- Ora basta Simmons! Si sieda! – ruggì Morris – Come le ho già detto il suo cervello è un bene prezioso per il Paese, ma come vede – indicò Boyle - non avremmo problemi a prenderci il suo lavoro e basta. Sarebbe solo più difficile. – sorrise – E a chi piace la vita difficile? Si accomodi, si calmi e pensi ai soldi che potrà guadagnare collaborando con il governo.- In realtà – aggiunse Boyle, quando la situazione fu di nuovo calma – non ci siamo limitati ai dati.- Cos’altro? – Simmons si lasciò cadere sulla sedia.

- Staminali, cellule staminali modificate. Abbiamo sostituito una partita di enzimi che lei aveva richiesto con una di cellule opportunamente adattate. – il tono di Boyle era diventato quasi enfatico, ma Simmons si limitò a guardarlo.

- Da tempo stavamo lavorando a un progetto simile, ma ci mancava la parte artificiale. Pensi cosa significherebbe in una guerra avere sul campo la possibilità di ricostruire intere parti di corpo umano o di armi partendo da feriti o rottami.

Una volta perfezionati, da quelli che lei chiama controcorpi, potrebbero essere sviluppati dei super-anticorpi in grado di debellare qualunque sorta di batterio naturale o sviluppato in laboratorio. Significherebbe avere infinite risorse. Un esercito con simili potenzialità sarebbe invincibile! E pensi a...

- Basta così Boyle. È stato più che esauriente. – troncò Morris – ora capisce perché non potevamo permettere che esponesse il suo progetto alla comunità scientifica?

Il dottore abbassò il capo sospirando – Non... Non sappiamo a cosa può portare affidare la capacità di rigenerazione a un’entità come un nano-droide. L’aggressività mostrata potrebbe ingenerare in loro una sorta di autoconsapevolezza e Dio solo sa a cosa potrebbe portare.

- In ogni caso il progetto da oggi verrà acquisito e trasferito qui. La sua abitazione non è un luogo appropriato per il proseguo di una simile sperimentazione. Resta inteso che se deciderà di condurla di persona sarà il benvenuto, verrà sistemato a spese del governo e riceverà una remunerazione adeguata. In caso contrario pagheremo quanto ci chiederà e lei s’impegnerà a non sviluppare in proprio questo progetto. Che le pare della proposta?

- Somiglia molto più a un ricatto che a una proposta.

Morris, sul punto di replicare, fu interrotto dal ronzio del telefono di servizio.

- Generale Morris.

Silenzio.

– Cosa intende per “fuori controllo”.

Silenzio.

- Ho capito. Lo porti qua.- riagganciò. – Abbiamo problemi con il suo smartphone dottore. Lei è fonte di continue sorprese.

Passò poco più di un minuto e dalla porta apparve un militare, stringeva in mano un cellulare che vibrava e ronzava senza interruzione con il display che lampeggiava di un inquietante rosso.

- Dia qui! – intimò Simmons.

Afferrò lo smartphone, sfiorò lo schermo, tutto tornò alla normalità, ma Simmons continuò ad armeggiare qualche secondo.

- Mio Dio, – mormorò poi, alzando lo sguardo – i controcorpi sono liberi.

San Diego

Non riusciva a crederlo: l’ultima volta che l’aveva vista era buttata in un angolo della soffitta, un trofeo di caccia del quale il padre non si decideva a disfarsi. Ora però quella testa imbalsamata d’alce stava lì in mezzo alla sala di casa sua, librandosi a poco più di un metro di altezza. Dietro ciò che saliva le scale, qualunque cosa fosse, era ormai a pochi metri dall’ultimo gradino.

La testa d’alce la puntò, preparandosi ad attaccarla.

L’istinto spinse Martha a guardarsi alle spalle, in quell’istante l’alce colpì: il corno destro si abbatté sull’avambraccio sinistro ferendolo con un profondo taglio, come una frustata il dolore sembrò dividerle in due l’arto.

Semi stordita finì a bocconi sul pavimento, strisciò spingendosi con le gambe fino al corridoio. Giunta alla rampa di scale che saliva al piano superiore, aggrappandosi alla ringhiera con il braccio sano Martha si issò in piedi, ora il dolore al polpaccio era scomparso del tutto, ma la testa d’alce stava di nuovo lì, in posizione d’assalto. Dietro quell’incubo se ne materializzò però un secondo, incredibilmente, ancora peggiore.

- Non è possibile...- disse a mezza voce.

In quello stesso istante sentì che avrebbe potuto cedere a una crisi di nervi, se un riflesso incondizionato non l’avesse costretta a evitare la fiammata azzurrina che vomitò verso di lei l’enorme oscuro blocco di ghisa alla base delle scala: la caldaia a kerosene, la “cosa” che si era trascinata fino lì dallo scantinato. Il balzo all’indietro non evitò che l’ultima lingua di fiamma le ustionasse una spalla.

Si trovò seduta su di un gradino a metà rampa. Gli occhi dell’alce la fissavano dall’alto: non sapeva come, ma nel profondo di quegli occhi di resina brillava una scintilla di vita e se avesse dovuto darle una definizione più precisa avrebbe detto ostilità.