Senza rispondere, Silvia Waas raccolse un fucile dalla rastrelliera e salì sul ponte principale, seguita da uno stupefatto Kay-Won. La luce del sole era abbagliante, e si rifletteva sull’acqua lanciando bagliori infuocati.Per raggiungere la riva, Dubigan e la sua assistente avevano preso il battello di gomma, che Silvia riuscì a scorgere sulla roccia brulla, tirato a secco per non correre il rischio che un’improvvisa marea se lo portasse via.— Che cosa ci faccio con un dannato fucile? — gridò Kay-Won esa­sperato.

Prima che lei potesse rispondergli, una figura gigantesca si stagliò in controluce e gettò la sua ombra a sommergerli.

Cinque

Ender Dubigan riuscì a raggiungere il pianoro roccioso che spor­geva come una terrazza naturale verso il mare e aiutò Tanitha Bekaram a collegare via satellite il terminale portatile. La scalata lo aveva affaticato più di quanto avesse previsto, ma il paesaggio fantastico che si godeva da quel punto dell’isola gli fece dimenticare presto la fatica.

Si trovavano dietro un promontorio che nascondeva la caletta in cui il jetcraft era alla fonda, ma da lassù riusciva a cogliere con un solo colpo d’occhio l’intera estensione occidentale dell’arcipelago.

Quando il terminale segnalò l’avvenuto collegamento, Tanitha lo chiamò e gli indicò lo schermo. Ender si rese subito conto che qualcuno aveva impresso un messaggio a prio­rità sulla consolle principale che lui aveva al laboratorio da campo.

— Chi diavolo è? — chiese irritato. Stentava ancora a ri­prendere fiato, e con la bocca aperta respirava rumorosamente. Sotto di lui, la scogliera era stata erosa e graffiata in profondità dall’azione millenaria del vento e dell’oce­ano, che sembrava respirare come una creatura viva e incalzare da vicino quella minuscola propaggine di roccia emersa.

— Un messaggio di Wyatt — rispose Tanitha. Ender annuì a malincuore e diede avvio alla procedura d’a­scolto. Il volto di un uomo di circa cinquant’anni, brizzolato e con le sopracciglia rasate com’era consuetudine tra gli ingegneri planifor­manti, apparve sullo schermo.

— Sono Dubigan. Autorizzo l’ascolto.

Il viso tremò un istante, poi si stabilizzò e l’uomo sullo schermo disse: — Abbiamo completato lo scandaglio del fon­dale marino in questo emisfero. Una cosa davvero incredibile. Vorrei che lei si mettesse in contatto con me al più presto. Il numero è in sovrimpressione.

— Accidenti — borbottò Ender osservando le griglie laterali che riportavano le chiavi di accesso al terminale privato di Wyatt. Era una grossa seccatura, in quel momento, ma quel bastardo di inge­gnere aveva saputo prenderlo per il verso giusto: aveva fatto il solletico alla sua innata curio­sità. Ender non avrebbe potuto resistere a lungo senza sapere a che cosa si riferiva Wyatt.

Fece un cenno con il mento e le dita sottili di Tanitha Bekaram corsero sulla tastiera impostando le coordinate di collegamento tra i due terminali. Wyatt apparve subito sullo schermo, con gli occhi sgranati e molto più vivi di quanto non avesse avuto nella registra­zione.

— Non ho molto tempo — mise subito in chiaro Dubigan, ma Wyatt scosse la testa. Era visibilmente eccitato.

— Sono le creature più grandi di cui si sia mai sentito parlare in tutta la galassia! — affermò. — Migliaia, milioni di scheletri che ri­coprono i fondali dell’oceano, soprattutto in prossimità dell’arcipe­lago, anche se fuori dal cerchio delle isole. Le prime misurazioni di­cono che ci sono resti fossili fino a ottomila metri di profondità, e che gli strati sedimentati raggiungono anche i tre chilometri di spessore.

Ender aveva ascoltato in silenzio, con le sopracciglia aggrottate. Tanitha Bekaram, accanto a lui, pareva allibita.

— Di che genere di creature si tratta?

Wyatt strinse le labbra.

— Ancora non lo sappiamo con certezza. I tecnici stanno facendo i confronti e stanno passando i dati. In ogni caso, abbiamo trovato uno scheletro in ottime condizioni della lunghezza di quasi settecento metri. Non voglio pensare a quale razza di mostro apparteneva.

Mentre Wyatt parlava, una griglia laterale sullo schermo mostrò un’elaborazione grafica della sagoma dell’animale. Ender la osservò affascinato.

— Che cos’è? — chiese ancora. — Un pesce, un mammifero o cosa?

— Troppo presto per dirlo — rispose Wyatt. — Vede quelle appen­dici dorsali e laterali? Alcune potrebbero essere delle pinne gigante­sche, con strutture di supporto per reggere le tensioni del movi­mento, ma qui c’è qualcuno che afferma che possa trattarsi anche di… scossaline, o ali. Oppure intagli nella struttura esterna.

Ender fece una smorfia. Ali? Come poteva librarsi in volo una cre­atura di quelle dimensioni? E poi, se volava, che cosa ci faceva sul fondo dell’oceano?