L’ultima fatica di Italo Bonera, la prima da solista nella distanza lunga del romanzo, non è un’opera facile. Riserva poche concessioni al lato più commerciale del thriller, ha il coraggio di esaltarsi sporcandosi le mani nella più bieca attualità e si rivela ardita nel congegnare un panorama distopico che fin dalle prime battute si dimostra essere una diretta filiazione del nostro sistema istituzionale contemporaneo. Ed è una storia cruda, illuminata da sprazzi di violenza, di particolare efficacia quando compressi nei confini della dimensione psicologica.
Io non sono come voi, finalista della scorsa edizione del Premio Urania con il titolo alternativo di Demone, è il resoconto di una ossessione. Il protagonista, tenuto intenzionalmente nell’anonimato per rafforzare l’immedesimazione del lettore, non è propriamente un uomo qualunque: è un professore solitario, che conduce una vita priva di sussulti in una fin troppo quieta città di provincia, ma che cova un’innata passione per ideali e cause perse. Proprio per questo viene preso di mira dal classico scherzo beffardo del destino e si ritrova così a essere vittima di un duplice torto giudiziario. Prima che una terza occasione possa aggiungersi alla lista dei precedenti, si compie però la metamorfosi: decide di porre rimedio da sé agli abusi subiti personalmente, ponendo fine alla sequela di vessazioni che il Potere esercita verso i più deboli.
Io non sono né un ingenuo, né un animale, e certamente non un dio.
Non credo alla giustizia.
Non mi basta la vendetta.
Non mi si addice il perdono.
Resta la rappresaglia.
Basta questo passaggio per descrivere le conseguenze del suo piano. Il brano citato funge da spartiacque anche nella narrazione, tra un prima dominato dai flashback, in cui Bonera getta le premesse per quanto seguirà, e un dopo in cui il protagonista e i suoi inaspettati collaboratori mettono in atto un piano di rappresaglia che farà tremare – grazie all’ostinazione del protagonista ma anche ad accidenti più fortuiti – le fondamenta stesse del sistema politico italiano. Degno di nota lo scenario: l’Italia dipinta da Bonera è una “morbida dittatura”, una demokratura degenerata allo stadio terminale, praticamente sulle soglie di un nuovo fascismo; viene chiamata, non a caso, Totaldemocrazia ed è consegnata a un CdA che si regge su un patto di sindacato tra le forze politiche: finché lo scarto tra la maggioranza e l’opposizione non scende al di sotto di una certa soglia nei sondaggi degli istituti titolati, le elezioni vengono rimandate. Praticamente, i cittadini sono l’ultimo anello della catena alimentare e nient’altro… Ricorda qualcosa? Sapranno rimediare ai cali di attenzione anche alcune figure particolarmente riuscite, che sembrano rievocare le luciferine incarnazioni di discussi faccendieri molto attivi dietro le quinte della Seconda Repubblica.
Bresciano, classe 1962, vincitore nel 2004 del Premio Fredric Brown indetto da Delos Books per la miglior short story dell’anno, Bonera è spietato verso il governo e i mali che affliggono la nostra società. Ne ha per tutti i settori – giustizia, esercito, carceri, mass media – ma non risparmia nemmeno il cittadino comune, reo di aver consegnato per indifferenza e ottusità il Paese nelle mani di una mafia tentacolare, capace di influenzare ad ogni livello la vita delle persone. Il dissesto della società attuale viene trasfigurato e amplificato in Io non sono come voi senza ombra di pietà. Qui, come dicevamo in apertura, l’autore è alla sua prima prova solitaria nel romanzo, dopo l’eccellente riscontro di Ph0xGen!, gioiello di spy-story ucronica scritto in collaborazione con Paolo Frusca e giunto finalista al premio Urania 2006, poi pubblicato da Mondadori nel 2010 nel Millemondi Urania Un impero per l’inferno (insieme ad un altro finalista meritevole di pubblicazione, Un ascensore per l’inferno, di Stefano Carducci e Alessandro Fambrini). Ph0xGen! si avvia peraltro a vivere una seconda vita, essendo programmato a breve per Multiplayer.it Edizioni un invitante cofanetto che racchiuderà oltre al romanzo anche la graphic novel che ne hanno tratto Angelo Bussacchini e Christian Bisin. E sono fiducioso che questa sua nuova impresa sappia fungere da valido traino per la ricchissima stagione editoriale che attende Bonera.
Io non sono come voi è molto simile a Ph0xGen! per quanto riguarda il ritmo e la gestione delle scene: Bonera segue con occhio attento la sua galleria di personaggi e devo ammettere che, sebbene a un certo punto la moltiplicazione di prospettive sembri sfuggire al suo controllo, alla fine l’autore riesce a riannodare con efficacia tutti i fili narrativi lasciati in sospeso. Particolarmente raffinata la scelta di mostrare indirettamente la sorte di alcuni di loro dal punto di vista di altri personaggi, in un gioco di specchi e di angolazioni che arricchisce l’esperienza immersiva del lettore nel racconto. Valida la capacità di calarsi nei punti di vista, modulando di volta in volta il tono della narrazione in accordo con la voce caratteristica di ciascun personaggio, anche se proprio questa scelta, combinata alla complessa struttura del libro, va a discapito della facilità di lettura. Alcune soluzioni narrative e stilistiche possono risultare un po’ forzate, ma mai al punto di compromettere la tenuta complessiva. Si scorre fino all’ultima pagina, piacevolmente colpiti da un finale anticlimatico fedele allo spirito dell’opera. Rispetto alla precedente prova di Bonera, qui abbiamo una più marcata contaminazione con le atmosfere cupe del noir francese e dell’hard-boiled, come dimostrano i titoli di André Héléna, Léo Malet, Derek Raymond e Ross Macdonald, richiamati dallo stesso autore nei suoi debiti di riconoscenza. Ragion per cui Io non sono come voi è particolarmente indicato agli appassionati di fantascienza che hanno già avuto modo di apprezzare i noir futuristici di Richard K. Morgan, con l’unica avvertenza che in questo caso la tecnologia, per quanto importante, non gioca un ruolo centrale nelle vicende del protagonista. Alcune trovate satiriche mi hanno ricordato invece Robert Sheckley, alla cui meritevole social science fiction il lavoro di Bonera mi sembra abbastanza vicino.
Da ultimo, un plauso a Gargoyle che ha avuto la lungimiranza di proporre questo titolo nella sua collana Extra, che già comprende un ricco catalogo di opere di fantascienza, fantasy e thriller. Pregevole l’edizione, che si distingue per la copertina lucida completa di risvolti e per l’ottima carta. La cover sembra tuttavia pagare pegno alla componente thriller, sotto la cui etichetta l’editore ha deciso di vendere il libro. Forse una maggiore attenzione per l’altra anima del romanzo avrebbe consentito di mettere in risalto anche altri elementi degni di considerazione. In ogni caso, per quanto possa sembrare inizialmente una concessione a una certa estetica di genere fin troppo sfruttata, vale la pena sottolineare che il laguiole raffigurato svolge un ruolo di non secondaria importanza nell’economia della storia. Oltre a essere un’icona perfetta per lo sguardo lucido e affilato con cui Italo Bonera ha dissezionato un Paese sull’orlo del collasso, da sempre impegnato a surclassare nella cronaca la fantasia e gli incubi degli scrittori di fantascienza.
9 commenti
Aggiungi un commentoper come la penso io, è fantascienza tirata per i capelli
Se ha partecipato al premio Urania, qualche elemento fantascientifico dovrà pur contenerlo. Purtroppo dalla presentazione non si capisce. Forse per non svelare troppo della trama? DI certo, la SF non gode di buona fama presso gli editori, se perfino un editore specializzato come Gargoyle si vergogna di nominarla nel lancio di un libro. Come giustamente sottolinea De Matteo. Ma abbiamo visto anche di peggio: come i romanzi di Michael Crichton e Robin Cook, chiamati "thriller futuribili" per paura che, se classificati come fantascienza, vendessero di meno
Mi ricorda il Borghese piccolo piccolo con Sordi protagonista...
Si, ma solo in parte. Qui, mi par di capire, la ribellione è verso "il potere". Nello splendido film di Monicelli (tratto dall'omonimo romanzo di Cerani), la vendetta si consumava invece contro un delinquente qualunque. In un contesto di assoluta banalità. A ben vedere questo tipo di "vendetta" cinematografica, è molto più pericolosa e molto più disturbante, da rappresentare.
Non è un caso se il film citato è restato nella memoria.
Come lo è stato il primo “Giustiziere della notte” (poi sbollito da una serie di seguiti che ne hanno diluito l’impatto).
O come avrebbe potuto esserlo “Il giocattolo”, con Manfredi.
Rappresentazioni di Uomini qualunque.
La figura del giustiziere è a conti fatti “democraticamente” accettata se nella sua esagerazione e spersonalizzazione,
si rivolge soprattutto contro i potenti, le organizzazioni criminali, i corrotti degli apparati. Qui trova facile sponda.
Al limite presta il fianco a critiche con pseudo ritorni ironici, ma gli Stallone, i Norris, gli Schwarzenegger, i Van Damme e i vari cloni più o meno noti, tutto sono fuorché potenziali esempi da emulare. E possono quindi moltiplicarsi senza problemi. Come i supereroi.
Il Sordi/Vivaldi “Borghese qualunque”, che sfoga la rabbia e la frustrazione esistenziale da tempo repressa contro un assassino che è fondamentalmente un criminale di mezza tacca, trasmette un messaggio molto più insidioso, in quanto opera in un contesto più riconoscibile e condivisibile.
Letto la scorsa settimana.
Buona impressione. Il tema era a mio avviso tutt'altro che facile da affrontare, dal momento che la letteratura e la cinematografia sono piene di giustizieri di ogni tipo.
Fortunatamente Bonera non indugia in eccessive ricerche del senzazionalismo e non si perde in spiegazioni ridondanti. Anzi, si avverte quasi una sorta di pudore nel rappresentare le gesta del protagonista; sia che vesta i panni iniziali dell'obbligato contractor (bella l'idea di fondo che porta a questo ruolo); quelli successivi dell'incolpevole novello "Di Noi"; o quelli definitivamente e obbligatoriamente catartici del giustiziere finale (o raddrizzatore di torti, sarebbe meglio dire). Di spessore il passo citato nell'articolo iniziale (ma bisogna leggerlo per intero, comprese le premesse, per apprezzarne l'originalità)
La società distopica ipotizzata da Bonera è squisitamente realistica (in parte la viviamo anche oggi in Italia). Realistica perchè non si perde in ipotesi esageratamente Orwelliane (anche se qualche cosa il romanzo ce lo sbatte in faccia). Il malessere che viene proposto e che il libro vuole indurre, è un qualche cosa di percettibile ma non troppo.E' la fotografia di una accettata sonnolenza della ragione, ma senza nulla di smaccatamente evidente (forse troppe le analogie con il presente...). Nulla che venga sviscerato con particolari riflessioni filosofiche (il tutto sembra ordinaria vita quotidiana). Un brusio di sottofondo. (Asimov aveva dato forma a quello della Galassia...Bonera ci propone quello abituale... dei nostri attuali... potenziali giorni futuri).
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