C'è da chiedersi perché non sia avvenuto prima. Il ciclo della Cultura ha accompagnato e descritto la carriera dello scozzese Iain M. Banks. Sette romanzi e vari racconti, una produzione che si distende su vent'anni, dal primo Pensa a Fleba (1987, ultima edizione italiana: Fanucci, 2002) al recente Matter (2008). Curiosamente, per il suo sbarco al cinema, è stato scelto un racconto breve, ovvero A Gift From the Culture.

Il film sarà prodotto da Mass Productions e diretto da Dominic Murphy, che si occuperà anche della sceneggiatura insieme a Shane Smith. I due hanno già lavorato insieme a White Lightnin’, dramma presentato al Sundance Festival 2009 e ispirato alla vita di Jesco White, danzatore folk americano. Problema: questo è anche il primo film della coppia, per cui sorge spontanea la domanda. Non è che un universo così vasto e articolato come quello imbastito nel ciclo della Cultura è stato affidato a mani tutto sommato inesperte?

 

Comunque i due partiranno per così dire dal basso, perché la trama del racconto è piuttosto minimalista. È già circolata fra l’altro una bozza della possibile sceneggiatura. In sintesi: Wrobik ha vissuto in esilio per otto anni, avendo ripudiato la Cultura. Per cancellare i suoi debiti al gioco, accetta di distruggere un nave spaziale con un’arma che può essere attivata solo da un membro della Cultura. Disgustato dall’idea di uccidere innocenti, Wrobik tenta la fuga, ma il suo compagno Maust viene rapito dai cattivi di turno, per cui Wrobik si trova di fronte al dilemma: salvare la persona amata o ascoltare la propria coscienza?

 

Si potrà partire da qui per restituire sullo schermo la vastità concettuale e immaginifica dell’universo di finzione concepito da Banks nel corso degli anni, rivisitando in chiave moderna le grandi saghe fantascientifiche? Quello della Cultura è un mondo ormai immenso, fatto di distanze siderali, astronavi spaziali grandi come pianeti, battaglie in cui sono coinvolte centinaia di pianeti e razze, dove si immagina un’umanità che si è liberata dai bisogni di base, e dunque vive in teoria in una condizione di felicità. Ovviamente si tratta di una felicità “da esportare”, per cui esistono una serie di personaggi border line che si occupano dei rapporti con altre civiltà, nel tentativo di imporre l’ideale della Cultura.

Mai come in questo caso due sceneggiatori si trovano con il fiato sul collo di (almeno) due generazioni di fan.