società del futuro. Anche a livello religioso dovremmo dedicare spazio ad analisi approfondite. Annullando ogni banalizzazione, McDonald fa di nuovo convivere passato terrestre e futuro lunare. E allora, in una società, come abbiamo visto, iper-tecnologica e iper-capitalistica, non ci dobbiamo stupire di trovare Associazioni di potere parallele a quelle economiche, nuove religioni ricomposte su vecchie mitologie terrestri. In particolare, la cultura vasta dello scrittore, che già aveva ambientato altri suoi romanzi in ogni parte della terra, gli permette di riportare sulla luna la cultura brasiliana. E, come sempre, non si tratta di una pura operazione superficiale. Ci sono delle parti in cui l’opera diviene quasi un trattato di sociologia. I culti dei santi, dei riti, delle pratiche magiche persino, sudamericane sono indagate quasi scientificamente. Anche a livello linguistico il portoghese assume una importanza strutturale, quando i personaggi o il narratore vogliono rendere qualcosa nel profondo richiamano questa lingua gravida di storia e cultura. Concludendo, ho voluto sinteticamente richiamare i vari strati di lettura, rimanendo fermo il fatto che anche a livello di costruzione dei personaggi, con le loro identità riconoscibili e non banali, pieni di difetti e contraddizioni, ci sarebbe da scrivere parecchio. Basti dire che alla fine trovare un vero “buono” risulta abbastanza difficile.