Ma la degenerazione dell’uomo non è un tema raro nella filosofia della storia. Dopo Esiodo sarà ripreso dai cristiani, i quali ricorderanno come l’Uomo sia stato cacciato dall’Eden e sia stato costretto al lavoro. Archetipo jungiano. Nel medioevo la storia viene rappresentata come linea discendente, e se l’antichità classica ne era la maturità, il medioevo per i contemporanei ne è la vecchiaia, il tramonto. È la dottrina del mundus senescit, il mondo morente. I contemporanei della Cristinatià medioevale attendevano l’imminente arrivo dell’Anticristo, che avrebbe posto fine al declino dando il colpo di grazia all’umanità. Così, per la religione scientista di Fondazione, Hari Seldon è il profeta dello Spirito Galattico, che con la sua Psicostoria annunciò l’imminente fine dell’Impero e la futura venuta di un nuovo Paradiso Terrestre (come nell’Apocalisse biblica è la discesa in terra della nuova Gerusalemme Celeste). Eppure la filosofia asimoviana della storia non è affatto una parabola discendente, come si potrebbe immaginare. Del resto è impensabile che un positivista ateo come Asimov credesse che l’uomo fosse destinato alla degenerazione. E infatti la filosofia della Fondazione è ben altra: dopo la caduta dell’Impero e i mille anni di barbarie, vi è la rinascita di un nuovo Impero galattico, più prospero e duraturo del precedente. E qui sta il punto centrale di tutta la concezione della saga, che si rifà alla concezione di innumerevoli filosofie. In primo luogo a quella della concezione ciclica del divenire del filosofo greco Empedocle. Egli immaginava la ‘vita’ dell’universo come un circolo chiuso che prevedeva l’alternarsi di amore e odio. Il periodo del benessere e della prosperità è quello in cui nell’universo vi è solo l’amore. È il periodo, diciamo, dell’Impero galattico. Ma l’amore viene inevitabilmente intaccato dall’odio (che non è negativo, perché se ci fosse solo amore non ci sarebbe la Storia e non vi sarebbero molteplicità), e i due elementi per un periodo convivono insieme. È il periodo della decadenza dell’Impero. Ad un certo punto l’odio prevale, vi è autentico caos. È il periodo delle barbarie. Dopo di ciò c’è un nuovo alternarsi amore/odio (rinascimento) e infine il ritorno a uno stato di solo amore (il Secondo Impero). E così via all’infinito. Tale teoria viene ripresa più avanti dagli Stoici. Essi ipotizzavano che l’universo seguisse una specie di corso naturale di vita (il Grande Anno), al termine del quale vi sarebbe stata una conflagrazione generale (che noi moderni chiameremo un ‘big crunch’), e poi da qui la rinascita dell’universo, dove le cose sarebbero andate nello stesso, identico modo dell’universo precedente. Cioè, ci sarebbe stato anche nell’altro universo (così come in tutti i futuri universi, in eterno), un Asimov che avrebbe scritto la Fondazione e qualcuno che avrebbe scritto un articolo di critica come questo. Seldon, in Fondazione anno zero, parla in qualche modo proprio di questa concezione, quando al suo amico Amaryl rivela di sentire l’uomo come Sisifo, il leggendario titano costretto a trasportare fino alla sommità di una collina una roccia, che poi inevitabilmente sarebbe rotolata giù e avrebbe costretto Sisifo a rifare il lavoro daccapo, in eterno. Con questa metafora Seldon spiegava la sua visione della nascita del Secondo Impero. Ebbene, in effetti la storia sarebbe andata proprio così, almeno secondo le intenzioni originali di Asimov, e quindi potremo affermare che queste teorie filosofiche rispecchiano perfettamente quella di Fondazione. Anche perché per gli Stoici la legge che domina l’universo è il fato, il destino, proprio come la Psicostoria di Seldon. Essa è una teoria scientifica che però si basa sulla prevedibilità del comportamento umano, prevedendolo. Dunque la Psicostoria viene vista come elemento di conferma dell’esistenza, nell’universo secondo Asimov, di un destino precostituito. È questo ciò che in Fondazione e Impero il patrizio dell’Impero simpatizzante per la Fondazione, Ducem Barr, cerca di far capire al generale imperiale Bel Riose quando questi è intenzionato ad attaccare Terminus. «Sostenete – chiede Riose a Barr – che questa scienza è in grado di predire che io attaccherò la Fondazione e che perderei la tale battaglia per la tale ragione? Intendete dire che io non sono altro che uno stupido robot che segue una via predestinata verso la propria distruzione?… Allora noi ci troviamo semplicemente nelle mani della Divinità della Necessità Storica?» «La Necessità Psicostorica», lo corregge Barr, che infine dichiara: «Fate ciò che vi pare. Esercitate il vostro libero arbitrio. Verreste comune sconfitto». Ed eloquente è il botta e risposta conclusivo tra i due: «A causa del vicolo cieco creato da Hari Seldon?», chiede Riose. E Barr risponde: «A causa del vicolo cieco della matematica del comportamento umano che non può essere fermato, annullato o deviato». Eccola, la Psicostoria. Una versione moderna e soprattutto razionalmente scientifica del Fato dello stoicismo.