Nel 1917, la studiosa americana di folklore Dorothy Scarborough pubblica la sua tesi di dottorato dal titolo The Supernatural in Modern English Fiction, in cui analizza il tema del soprannaturale declinato nei filoni narrativi che possono essere considerati dei sottoinsiemi della letteratura soprannaturale, dal romanzo gotico alle storie di fantasmi, fino ai racconti folkloristici. La Scarborough dedica l’ultimo capitolo a quelle opere che mescolano la scienza con il soprannaturale (Supernatural Science), che è considerato il primo contributo critico sulla fantascienza (science fiction), anche se il termine non è stato ancora coniato. La premessa della Scarborough è che solo a partire dall’ultima parte del XIX secolo in letteratura emerge un’attenzione verso la scienza moderna che si collega alla narrativa del soprannaturale, grazie alle opere di pensatori come Darwin, Spencer, Huxley e i loro seguaci.

Citando alcune opere di autori come Edgar Allan Poe, Herbert George Wells, Nathaniel Hawthorne, Edward Bellamy, Samuel Butler, Ambrose Bierce, Algernon Blackwood e altri, la studiosa americana dimostra come alla magia, elemento centrale della narrativa del soprannaturale, si sia sostituita la scienza. Nelle nuove storie del “soprannaturale scientifico” non c’è più lo stregone che guarda le stelle per interpretare il destino degli esseri umani, ma c’è lo scienziato che guarda alle stelle e ai pianeti come possibili approdi dell’uomo.

Quasi esattamente un secolo prima, nel 1818, Mary Wollstonecraft Shelley dava alle stampe il suo capolavoro, ovvero Frankenstein o il Prometeo moderno, che – sebbene la più recente teoria sulla fantascienza non attribuisce più a quest’opera la primogenitura della science fiction – è stato considerato da molti critici il primo romanzo di fantascienza. Ne è convinto sia lo studioso francese Jean Gattegno sia lo scrittore e critico inglese Brian Aldiss, così come Mario Praz, che sottolinea un legame diretto tra Frankenstein e L’isola del dottor Moreau di H. G. Wells (1896).

Stando a queste due “coordinate letterarie”, la Shelley da un lato con il suo romanzo e la Scarborough dall’altro con il primo contributo critico, si può ben affermare che la fantascienza è un genere femminile. Del resto è la storia stessa di questo filone della narrativa speculativa che attesta come alcune delle più significative innovazioni, sia in termini di tematiche sia negli stili di scrittura, siano arrivate da autrici, quasi sempre di area anglosassone.

Negli ultimi anni, poi, l’attenzione critica per la fantascienza al femminile è cresciuta anche nel nostro paese. Ai contributi pioneristici e di stampo accademico di studiose come Oriana Palusci, Nicoletta Vallorani e Teresa De Lauretis si sono aggiunti negli ultimi anni saggi che hanno offerto una visione più completa e ampia sia della fantascienza al femminile sia in particolare di quella italiana, citiamo tra gli altri Quando la fantascienza è donna. Dalle utopie femminili del secolo XIX all’età contemporanea di Eleonora Federici (Carocci Editore, 2016), Donne e Fantastico. Narrativa oltre i generi di Giuliana Misserville (Mimesis editore, 2019), Corpi magici. Scritture incarnate dal fantastico alla fantascienza di Anna Pasolini e Nicoletta Vallorani (Mimesis, 2020), Le donne della fantascienza italiana di Giulia Abbate (in appendice a Primo contatto a cura di Franco Forte, Urania Millemondi 93, Mondadori 2022), Fantascienza femminista. Immaginare il genere nella cultura italiana contemporanea a cura di Ramona Onnis, Anna Chiara Palladino, Manuela Spinelli (Franco Cesati Editore, 2022) e il recente Roberta Rambelli e la sua fantascienza di Raul Ciannella (Ledizioni, 2023), dedicato alla nota curatrice, scrittrice e traduttrice.

A questi notevoli studi si aggiunge ora Fantascienza, un genere (femminile) di Laura Coci (Delos Digital, 2023, collana Convoy Saggi, pp. 632, euro 28,00 – ebook euro 7,99).

Laura Coci fino a metà della sua vita è stata filologa e studiosa del romanzo del Seicento veneziano, dopo aver compiuto gli studi all’Università di Pavia sotto la guida di Franco Gavazzeni. È stata docente di italiano e di storia nei licei ed è presidente dell’Istituto lodigiano per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea, per il quale ha curato alcuni Quaderni. Nell’ambito della fantascienza collabora con le riviste Vitamine Vaganti, dove ha pubblicato la serie “Fantascienza, un genere (femminile)”, Un’ambigua utopia, Robot, ContactZone, Leggendaria, World SF Magazine Italia e Zothique. Con Roberto Del Piano è ora curatrice dell’edizione delle opere di Daniela Piegai per Delos Digital.

Il saggio della Coci si apre con una breve nota al testo in cui l’autrice ci informa della scelta di disporre i singoli capitoli, ognuno dedicato a una singola scrittrice nella maggior parte dei casi, in un ordine temporale relativo al periodo in cui la stessa autrice, oggetto del capitolo, ha pubblicato la maggior parte delle sue opere.

C’è poi l’introduzione, dal titolo Due secoli di fantastiche narrazioni, in cui al lettore vengono offerte delle coordinate su cosa sia la fantascienza, quali sono i temi che propone e un breve quadro del contesto storico in cui è nata, ma soprattutto il lettore viene edotto dell’obiettivo programmatico del volume e alle motivazioni che hanno spinto Laura Coci a trattare il tema della fantascienza femminile, perché come scrive la studiosa:

Sono le donne le più interessate a cambiare l’ordine delle cose, che da troppo tempo (dodicimila anni?) le vede subordinate; a destrutturare stereotipi e pregiudizi, giocando con i generi (sia antropologici, sia letterari) e contaminandoli; a pensare a un mondo migliore possibile per sé stesse e per l’umanità intera, perché in una società in cui i diritti sono garantiti a tutte e a tutti la qualità della vita è senza alcun dubbio migliore; a creare scenari alternativi nei quali la storia ha seguìto, segue, seguirà altri percorsi, con la capacità di prevedere e ricomporre contingenze e variabili; a trovare uno spazio, per quanto minore, nel quale sia possibile «parlare di tutto questo» a donne e uomini, magari attraverso un nome di penna maschile, per mimetizzarsi in un genere considerato per tradizione appannaggio di autori uomini o per beffarsi ancora una volta, con garbo, dei ruoli assegnati a priori.

Si parte, infine, con i capitoli dedicati alle autrici, ognuno dei quali impreziosito da un disegno-ritratto di Gino Andrea Carosini, mentre la bella illustrazione di copertina è di Claudia Corso Marcucci. E il primo non poteva che essere dedicato a Mary Shelley.

A dominare i singoli capitoli c’è la triade autore/testo/società a cui se ne aggiunge una quarta che è implicitamente trasversale, il femminismo. L’analisi critica della Coci è molto puntuale, sia nelle opere delle singole autrici sia nel descrivere la biografia e i momenti più significativi della loro carriera letteraria, in un caleidoscopio in cui il dato biografico si sovrappone e confluisce nella scrittura e nelle tematiche trattate. Ne emerge, complessivamente, una vera e propria storia della fantascienza al femminile che dalla Shelley arriva alle autrici contemporanee, laddove il novum, per utilizzare il ben noto concetto del teorico della science fiction Darko Suvin, è proprio la visione di ogni singola scrittrice nel più vasto scenario della fantascienza, che è stato a lungo un genere considerato quasi sempre al maschile e rivolto a un pubblico di soli lettori uomini (e bianchi). Da un lato c’è il capovolgimento degli stereotipi femminili (di cui la fantascienza si è nutrita), dall’altro la necessità di impostare e dar vita a una critica sociale della società dal punto di vista delle donne. Non a caso il luogo letterario privilegiato utilizzato dalle più importanti autrici americane analizzate dalla Coci è stata l’Utopia (e in alcuni casi il suo opposto, la Distopia), laddove individuato come uno strumento narrativo dove immaginare un mondo diverso, in cui uomini e donne sono uguali e con uguali diritti. Ma, attenzione, non un modus operandi letterario fine a se stesso, ma un mezzo per criticare apertamente la società coeva alle austrici stesse e denunciare il dominio della visione patriarcale nella fantascienza e nella società stessa. La fantascienza è diventata, per molte scrittrici, un grimaldello per aprire porte verso mondi interamente femminili o, comunque, in cui il ruolo della donna è riconosciuto al pari di quello dell’uomo.

Basta pensare ad autrici come Ursula K Le Guin, Alice Sheldon/James Tiptree Jr., Joanna Russ, ma andando più indietro a Charlotte Perkins Gilman, autrice del romanzo utopico Herland (1915), a cui l’autrice di Fantascienza, un genere (femminile) dedica degli ampi capitoli critici.

In totale, sono 71 le autrici scelte dalla Coci e lasciamo al lettore scoprire chi sono, ma non possiamo non sottolineare come uno dei pregi del saggio è anche la ricchissima varietà di autrici provenienti da paesi non anglofoni. Sono presenti, infatti, autrici cinesi, russe e giapponesi e non solo, così come molto nutrita è la pattuglia delle scrittrici italiane. In quest’ultimo caso, nel mio personale pantheon della fantascienza italiana al femminile, quando ho cominciato a leggerla tra la metà e la fine degli anni Ottanta, c’erano quattro scrittrici che ho letto e delle cui narrazioni mi sono nutrito: Gilda Musa, Anna Rinonapoli, Roberta Rambelli e Daniela Piegai, tutte presenti nel lavoro della Coci con un ricco e puntuale apparato critico. Poi sono arrivate Nicoletta Vallorani, prima donna vincitrice del premio Urania nel 1992, e le scrittrici che oggi incarnano la fantascienza italiana al femminile, come Valeria Barbera, Francesca Cavallero, Franci Conforti, Giulia Abbate, Elena Di Fazio, Elisa Emiliani, Romina Braggion, Giovanna Repetto, Clelia Farris.

Il lettore non faticherà a intuire anche una predilezione dell'autrice per alcune scrittrici presenti nel saggio (ne citiamo almeno due, l'americana Alice Sheldon e l'italiana Daniela Piegai), ma nel complesso emerge un vero e proprio dialogo che la Coci instaura con ognuna delle scrittrici di cui si occupa. In alcuni casi, per l'appunto, senza nascondere anche una vera e propria passione che è poi un tratto della migliore critica militante e, in tal senso, Laura Coci è una attenta osservatrice della fantascienza femminile dei nostri tempi. 

In definitiva, Fantascienza, un genere (femminile) di Laura Coci non è solo un saggio che fa il punto sulla scrittura al femminile della science fiction, cosa di per sé già benemerita, ma è anche arrivato nel momento giusto per riconoscere alle scrittrici italiane di fantascienza il giusto posto e merito all’interno della più ampia storia della fantascienza italiana, un vero e proprio movimento che negli ultimi vent’anni ha registrato l’arrivo di singolari e originali voci che, solo fino ad alcuni decenni fa, sembrava quasi impossibile potesse emergere dal paludato mondo editoriale della fantascienza del nostro Paese.