Il lancio in Italia del recente videogioco Pokémon Go ha creato una vera e propria nuova fruizione dei posti, dei luoghi delle nostre varie comunità. Ciurme di bambini più o meno grandi hanno iniziato a girare per strade e piazze fino ad allora da loro spesse volte non conosciute né esplorate alla ricerca di qualche nuovo, esotico "mostro tascabile" da catturare, oppure di punti strategici, negozi e palestre, dove migliorare il proprio equipaggiamento e la propria squadra di Pokémon.

Per sviluppare le mappe di Pokémon Go, gli sviluppatori di Niantic si sono basati sulle cartografie di Google Maps legando l'apparizione di Palestre e Pokéstop sulla base dei luoghi di interesse inseriti dalla community di fruitori di Maps nei vari territori. Considerando la vivacità della community, nonché la densità di informazioni già oggi presenti, l'idea deve essere sembrata la più semplice soluzione per impostare uno sviluppo algoritmico su base mondiale. Eppure i problemi di tale sistema iniziano a emergere.

Mentre blogger e riviste si sono lanciati a commentare i casi più astrusi di collocazione dei luoghi strategici, emerge un secondo problema: nel Paese degli ottomila comuni si è affermata una rinnovata geografia aumentata di comuni di serie A e di serie B. Nell'elaborazione delle mappe, infatti, Google non ha legato l'attribuzione dei suoi luoghi di interesse sulla base delle municipalità o, tanto meno, dei valori demografici del territorio. Sono stati collocati rispondendo all’'attività della community e alle necessità cartografiche. Ne è risultata una fortissima disparità tra comuni, anche vicini: così troviamo comuni, anche piccoli con due o tre punti di interesse, e comuni più grandi con uno o nessuno. 

Ad una manciata di giorni dal lancio del gioco, iniziano le email e le telefonate ai sindaci da parte di bambini e genitori che richiedono che anche sul proprio territorio almeno una palestra per i Pokémon (e nel dubbio anche una palestra vera e propria, ma questa è un'altra storia) e qualche negozio. Già si invoca il diritto al gioco sancito dalla Convenzione sui Diritti dell'Infanzia dell'ONU. I comuni, così, corrono ai ripari. Tra amministratori, si intavolano discussioni da Big Bang Theory: Che facciamo?, Ma basta lavorare su Map Maker?, Dobbiamo scrivere alla Nintendo? 

Sicuramente questa storia, un po' buffa, fa riflettere su un Paese frammentato, dove le distanze tra comune e comune diventano sempre più grandi, difficili da attraversare soprattutto per i più piccoli. Si ripensa alla geografia dell’Italia, ai suoi mille e mille campanili, alle sue aree centrali e a quelle marginali, toccando, seppur solo con un tocco veloce, l'effettiva discrepanza di opportunità che un bambino vive ha crescendo a Milano piuttosto che tra le colline del Monferrato. Il gioco delle differenze mai sanate non è mai stato risolto e Pokémon Go ce l'ha fatto di nuovo percepire. Dato che oggi pensare di risolvere il problema del trasporto pubblico nazionale sembra oggi utopia, vediamo se questa volta almeno per il problema di un videogioco riusciamo a trovare una soluzione.