L’inconscio di Zanforte riesce a darne una lettura in un millisecondo: il significante è rappresentato da due cadaveri scomposti immersi nel sangue rappreso. La parte razionale vorrebbe analizzare, avvicinarsi, ingrandire i particolari, ma a quel livello la scena diventa progressivamente illeggibile, sfugge il reale significato.Il sovrintendente raggiunge il suo socio e non riesce a nascondere la sorpresa.

Zanforte invece non ha problemi a far prevalere la professionalità: – Prendi più immagini che puoi. La dinamica sembra un casino – dice senza curarsi troppo delle parole.

Poi accende il registratore del cellulare e parla con lo sguardo immerso nella composizione.

– Due corpi. Uomo e donna. Quaranta e trenta anni circa. Molte ferite da arma da taglio in... tutto il corpo... – l’uomo aggriccia gli occhi, molte ferite sono sovrapposte. – Principalmente all’addome, sulle mani e sulle gambe.

Poi segue con lo sguardo le macchie sul pavimento come marmellata spalmata. Posa un piede dove trova una zona ancora asciutta per allungarsi e osservare i corpi delle vittime per qualche altro secondo, quindi esce dall’appartamento, lasciando il collega al proprio lavoro.

– Conoscevate le vittime? – chiede ai tre condomini.

– Sì, abitavano qui da qualche anno – precisa la donna in vestaglia.

– Marito e moglie?

– Sì, e avevano anche un figlio.

– Maggiorenne?

– Macché, cinque-sei anni.

– E?

– È scappato – dice il ragazzo.

– Scappato? Lei l’ha visto?

Il ragazzo annuisce, indicando l’esterno. – Urlava e... non so, piangeva.

– Mia figlia è andata a cercarlo – dice l’anziana signora, mentre il poliziotto esamina attentamente la porta.

– Avete sentito qualcosa?

– Le loro grida – dice l’anziana con la voce rotta dall’emozione, mentre l’altra vicina di casa annuisce.

– Dicevano qualcosa?

– Urlavano – risponde la donna.